Noi che cominciamo ad invecchiare mal sopportiamo il cibo sciatto. Uscito dalla pizzeria “Il Portico” di Via Fontanella del Suffragio a Viterbo, dove ho appena finito di mangiare una delle dieci pizze più cattive della mia ormai lunga vita, non trovo l’accendino del sigaro consolatore. In quel mentre passa nel vicolo una coppia nei suoi tardi quaranta; la signora ha in mano un pacchetto di sigarette; mi avvicino a colpo sicuro:
“Buonasera signora, mi farebbe per cortesia accendere?”
E’ una donna etrusca; occhi profondi e scuri, viso marcato di spigoli, ciglia folte; la fronte contende senza successo spazio ai folti capelli che salgono verso l’alto con ostinazione. E’ lo stesso magnetismo che sale dal fondo degli antichi vulcani della Tuscia.
“Ma certo, ecco qui.”
Sorride e mi porge la mano con l’accendino; la circondo con le mie: è calda, ha unghie ben curate e pelle senza screpolature che denunciano una buona istruzione. Armeggio per accendere; mi consegna l’aggeggio per facilitare l’operazione.
“Lo tenga, lo tenga pure… ne ho qui un altro.”
“Oh, no no, grazie… ho appena promesso a mia moglie qui accanto che questo è l’ultimo sigaro, sacra promessa di capodanno.”
Ride cortesemente divertita e continua cordiale:
“Ahh, si, oggi è il giorno delle promesse solenni. Poi fra due ore con l’anno nuovo tutto sarà dimenticato! Bene, bene auguri per la sua forza di volontà, auguri per l’anno nuovo.”
Ci sorridiamo guardandoci negli occhi. Un secondo, forse due per afferrare ancora una parola, la parola per chiudere questo breve incontro all’altezza dell’anno che si chiude fra un’ora.
“La vostra è un bella città e voi etruschi siete più che gentili, più che cordiali.”
Sorride con gli occhi, alza il naso e gira appena la testa per mostrarmi il profilo della sua razza; è contenta; si vede che è contenta. Allora, come chiamata dal movimento del suo capo, sale dal petto una nostalgia di emozione da offrirle imprevista:
“Posso baciarla? E attraverso lei baciare la Tuscia stessa, terra cordiale e vulcanica?”
Mi abbraccia di getto, ci baciamo decisamente, forse un po’ pomposamente. Le sue mani avvolgono i miei gomiti. Ancora un sorriso prima di separarci; andiamo ognuno per la propria strada contenti dell’inaspettato appena vissuto insieme senza motivo.
Sono i vantaggi della vecchiaia che si approssima con cento stupidi acciacchi ma anche con rughe e capelli bianchi; segni di rispetto. Segni che ti concedono qualche secondo in più di attenzione dell’altro, un altro che si concede rassicurato dalla tua età. E’ bello allora entrare in questi interstizi della relazione, in queste porte non vigilate e fare un gesto inaspettato che interroga e raccoglie la sostanza dell’altro. Rispondere a questo gesto corsaro richiede presenza di spirito e immediatezza, che è la via per il profondo e il vettore della qualità umana o quantomeno della sua educazione.
Noi che cominciamo ad invecchiare dobbiamo imparare in fretta a fruire della possibilità di violare le regole sociali della distanza; c’è una sottile ebbrezza nello andare subito al sodo con l’altro appena incontrato, giù di corsa per la discesa; quella stessa discesa che abbiamo, quante volte!, ripetuto correndo senza freni col cuore in gola.
1 commento
Molto bello e intenso. Un piacevole interludio prima di pranzo. Mi sembrava di essere lì accsnto a hodermi la scena. Gis