L’ho incontrata cosi per caso, Tuengji, la mia guida alla Grande Muraglia.
di Nok Tao
L’ho incontrata cosi per caso.
Tuengji e’ li, giu ‘ al villaggio seduta all’ombra di alberi a me sconosciuti sul muretto a secco insieme alle donne di un paese del quale non potro’ mai ricordare il nome. Da queste parti tutti i nomi dei villaggi a me sembrano uguali, fatti di suoni uniti da una specie di mugugni gutturali alternati a brevi soffi di voce , il tutto in omaggio ad un dialetto incomprensibile anche ai cinesi che parlano il mandarino. Tuengji e’stata l’unica persona che ha alzato lo sguardo mentre mi avvicinavo e che, con mio massimo stupore, mi ha parlato in un Inglese elementare.
Mi avevano avvisato che il viaggio lungo la Grande Muraglia dello Hebei inizia a Jingshangling ma non sai mai dove puo’ finire, che avrei avuto bisogno di una guida per superare i molti pezzi della Muraglia che il tempo ha lesionato, per fare le deviazioni necessarie a far si che ogni scorcio di questo magnifico paesaggio e della sua natura possa essere goduto. Questa non e’ una passeggiata turistica come quella delle gite organizzate che partono da Pechino e ti portano in giornata con autobus sovraffollati di vacanzieri alle tombe Ming e alla Grande Muraglia di Badaling per riportarti alla sera a Pechino convinto di aver visitato mezza Cina!
Guardo questa donna e mi chiedo quanti anni possa avere, e’molto giovane e ad una giovane guida donna preferirei un uomo esperto, ”navigato”, magari uno come quelli che si vedono nei documentari, con la faccia rugosa, color argilla e l’immancabile zaino nel quale oltre a due stracci e qualche attrezzo, immagini ci sia il bagaglio di una vita e delle esperienze fatte sulle impervie rocce di questo angolo di mondo. Tuengji mi dice che lei e’ in grado di farmi da guida, che lei e’ nata fra queste montagne e ne conosce sentieri, scale, scorciatoie, pericoli e meraviglie.
Esito un po’ e le dico che la ringrazio e che prendero’ l’ovovia che dalla base porta su in cima, all’inizio del percorso che intendo fare e che sicuramente lassù in alto trovero’ una guida, un uomo che possa fermarsi con me anche le notti. Bye bye Tuengji, shen shen, grazie ma salgo da solo e poi trovero’ un uomo adatto a farmi da guida e se non lo dovessi trovare me ne tornero’ in giornata dal sentiero ben segnato che scende poi a Simalai.
Non so perche’, ma mentre mi incammino sulla strada che porta all’ovovia qualcosa dentro di me si agita, qualcosa che non sono in grado di spiegare, una sensazione di insoddisfazione, il senso di aver fatto un’ azione non buona, un qualcosa che stona con le meraviglie che mi circondano.
Salgo nella vecchia e malandata cabina dell’ovovia che in 20 minuti porta in cima al monte e mentre salgo vedo una figura arancione che si arrampica, a tratti corre, sulla salita quasi verticale che costeggia l’ovovia, sale e poi scompare fra la rigogliosa vegetazione per riapparire piu su fra pietre e cespugli. Visto da quassù in alto, mentre sono appeso ad un filo, penso che quell’uomo laggiu’ davvero assomiglia ad una capra di montagna, penso ad uno scalatore, ad un insieme di preparazione atletica e potenza unita ad una buona dose di coraggio e spirito di avventura. Eccezionale davvero cio’ che i miei occhi stanno guardando e cio’ che quell’uomo riesce a fare.
Arrivo su una specie di piattaforma che funge da stazione finale dell’ovovia e mi fermo ad ammirare un grandioso panorama solcato da quel meraviglioso serpente che e’ la Grande Muraglia Cinese.
Appena il tempo di muovere un passo e sotto la piattaforma vedo sbucare una testa ed una casacca arancione. E’ Tuengji, Tuengji e’ arrivata in cima praticamente nello stesso tempo che ci ha messo l’ ovovia. La figurina che vedevo muoversi laggiu era lei, era Tuengji! Tuengji ha coperto almeno 500 metri di dislivello nello stesso tempo che ci ha messo un mezzo meccanico che sale in linea retta! Sono sbalordito! Lei mi guarda, ha l’affanno, e’ tutta sudata, mi fa un incredibile tenerezza ma nello stesso tempo suscita in me una ammirazione immensa, una ammirazione che, oserei dire, rasenta la venerazione per cio’che ha fatto. Tuengji mi guarda con quei suoi piccoli occhi neri che si intravvedono fra le fessure nel suo viso duro, provato. Nonostate la durezza e spigolosita’ dei lineamenti ora la trovo molto bella, davvero bella. Sara’ forse l’ umanità che emana quel volto sudato ma sono commosso. Le tendo allora la mano e mi vien fuori un ”brava, bravissima, eccezionale” gridato in Italiano con spontaneita’ . Lei mi prende il polso, poi lentamente intreccia le sue dita alle mie mentre delicate perle di sudore le solcano il viso ed con quel gesto stringiamo silenziosamente un patto. Io le dico solo ”Tuengji, tu sei la mia guida”.
Tuengji ha imparato un po’di Inglese accompagnando viaggiatori come me e poi qualcuno le ha inviato qualche libro di Inglese e lei ha capito che quella lingua poteva diventare il suo salvadanaio
e si e’ impegnata, nei lunghi inverni della Cina del nord, a studiare e sognare, sognare e studiare fino all’arrivo di ogni primavera quando gente proveniente dal sud sarebbe riapparsa, quando i primi stranieri in cerca di antiche culture, tranquillita’, natura ed un pizzico di voglia di avventura avrebbero desiderato salire lassu in alto fino al cielo per seguire un percorso dimenticato.
Ha 31 anni la mia guida ed ha un figlio di 11 anni che va gia’ a scuola. Il marito di Tuengji lavora nei campi a volte vicini, spesso lontani e lei qualche volta lo aiuta, ma la sua vita e’ quassu, fra le montagne dove e’ nata, fra gli spazi immensi dove puo’fermarsi e godere del silenzio, della solitudine.
Mi indica sempre la strada, quasi sempre mi segue senza superarmi mai sino a quando sa di dover affrontare passaggi impegnativi e allora parte come una freccia e va in avanscoperta a controllar la via.. Non parla mai e sembra venerare il silenzio dell’immensita’ e allora sono io che faccio le domande o chiedo di raccontarmi le storie che conosce. E allora mi racconta avventure tremende e fantastiche, quelle che si tramandano fra padri e figli, fra nonni e nipoti, storie di invasioni mongole respinte da ardimentosi guerrieri cinesi, storie belle, forse inventate, ma sicuramente interessanti al punto da non voler mai che lei smetta di raccontare. Chiudo allora gli occhi e sento zoccoli di cavalli mentre pian piano vedo apparire guerrieri maestosi con frecce e lance, balestre e carri trainati da buoi, agili arcieri che dalle feritoie delle torrette lanciano frecce alle orde di invasori. Tuengji e’ contenta, glielo leggo negli occhi e nei rari sorrisi che mi regala o che riesco a strapparle.
Intanto i giochi di luci ed ombre si fanno piu’ frequenti ed il cielo si colora di un rosa ”malato”tipico dei tramonti da queste parti. Arriviamo su una torre, una postazione antica mentre le tenebre avvolgono velocemente ogni cosa. Sono molto stanco, sudato e ho l’affanno. Il caldo del giorno ora lascia il posto al fresco delle serate estive e le correnti create dalle varie feritoie e aperture all’interno della torre di guardia rendono piacevole e lieve il riposo.
Decidiamo di fermarci qui per la notte. Io stendo il mio sacco a pelo e vedo Tuengji che intanto si accuccia in un angolo, si abbraccia le ginocchia e chiude gli occhi. Sorride, e’ felice. Dopo un po’mi guarda e dice che sono un brav’uomo, chissa’ cosa glielo fa pensare!
Ora e’silenzio, un silenzio millenario, immutabile nel tempo, silenzio rotto da qualche tuono lontano seguito dalla pioggia che come scheggia intacca la nostra dimora.
Mi fanno male le cosce, i piedi, ma sono sereno e tranquillo, Tuengji veglia su di me. Stanotte non ci saranno ne banditi ne predoni, ne mongoli sanguinari ne avidi arabi ladri e bugiardi; stanotte ho la mia guardia del corpo, stanotte sono un imperatore Ming con la sua guardia reale. Stanotte ho il mio angelo custode. Forse mi sto innamorando di Tuengji, una donna non certo bella, ma una donna vera, una donna delle montagne, una donna che sicuramente ha conquistato un posto nella mia memoria.
Raccontare questo mio viaggio,i panorami, le scarpinate unite a sensazioni ed emozioni meriterebbe ben altre penne ma non e’ cio’ che mi son proposto buttando giu queste righe.
Questo scritto vuole essere solo un ringraziamento ad un angelo dalla faccia cotta dal sole e dal vento, un viso consumato da fatica e sudore, ad una donna che e’ per me molto piu’ di una guida o una compagna di viaggio. Questo scritto e’ un omaggio a Tuengji, a quella figurina che quando ho lasciato ho visto scivolar lenta verso il paese, verso la sua solita vita, un omaggio alle donne che come lei ogni giorno, in tutto il mondo, combattono con tenacia ed orgoglio la guerra della vita.
I miei occhi sono pieni di lacrime, gonfi mentre il cuore sembra sciolto davanti a quella mano che ora si agita lontano in un definitivo addio. Addio Tuengji, addio, non ti dimentichero’mai….e forse neanche tu.