Nonostante la superiorità delle universtà in fase della formazione, le donne sono ancora troppo assenti nel gruppo docenti universitari e si inizia a pensare allo strumento delle Quote Rosa.
di Anna Stopazzolo In Europa, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un aumento considerevole della presenza femminile nei vari ambiti del sapere universitario; come conferma Bianca Gelli nel libro “L’Università delle donne: saperi a confronto” siamo di fronte a nuove situazioni in cui si è arrivati ad un vero e proprio sorpasso delle donne rispetto ai compagni uomini. Proprio ieri, nella rubrica “la 27esiam Ora” del Corriere della Sera, sono stati pubblicati una serie di dati secondo i quali le ragazze sono il 58% dei laureati ma solo il 34% dei professori associati e ben il 20% di quelli ordinari…un quinto del totale. Le cause di questo grande disequilibrio sono diverse ed articolate; un po’, come dicono nell’articolo, è l’effetto autosegregazione che spinge le donne ad iscriversi in massa a lauree umanistiche, ma anche ragioni più profonde e strutturali che non interessano non sono il mondo accademico ma anche quello istutuzionale e del privato. Il fenomeno interessa notevolmente anche la Germania ed in particolare le università berlinesi. La capitale ha ben dodici diversi atenei, alcuni molto grandi che inglobano tutte le facoltà, come la Freie Univeritaet, altre invece più specializzate in materie soprattutto tecnicoscientifica. Negli istituti più grandi la presenza delle donne tocca il 60% mentre in quelle più specializzate sono gli uomini in predominanza e toccano circa il 62%, una situazione del tutto speculare. Un rapporto degli Uffici di Genere dei maggiori atenei, questi ha fatto emergere grandi lacune del sistema formativo tedesco che lo fanno sempre più assomigliare a quello italiano, Il problema maggiore che questi devono affrontare è la sottorappresentazione di figure femminili nel corpo docenti. Le donne infatti, sono una percentuale notevolmente ridotta rispetto ai compagni uomini e si assestano ad una media del 20-25% in tutti gli atenei ponendoci di fronte al dilemma di come aumentare questa percentuale e con che strumenti. Nelle statistiche ufficiali non vi è una sola università in cui si possa arrivare ad una simil parità tra docenti uomini e donne, le quali non superano quasi mai il 35% del totale degli insegnanti. Anche se il sistema legislativo tedesco applica per forza il principio di parità a tutti I livelli, ci troviamo in una situazione di evidente disparità che non si ferma alla mera autoesclusione ma è insito nella struttura. Il muro di pregiudizio che combina ancora una visione prettamente maschilista ad una mancanza di flessibilità, fà si che le donne accedano abbastanza facilmente a dottorati di ricerca ma hanno un blocco per quanto riguarda l’avanzamento della carriera. La barriera maggiore è il passaggio tra i junior teacher, i nostri assistenti e professori associati, ed i docenti di ruolo che sono predominio quasi esclusivamente maschile. Il caso tipico è quello di una junior.teacher con un carico di lavoro solitamente uguale ad uno di ruolo, con il bisogno continuo di pubblicare e partecipare a conferenze per l’avanzamento nella carriera…uno sforzo che non è supportato da aiuti, come un servizio di segreteria, di cui godono solo i livelli più alti, Questi docenti “in corso di formazione” sono così svantaggiati e spesso costretti a scegliere tra impegni familiari o avanzamento di carriera… Il problema è molto serio e preoccupa gli uffici di genere degli atenei che non riescono ad individuare strumenti adatti a risolvere o almeno arginare il fenomeno. La soluzione più condivisa è quella di inserire delle quote rosa fissate per corpo docenti..strumento che andrebbe a limitare gli svantaggi immediati ma non inciderebe nella struttura mentale. La Municipalità si è impegnata con una serie di programmi di sensibilizzazione come il “Berlin Act for Equal Changes” che ha aumentato la presenza delle donne di circa dieci punti percentuali, ma il problema è ancora molto presente. Approcci “gender friendly” sono parte della cultura universitaria e vincolati da norme ma la visione ancora strettamente maschilista blocca la carriere a molte docenti. Come riportato nell’articolo, vi è poi anche la questione delle commissioni d’esame che sono predominio maschile che tendono a scegliere candidati maschi… Le quote sono probabilmente la strada più giusta per arginare il problema, ma veramente andiamo ad incidere sui pregiudizi e sulla struttura? Ai posteri l’ardua sentenza.