Il trailer del film “Con il fiato sospeso” diretto dalla giovane regista palermitana Costanza Quatriglio, che verrà presentato tra qualche giorno nella selezione ufficiale fuori concorso della 70° Mostra del Cinema di Venezia ed interpretato da Alba Rohrwacher e da Anna Balestrieri lascia veramente senza fiato, soprattutto quando si pensa che è ispirato ad una storia vera, accaduta a giovani ricercatori che svolgevano la loro attività di studio, di formazione e di ricerca presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Catania e che si sono contaminati con pericolose sostanze chimiche tossiche fino al punto di ammalarsi gravemente e perdere la vita.
Ci si chiede come tutto ciò si sia potuto verificare, sembra nel corso di diversi anni, senza che nessuno sapesse o vedesse nulla, in una logica da “roulette russa”, quasi fosse assodato che lavorare in quei laboratori dovesse per forza prevedere correre sicuramente rischi enormi per la propria salute. In realtà non è affatto così perchè anche allora esistevano precise normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, cosi’ come adesso esiste il Dlgs.81/08, in vigore attualmente che racchiude ed aggiorna le varie disposizioni precedenti che prevede non solo la specifica tutela dei lavoratori che utilizzano sostanze chimiche pericolose, ma prescrive l’utilizzo di strumenti di protezione collettiva, come ad esempio le cappe e gli armadi provvisti di aspirazione ed individuali, guanti e mascherine riducendo enormemente i danni alla salute.
La legge prevede che sia inoltre predisposta una sorveglianza sanitaria obbligatoria periodica dei lavoratori che svolgono attivita’ di ricerca nei laboratori e sono a contatto con sostanze chimiche pericolose e tale sorveglianza è estesa ovviamente a tutti gli operatori, compresi gli studenti. Nei laboratori di ricerca i reagenti sono conservati in appositi armadi provvisti di aspiratori, vengono utilizzati e manipolati in maniera da ridurre al minimo l’esposizione degli addetti alle sperimentazioni e anche i reflui vengono raccolti in maniera controllata e non vengono in alcun modo dispersi nell’ambiente, cosi’ come invece incredibilmente pare sia accaduto in quegli anni nei laboratori della Facolta’ di Farmacia dell’Universita’ di Catania.
Evidentemente in quei laboratori il rispetto delle leggi in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro non era considerato come aspetto integrante del processo produttivo, senza il quale non e’ possibile neppure ipotizzare di svolgere l’attivita’ stessa. Come spesso accade nel nostro Paese il problema risiede nel mancato controllo del rispetto delle leggi, che spesso sono ben strutturate, come nel caso del Dlgs.81/08 e che basterebbe fossero correttamente applicate e rispettate da tutti. Cio’ che colpisce nella storia descritta nel film di Costanza Quatriglio è l’evidente paradosso per cui la vicenda della mancata tutela della salute dei giovani ricercatori sia accaduto in un ambito didattico ai danni di studenti ancora in formazione, cioe’ in un periodo riservato all’apprendimento mirato non soltanto ad accrescere la propria competenza scientifica teorica, ma principalmente ad acquisire proprio la conoscenza delle buone prassi di laboratorio soprattutto in termini di affidabilita’ e sicurezza, indispensabile ed irrinunciabile strumento di lavoro per ogni ricercatore.
1 commento
Ho letto e non mi capacito di quello che è successo. Non ho letto o visto questa notizia in rete essendo ispirato il film ad una storia vera! Ma come…dobbiamo puntare sui giovani e invece oltre a mettere a rischio la loro vita dobbiamo aspettare un film per denunciare ciò è successo?
Questo è molto grave. Non oso pensare alle famiglie di questi poveri giovani che sono morti solo perchè volevano avere un futuro migliore a frutto di tutti, perchè della ricerca ne beneficia l’intera umanità. E’ ingiusto e va detto. Tutta la solidarietà alle famiglie.
E’ sempre la solita storia delle leggi che non vengono rispettate…ma perchè non impariamo dagli errori fatti in passato? E perchè permettiamo che giovani muoiano cosi?