Racconto di Natale, regalato alle lettrici di dols da Marta Ajò…
Il signor Giampiero ha deciso che questo Natale non lo vuole festeggiare.
I figli lo pregano di andare almeno alla cena della vigilia, ma lui niente.
“E’ un testardo”, dice la figlia piccola.
“E’ un vecchio rancoroso e solitario”, dice il genero infastidito.
“La testa non gli funziona più”, aggiunge l’altra figlia, la più grande e la più ascoltata.
“Il nonno aspetta da solo Babbo Natale, perché non gli piace la confusione”, asserisce il più piccolo.
Che giusto il mercoledì successivo lo incontra perché non c’è nessun’altro che può prenderlo a scuola e insieme passeranno il pomeriggio.
Il tempo passa veloce mentre i due camminano mano nella mano per la strada, veloci arrivano a casa che emana odore di mandarini.
“Dunque dove eravamo rimasti?”, dice il signor Giampiero al bambino.
“Che mi avresti raccontato come passavi il Natale da piccolo”
“Si, ma tu non annoiarti. Il mio Natale era molto diverso da quello che sarà il tuo”
“Il Natale non è sempre uguale?”
“No, se mi ascolti, capirai che può essere molto diverso per ciascuno”.
Dicembre si mostra clemente ma il signor Giampiero decide di mettere una coperta di lana sopra le gambe; seduto, guarda quel nipote per il quale prova affetto, tenerezza e curiosità. E’ così lontano da lui! “Anche lui percorrerà il lungo cammino degli anni fino alla maturità e chissà come sarà il suo destino” pensa mentre cerca di cogliere una qualche somiglianza fisica.
Si alza Giampiero, perché un nonno affettuoso deve essere accudente ed anche se è stanco vuole dargli qualche biscotto e, passano pochi minuti dalla cucina al salotto, lo trova davanti la televisione. Maneggia il telecomando con una padronanza che lui non ha.
“Vuoi i biscotti? Un succo?”
“Zitto” lo ammonisce il piccolo.
Giampiero si zittisce; guarda lo schermo che trasmette immagini pubblicitarie.
“Cosa c’è d’interessante?”, domanda.
“Zitto nonno, non vedi i regali che voglio per Natale?” e dice qualcosa che Giampiero non afferra bene, tranne che quando era piccolo i giochi lui li chiedeva scrivendo una letterina a Babbo Natale.
“Hai scritto la letterina?”
“No, ho detto alla mamma quello che voglio, poi lei chiede a babbo Natale di portarmeli”.
“Usa così?”
“Beh, nonno, voglio dirti la verità. E’ un pezzo che so che Babbo Natale non esiste”
“Chi ti porta i giocattoli?”
“Dai, nonno, non fare il furbo con me; sai bene che i regali li comprate voi grandi e poi ci fate i pacchetti e li mettete sotto l’albero!”
“Da quando lo sai?”
“Da quando mi sono accorto che prima di Natale tutti sono agitati, corrono con pacchetti, ogni volta che la televisione mostra un gioco e ti chiedono se ti piace, poi lo trovi sotto l’albero. Perché uno è piccolo ma mica scemo”.
Giampiero considera che lui forse lo era. Perché nonostante il primo Natale che lui ricordava fosse avvenuto subito dopo la fine della guerra, era certo, anche dopo, che Babbo Natale esistesse e che dopo le bombe avesse ripreso a volare con le sue renne.
La mattina di quel Natale si era alzato fremente per vedere se quel Babbo fosse passato e così era avvenuto perché il suo albero, che la sera, prima di dormire, aveva a lasciato nudo ma pieno di speranze che fosse riempito di doni, stava in un angolo carico di mandarini appesi e candeline rosse accese. Alla base un cestino conteneva una scatola da sei di pastelli Giotto, un album piccolo per disegnare.
Ricordava il volto soddisfatto dei genitori, l’odore dei mandarini e della cera, a candeline spente, il sapore di un cioccolato caldo e l’immediato desiderio di riempire quelle paginette di disegni.
“Allora nonno? Che stavi dicendo?”
“Niente, niente d’importante”
“Ho chiesto solo tre regali, tanto poi ci sono le sorprese dei parenti e la Befana”
“Ti porterà dolci o carbone?”
Il nipote del signor Giampiero si mette a ridere. “Nonno non fare di nuovo il furbo, te l’ho già detto che so tutto. Mica esiste la Befana!”
“Sai dunque il suo significato?”
“Che chiude le feste e torno a scuola, purtroppo”
Il nonno resta in silenzio.
Un albero finto, nessun presepe che ricordi il significato di quelle festività, nessun desiderio. Tutto già previsto, già costruito, già ordinato. Cibo e doni.
“Torniamo”, dice Giampiero al nipote “torniamo dalla mamma, prima che ci sia il traffico di punta”, che lo spaventa per attraversare la strada con un bambino.
“Così faccio in tempo a vedere un po’ di televisione prima di cena”, aggiunge il nipote con gioia.
“Allora cosa hai deciso?”, richiede al signor Giampiero la figlia e mamma del nipote, “vieni o no per Natale?”
“No, ribadisce lui, ma ti lascio questo pacchetto per lui, per favore, mettilo sotto l’albero e digli che non ne sapevi niente, che forse Babbo Natale è passato davvero e buona cena a tutti voi, sappiate che vi penserò”.
25 dicembre 2013. “Ed ora, ora scartiamo i regali”, dice una voce su tutte. E’ l’ora. La cena è stata consumata. A Messa non si va perché è troppo freddo, la televisione ci ha fatto compagnia e non resta che compiere il rito dei re magi.
Uno a te, uno a me, uno a lei.
“Oh guarda! E’ rimasto un pacchetto nell’angolo, c’è il nome tuo, prendilo”, dice la mamma al figlio che lo prende e scarta incuriosito; in quel piccolo involucro c’è una scatola di metallo un po’ vecchia Tutti lo guardano incuriositi.
Il coperchio viene sollevato e dentro fanno mostra di sé sei matite per colorare, un album, e un biglietto.
“Carissimo ed amato bambino, da cui non ho ricevuto nessuna letterina, ho fatto di testa mia. Ti lascio sei colori perché tu possa colorare i tuoi sogni, un album perché tu possa disegnare ciò che vedi e scrivere ciò che senti. Un mio personale augurio: che non ti abbandoni la fantasia e il desiderio della scoperta , Babbo Natale”.
Si mettono tutti a ridere, facendosi spallucce per dire che hanno capito il mittente, continuando indifferenti e rumorosi il rito delle consuetudini; il bambino rigira tra le mani scatola e biglietto, appena perplesso ma senza la fantasia necessaria ad immaginare un perché o mosso dal desiderio di scoprire la ragione di quel regalo.
Il signor Giampiero, nello stesso momento, ascolta la sua musica preferita sorseggiando una tazza di latte caldo con miele; certo di avere fatto il da farsi, senza illudersi ma con soddisfazione.
“Buon Natale” pensa, senza rimpianti.
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