di Lucina di Meco da Little Light Lab
Palazzo Chigi nonostante le buone intenzioni, il numero record di donne in parlamento e l’ottimo lavoro iniziato da Josefa Idem, sembra che le pari opportunità debbano cadere vittima dell’austerity, o meglio di una classe politica che, in buona parte, vede ancora l’agenda di genere come non proprio indispensabile, o addirittura superflua. La decisione del Governo Letta di accorpare due ministeri diversi come quello dello Sport e quello delle Pari Opportunità aveva rappresentato un segnale di questa direzione, ora purtroppo riconfermato dalla scelta di non sostituire il Ministro dimissionario Idem.
Chiariamolo: non è che non si possa promuovere l’uguaglianza di genere anche senza un ministero. Negli Stati Uniti, per esempio, pur nell’assenza di una “segreteria di stato” (il corrispondente americano dei nostri ministeri) apposita, le pari opportunità sono sostenute e garantite da tutta una serie di istituzioni pubbliche che, con bilancio adeguato e personale dedicato, sia a livello federale che statale, si occupano capillarmente di questo tema, come parte delle stesse segreterie o complementarmente ad esse.
Nel caso italiano, però, un Ministro delle Pari Opportunità dedicato unicamente a questo tema è altamente preferibile, alla luce della drammaticità di una condizione femminile che ci vede tra gli ultimi in classifica nel mondo occidentale e di un sistema politico in cui l’assenza di un Ministro competente generalmente implica la condanna a morte (per lo meno politica) di un settore.
Il Ministro Idem ha fatto in modo che di donne e uguaglianza si parlasse molto, in Parlamento e fuori. Con l’istituzione di una task force e un osservatorio per affrontare violenza sulle donne e femminicidio, ha poi iniziato un lavoro importante, la cui continuità è ora in pericolo. Josefa Idem ha infine rappresentato, anche se brevemente, un modello femminile di riferimento in una posizione governativa chiave.
La decisione di non sostituire il Ministro uscente ma ripartirne le funzioni rappresenta, quindi, anche in un contesto di austerity, un errore da parte del governo, come sostengono il Movimento Se Non Ora Quando e la Conferenza Nazionale delle Democratiche. Secondo Roberta Agostini, Responsabile delle Politiche per le Donne del Partito Democratico: “Le donne stanno pagando pesantemente la crisi e le politiche di risanamento, ma sono anche una risorsa straordinaria per uscire dalla crisi. Tra le politiche per la crescita ci sono gli investimenti sulle infrastrutture, che non sono solo strade e ponti, ma anche tutti quei servizi, dai nidi a quelli per la non autosufficienza, la cui assenza oggi pesa soprattutto sulla vita delle donne. Le politiche per la conciliazione, poi, servono a tutti, uomini e donne, per affermare un equilibrio tra vita familiare e vita lavorativa, e servono in particolare a tutte quelle donne italiane che oggi si fanno carico, come sappiamo, di un numero di ore lavorate superiore a quello degli uomini e superiore a quello delle altre donne in Europa. C’è un patrimonio di competenze femminili oggi sprecato e sottoutilizzato, sul quale investire per il futuro del paese”.
Le donne sono, insomma, una risorsa che, proprio in tempi di austerity, dovrebbe essere centrale. La nostra economia non funziona anche perché è incapace di utilizzare questa enorme risorsa, continuando a funzionare come una bicicletta che cerca di andare avanti, anche in salita, con una gomma sempre sgonfia.
Investire nelle donne conviene, ora più che mai, a cominciare dalla politica, dove sono necessarie donne capaci di ispirare le nuove generazioni e apportare cambiamenti sostanziali alla condizione femminile nel nostro Paese. Non è un compito facile. Senza un Ministro delle Pari Opportunità, poi, diventa improbabile.