Eloisa e Abelardo, protagonisti di una passione amorosa che sbaragliò tutte le convenzioni e i codici d’amore presenti all’epoca dei fatti.
“ Il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell’amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo ad essi e non ci stancavamo mai.” Lettera I
“Al mio signore, anzi padre, al mio sposo anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella (…) Ti ho amato di un amore sconfinato (…) mi è sempre stato più dolce il nome di amica e, se non ti scandalizzi, quello di amante o prostituta, il mio cuore non era con me, ma con te”. Lettera II
E’ nel cuore del XII secolo, periodo in cui si andava formando l’ideale dell’amore cortese ed età in cui il sesso era ingabbiato dall’Autorità Ecclesiastica in rigidissime regole morali e consentito solo a scopo riproduttivo, che nacque la storia dei due più famosi amanti di tutti i tempi, Eloisa e Abelardo, protagonisti di una passione amorosa che sbaragliò tutte le convenzioni e i codici d’amore presenti all’epoca dei fatti. Il loro amore fu talmente forte da superare tutte le leggi divine e umane, la loro passione talmente intensa da conservarsi intatta, anche dopo la dolorosa separazione e il loro legame talmente saldo da sopravvivere persino alla mutilazione del corpo e al silenzio dei monasteri, in cui si rinchiusero entrambi per il resto della vita. Silenzio interrotto da uno scambio epistolare, tra i più belli e struggenti della letteratura, in cui i due amanti riuscirono a ricongiungersi spiritualmente, ripercorrendo la loro personale e tragica vicenda, fino a trasformare l’originaria passione carnale, in un sublime rapporto di completa fusione intellettuale. Le Lettere di Abelardo e Eloisa mantengono ancora vivo e palpitante, a distanza di secoli, il loro profondo amore e ci consegnano un eccezionale documento, in cui la ricerca di un nuovo e difficile equilibrio interiore passa attraverso la trasformazione dell’erotismo della carne al più seducente erotismo del logos, in cui le implicazioni filosofiche, teologiche e morali, liberano l’intelletto, prigioniero della carnalità e lo consegnano all’eternità dello spirito, per raggiungere le più alte vette dell’amore assoluto.
Un percorso inusuale e assolutamente esclusivo, che vide i due amanti, entrambi dotati del germe della modernità e dell’emancipazione dai retaggi culturali dell’epoca, vivere con la stessa intensità il sesso, l’intelletto e lo spirito, in una fusione sublimata dall’amore profondo e reciproco, che consentì loro di percorrere, con estremo anticonformismo e grande carattere, intelligenza e sofferenza, la via dell’eternità.
La loro relazione iniziò a Parigi, dove il chierico Abelardo, filosofo e teologo dalla straordinaria esuberanza fisica e intellettuale, era diventato famoso e seguito da molti discepoli, estremamente affascinati dalla sua vastità culturale. All’apice della notorietà, intorno ai trentacinque anni, il superbo filosofo decise di abbandonare la castità e dedicarsi al soddisfacimento delle sue più recondite pulsioni carnali. A tal fine, con estremo cinismo, meditò e attuò il piano per conquistare Eloisa, la cui fama echeggiava in tutta la Francia, per la rara bellezza, la straordinaria intelligenza e l’incomparabile cultura, doti assolutamente uniche per una donna dell’epoca, che avevano notevolmente incuriosito il filosofo, infiammando il suo desiderio. L’eccezionale ragazza medievale si avvicinava al diciottesimo anno, quando fu affidata dallo zio Fulberto, con il quale viveva, agli insegnamenti di Abelardo, il quale, per attuare il suo diabolico piano di conquista, era riuscito a convincere il canonico di Notre-Dame sulla necessità di vivere sotto lo stesso tetto, per poter meglio svolgere il ruolo di precettore di sua nipote. L’amorevole zio, sempre più desideroso di dare a sua nipote il massimo dell’erudizione, la consegnò con fiducia ad Abelardo, accordandogli persino il permesso di percuoterla per farla studiare e facilitando, inconsapevolmente, la nascita della relazione tra l’allieva e il Maestro, i quali, non appena si trovarono soli, furono colpiti da una irresistibile attrazione e da un’immediata e profonda intesa. Di pari levatura intellettuale e altrettanta maturità sessuale, tra i due non ci fu il classico e torbido rapporto di potere tra allieva e maestro, ma un’intesa immediata e simbiotica, che univa il piacere delle discussioni filosofiche ( poche, per la verità) al piacere carnale. La seduzione giocò un ruolo fondamentale ed entrambi, liberi da ogni tipo di conformismo, vissero la loro sessualità, ricercando sfrenatamente il piacere fisico e assecondando il desiderio bruciante, intemperante e lussurioso. Eloisa seguì per prima, come fanno sempre le donne, l’esplosione dei sentimenti di amore profondo verso il suo “idolo” e gli aprì, prima delle sue candide cosce, il suo cuore gonfio di emozioni inarrestabili e incommensurabili, perdendo di giorno in giorno quella parte di sé, utile ad accogliere incondizionatamente il suo amato, come elemento integrante del suo essere. Abelardo, invece, da buon prototipo di maschio in piena tempesta ormonale, era partito con l’idea di conquistare la sua preda, con l’unico fine del godimento dei piaceri sessuali, ma si abbandonò completamente all’amore e alla ingovernabile passione, che trascinò entrambi nel dominio del puro piacere sessuale, spingendoli ad esplorare tutti i territori della lussuria e del puro godimento, fino a sfiorare la perversione del masochismo e dell’autolesionismo, in un gioco hard di sottomissione, che avrebbe fatto impallidire, secoli dopo, le famose “sfumature di grigio”.
La profonda comunione intellettuale e fisica conferì al loro amore le solide basi di un’intesa spirituale, che illuminerà costantemente l’oscuro destino a cui andarono incontro. Tragici furono gli eventi che seguirono quell’anno di amore, dopo che lo zio Fulberto scoprì la loro relazione e mandò tre sicari ad evirare Abelardo, reo di aver tradito la sua fiducia e di aver costretto Eloisa, dopo la nascita del loro unico figlio, Astrolabio, a contrarre matrimonio segretamente, per sbarazzarsene e salvaguardare il proprio prestigio di filosofo. In realtà, Eloisa si era opposta, in modo assolutamente fiero e anacronistico al matrimonio, preferendo essere adultera e prostituta, pur di non nuocere al prestigio del suo uomo, scrivendo così una delle più belle pagine di rispetto, ammirazione e devozione verso l’amore e verso la filosofia, riconoscendone la superiorità assoluta. Inoltre, Eloisa, peccatrice sfrontata e stupendamente impenitente, reclamò, per la prima volta nella storia, il diritto sacrosanto della donna al piacere sessuale e si affermò diventando la prima donna letterata e, in seguito, badessa del Paracleto, dimostrando la sua indipendenza di pensiero e il suo valore in campo filosofico. Abelardo, invece, accettò la mutilazione del corpo, come espressione della volontà divina e condizione per espiare i suoi peccati, tornando alla sua vita accademica ed ecclesiastica. La loro storia ha superato le barriere del tempo e si è consegnata all’eternità, con il suo carico di immenso amore, ma anche di immane dolore. Oggi, i due amanti medievali riposano, per sempre insieme, al Père Lachaise, cimitero monumentale di Parigi. La loro tomba è meta di tutti gli innamorati che chiedono, lanciando monetine sui loro simulacri, di rendere eterno il loro amore. Ma l’eternità è talmente pignola, severa e crudele, da richiedere, in cambio di se stessa, enormi e dolorosi sacrifici, e non si fa carico facilmente delle ordinarie storie d’amore, anche quando le crediamo meravigliose. E d’altra parte, se i presupposti che rendono eterno e sublime un amore sono questi, credo non convenga a nessuno farne richiesta. Oltretutto, il Père Lachaise è al completo da tempo.
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