Inutile cercare di interpretare ogni singola parola. Qui infatti si tratta di capire cosa davvero stia accadendo dietro le quinte del palcoscenico governativo e sociale italiota.
A poco servono l’indulgenza o la rabbia, la solidarietà o la condanna. Non serve nemmeno l’indifferenza.
Le accuse grilline al Presidente della Camera Laura Boldrini le conosciamo benissimo: inutile ripeterle. E poi – almeno per noi donne – non costituiscono certo una novità. Sappiamo perfettamente che quando un uomo si sente “offeso” (dall’autorità femminile?), “ferito” (dall’intraprendenza altrui?) o dio sa cosa sfodera le armi spuntate dell’insulto a sfondo sessuale. Già, il sesso. Ovvero l’unico concetto per lui intelligibile, purtroppo. Il centro della (presunta) potenza; il fulcro del dominio che crede di esercitare dall’alto della sua esistenza. Dovremmo quindi essere abituate a certe affermazioni e non prestare eccessiva attenzione alle fanfaronate che troppo frequentemente escono dalle virili bocche. Invece no. Proprio non ci abituiamo. Giorno dopo giorno ci ritroviamo a sdegnarci, a commentare, addirittura a sacrificare buona parte del nostro tempo nel tentativo di contrattaccare le aggressioni verbali che ci piovono intorno, con l’unico risultato di vedere peggiorare le cose. Il problema non è questo. Il problema è che non siamo ancora riuscite ad organizzarci in modo credibile. Le donne, insomma, non costituiscono una controparte, una specie di lobby distinta dal resto dell’umanità. Differenziare il mondo in base all’identità sessuale non ha alcun senso. Non esistono gli uomini (quindi la forza) da un lato e le donne (ergo la debolezza) dall’altro. Ci sono al contrario persone autorevoli, determinate, volitive e altre no. Se qualcuno ci assale, anche solo verbalmente, è nostro preciso dovere reagire. Ma non con le polemiche: con i fatti. Il grillino che ha insultato la Boldrini avrebbe dovuto semplicemente essere espulso ipso facto dai lavori parlamentari insieme ai suoi ridicoli commilitoni. Sine die: Accompagnato, naturalmente, da relativa querela.
Le pesanti accuse al Presidente della Camera, ma anche alle parlamentari riconosciute abili solo “a fare pompini” (perchè di questo si è trattato!) o al Ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge riguardano tutte noi. Vanno debellate alla radice con azioni coercitive e drastiche. I clamori dello scandalo vanno abortiti, ricordando che ciò a cui stiamo nostro malgrado assistendo non è che la punta di un iceberg di immani proporzioni. Gli epiteti, le pesantissime satire da cui veniamo quasi quotidianamente bombardati dai soliti noti (Beppe Grillo & Co.) sono volte a nascondere questioni ben più gravi che strisciano nei meandri di questo governo ormai allo sbaraglio. Più di un elemento lascia supporre l’esistenza di un losco gioco volto a cancellare quel briciolo di dignità democratica che ancora cerca di sopravvivere nel vasto deserto ideologico dell’Italia attuale. La rappresentanza femminile in Parlamento, per quanto ancora esigua, dovrebbe riuscire n casi simili a superare le barrire partitiche coalizzandosi in un impenetrabile muro di determinatezza. Perchè, talvolta, la miglior vendetta è l’indifferenza, specialmente se corredata da valide azioni concrete.