C’è un confine tra diritto di cronaca e vita privata?
Una grande reputazione è un grande rumore, più se ne fa più lo si sente: le leggi, le nazioni, i monumenti, tutto cade, ma il rumore resta. Honoré de Balzac, Massime e pensieri di Napoleone, 1838
C’è un confine tra diritto di cronaca e vita privata? Quando l’attività informativa è un pericolo per la vita privata? Si può evitare che la stampa si trasformi in cassa di risonanza delle offese alla considerazione altrui? La risposta è semplice. Non ci può essere separazione fra vita pubblica e vita privata perchè i fatti della vita privata diventano occasione per fare politica e quindi vita pubblica. Trincerarsi dietro il principio della difesa della privacy quando si è un personaggio pubblico può diventare un rischio per l’intera Nazione, specie quando alte cariche dello Stato si espongono volontariamente al ridicolo.
E mentre la Francia continua a interrogarsi sul labile confine tra le due sfere, in Italia la bussola del profondo disagio intellettuale e materiale, che ha investito il mondo della cultura, della classe politica e della vita quotidiana, segna una soglia sotto la quale non è più conveniente scendere. Dimentichiamo troppo spesso però che nei Paesi che non sono il nostro, regna un modus operandi politico che da noi è operativamente assente, se non opposto. Migliorare è possibile, diradare la nebbia concettuale di un Paese, invece no, farlo richiederebbe tempo, risorse, investimenti, impegno. Occorrerebbero decisioni, gesti significativi. L’interesse morboso alla vita delle personalità pubbliche è, senza ombra di dubbio, deleterio e sempre più spesso assistiamo al declino preannunciato di una persona perché non più utile o scomoda. Quanti uomini degni abbiamo visto sopravvivere alla loro reputazione? Gli uomini come gli animali, considerano la vittima come un pezzo di carne da sbranare e lo spiare diventa uno stato di tensione durante il quale si prova una grande soddisfazione. Si preferisce per gli uomini di potere un declino irreversibile che tocca la maleducazione in ogni sua forma (in scala minore anche ai comuni mortali vengono riservati simili trattamenti), tanto da arrivare a condizionare in toto l’informazione. Si dimenticano parole come dignità e rispetto. Si finge di credere che il problema ruota attorno allo scandalo personale, si affonda la spada sulla persona colpita, che se indebolita, perderà vertiginosamente il consenso pubblico. Diventerà ricattabile con il fatto che non sarà rieletto se non farà ciò che vuole la lobby, ricattabile con ogni singolo gesto che farà in pubblico. Il passo per infangarne la credibilità, sarà breve perchè ogni potere diretto verrà fatalmente sottoposto a influssi indiretti.
Eppure tutti possono sbagliare, nessuno è portatore di una presunta superiorità morale assoluta, ma pare importi poco questo aspetto, specie in questa fase di estrema difficoltà economica e sociale. Si colpisce ferocemente il privato di una persona, perché se c’è lo scandalo si potrà rimescolare le carte e pensare a una sostituzione immediata. Un cancro questo consolidato e che si autoalimenta. Queste azioni non indicano il complessivo deterioramento della qualità del tessuto democratico?
“Non si può governare innocentemente” diceva Louis Antoine de Saint-Just, politico francese e rivoluzionario, nel processo contro Luigi XVI. La verità è che gli uomini etici tendono a dimettersi lasciando spazio a tutto il resto.
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