In Arabia Saudita le amanti delle due ruote (siano esse biciclette o moto) potranno d’ora in poi assecondare la loro passione
Una piccola novità nell’oppressivo quadro esistenziale della realtà femminile in Arabia Saudita. Sicuramente un’inezia, alla luce delle enormi restrizioni a cui sono soggette le donne del Regno, ma pur sempre uno spiraglio di speranza in un clima caratterizzato dalla rigida interpretazione della Sharìa (la Legge islamica).
Una fonte anonima del Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio ha infatti reso noto che le amanti delle due ruote (siano esse biciclette o moto) potranno d’ora in poi assecondare la loro passione, anche se limitatamente ai parchi, alle aree adibite alla ricreazione o sul lungomare. Ovviamente dovranno essere debitamente coperte dal solito abaya e saranno obbligate a subire la presenza costante di un “guardiano” (wali), ufficialmente incaricato di soccorrerle in caso di caduta o incidente ma – va da sé – ufficiosamente addetto invece al loro diretto controllo, non si sa in base a quali modalità o a quale distanza.
La notizia, riportata dal locale quotidiano Al-Youm, giunge sull’eco del successo riscosso da una pellicola girata da una regista d’avanguardia, Haifaa al.Mansur e significativamente intitolata “La bicicletta verde” (Wadjda), dove il verde è appunto il colore-simbolo dell’Islam.
Il film narra la singolare vicenda di una bimba di dieci anni che in un contesto eccessivamente conservatore e integralista immagina di poter pedalare sotto il sole, all’aria aperta, in mezzo alla gente, come avviene nella maggior parte degli altri paesi del mondo. Soltanto un sogno. Un sogno disperatamente accarezzato ma inevitabilmente irrealizzabile, almeno per lei.
Ora è con una certa fierezza che la polizia religiosa araba ha annunciato la revoca per le donne del divieto relativo all’uso di ciclomotori e biciclette.
Lungi dal rappresentare un’espressione di magnanimità, la decisione non fa però che sottolineare ancora una volta le pesanti discriminazioni che gravano su ogni aspetto della libertà femminile (che, ricordiamolo, è invece un sacrosanto diritto universale).
Mentre gli uomini che non hanno un’auto a disposizione possono infatti liberamente ricorrere ad altri mezzi di trasporto di loro scelta (incluse le biciclette e le moto) scorrazzare ovunque, le donne saudite inforcheranno le due ruote solo per svago e in zone confinate. E soprattutto dovranno rigorosamente evitare i luoghi frequentati da giovani (maschi) “per non correre il rischio di subire molestie” (o per non destare scandalo?).
Curioso. In occidente, generalmente, questo è il trattamento riservato ai bambini: “Stai buono, adesso: più tardi andremo ai giardini e potrai correre sul triciclo”.