Le leggi sociali e le nostre scelte sono valutati e giudicati dall’opinione pubblica, non sono uguali per tutti.
Se un uomo colleziona tante avventure e “passa di fiore in fiore”, è considerato un Dongiovanni o un latin lover e tutto ciò non ha sicuramente un’accezione negativa nella nostra società, anzi…magari per gli amici, può essere considerato pure “un grande” perché non è da tutti aver avuto tante donne.
Se, però, ribaltiamo il tutto sul versante femminile, la questione cambia: una donna che ha avuto tante storie o avventure, rischia di essere considerata “una poco di buono” e quindi finisce per avere una reputazione non buona.
Se un uomo alla soglia dei quarant’anni e anche oltre, non ha ancora una relazione affettiva stabile e men che mai intenzioni di metter su famiglia, è considerato “un ragazzo” o un Peter Pan, ma tutto ciò è legittimato ed accettato. Se a vivere questa situazione è una donna, il criterio di valutazione cambia: è considerata “strana”, “zittella” e il tutto viene imputato al fatto che sia “acida” o “fredda”, “perché nessuno se la prende!”.
Se un uomo decide di non avere figli, non fa scalpore; se a fare questa scelta è una donna, i giudizi sono più critici, perché ancora oggi si riesce a concepire che un uomo possa non avere l’istinto di paternità e non ambisca a diventare padre, mentre l’idea popolare di donna è sempre associata a quella di madre e di famiglia, nonostante siano in aumento coloro che scelgono di vivere una vita “no kids”.
Se un uomo sacrifica la famiglia per investire sul lavoro e fare carriera, è accettabile; se a fare ciò è una donna, “è una mamma e una moglie ingrata”.
Sono tanti gli esempi in cui lo stesso comportamento finisce per essere valutato e giudicato diversamente se tenuto da una donna o da un uomo.
Odile Robotti nel suo libro “Il talento delle donne”, parla di “doppio standard”, in riferimento proprio al fatto che “le donne sono sanzionate per alcune azioni che gli uomini possono compiere impunemente”.
Questo implica, quindi, che le leggi sociali, che non hanno niente a che fare con la giurisprudenza e con il diritto ma sono comunque altrettanto potenti e importanti, in quanto costituiscono il codice sociale con cui siamo i nostri comportamenti e le nostre scelte sono valutati e giudicati dall’opinione pubblica, non sono uguali per tutti.
Perché?
Intanto partiamo da una constatazione evidente e palese: non si tratta di una semplice differenza di valutazione ma di una vera e propria discriminazione, perché alla fine dei conti sul banco degli impuntati gli uomini risultano sempre assolti con giudizi positivi o comunque accettabili, mentre le donne messe spesso al rogo, perché “poco di buone”, “ingrate”, “strane”…
E dietro a questa discriminazione ci sono sempre gli stereotipi di genere, ovvero schemi mentali e credenze rigide e assolute, secondo cui dalle donne ci si aspetta un certo tipo di comportamento e dagli uomini un altro.
Non solo. C’è un fattore aggiuntivo, più subdolo ma anch’esso presente: le donne continuano ad essere l’oggetto preferenziale di attacchi, critiche e giudizi, oltre che di must sociali. Infatti è soprattutto alle donne che la società chiede di dover essere belle, magre, giovani, madri, pazienti, casalinghe… Si continua a penpensare alla donna come un’entità omogenea che deve uniformarsi a schemi sociali rigidi e preconfezionati, per cui ogni scelta o situazione che si allontana da questi standard, viene valutata negativamente.
Allora cosa possiamo fare?
Intanto prendiamo consapevolezza di questo “doppio standard”, così da imparare a riconoscerlo quando si attiva. E impariamo a prenderne le distanze, mantenendo la nostra individualità, le nostre convinzioni e i nostri propositi, ricordandoci che “se fossimo un uomo, la questione sarebbe un’altra”.
Sono convinta che se ciascuna di noi mantiene la propria individualità e identità personale, al di là delle richieste e dei pressing sociali e se educhiamo le nuove generazioni (bambine e ragazze) in questa direzione, allora non potremmo che arrivare a concepire che esistono tante donne, come del resto ad oggi stiamo comprendendo che esistono tanti tipi coppie e di famiglie.
3 commenti
gli stereotipi esistono per le donne come per gli uomini. un uomo che piange è un uomo sbagliato, un uomo che non lavora in famiglia è un fallito, un uomo che mostra emotività nel rapporto coi figli è effemminato insomma la doppia morale è vera per la donna come per l’uomo. inoltre a sostenere questi stereotipi sono in egual misura gli uomini come le donne. anche quelli che stanno stretti alle donne sono sostenuti dalla maggior parte delle donne. insomma il problema è che la società dovrebbe evolvere in senso più flessibile ed egualitario (anche se differenze ne esistono e ne esisteranno sempre perchè basate sulla effettiva differenza di genere che esiste e le stesse donne “evolute” rivendicano). ma questa evoluzione è frenata tanto dalle donne quanto dagli uomini. è riduttiva la concezione che a tenere in vita gli stereotipi siano solo i maschi perchè ci guadagnano e tutte le donne sarebbero pronte ad andare oltre. ad esempio sul fronte delle esperienze sessuali “libere” sono le stesse donne a considerare “zoccole” quelle che cambiano con frequenza il partner o che avviano una storia puramente sessuale senza coinvolgimento amoroso quando per gli uomini lo stesso comportamento può risultare addirittura attraente… insomma l’evoluzione degli stereotipi è un tema molto delicato che coinvolge la diatriba “genetica o cultura” e che riguarda in egual misura uomini e donne.
Sono perfettamente d’accordo, Roberto. Gli stereotipi riguardano tutti, sono intrinseci nel pensiero popolare tanto degli uomini quanto delle donne.
Bellissimo articolo e vero in tante sue parti. Concordo anche con Roberto però, anche gli uomini sono vittime di alcuni pregiudizi sociali, sebbene diversi da quelli femminili.