La città di Messina, in merito al genere toponomastico, non differisce dagli altri capoluoghi siciliani: poche aree intitolate alle donne e, nella maggior parte, a Sante e Madonne.
La città di Messina, in merito al genere toponomastico, non differisce dagli altri capoluoghi siciliani: poche aree intitolate alle donne e, nella maggior parte, a Sante e Madonne.
Nel dettaglio su 924 circa, 257 circa sono intitolate a uomini e circa 28 a donne. Però c’è una bella eccezione: un intero quartiere della città è intitolato a Dina e Clarenza. Queste due eroine ci riportano al 1282. Durante i Vespri Siciliani le due donne combatterono con fierezza e si prodigarono per respingere l’attacco di Carlo I D’Angiò. Si tramanda che all’approssimarsi delle truppe nemiche Dina iniziò a lanciare pietre contro di esse, mentre Clarenza iniziò a suonare le campane del Duomo per attirare l’attenzione e svegliare tutti i cittadini. Questi ultimi, allarmati, accorsero in difesa della città e riuscirono a respingere l’attacco. Dina e Clarenza sono rappresentate pure nel Municipio e nel campanile del Duomo.
Sempre a Messina una via è intitolata a Mata e Grifone, personaggi citati pure da Giuseppe Pitrè e mitici fondatori della città. Mata è una gigantessa e Grifone “il gran moro che ella addomestica”. Attorno a queste due figure ruotano tante leggende, ma la più interessante narra che nel 964 il moro Hassam, sbarcato sulle coste di Messina per saccheggiare la città, incontrò Marta (poi diventata Mata), una bella fanciulla di cui s’innamorò perdutamente. I genitori di Marta ovviamente si opposero a questo matrimonio e la nascosero in un luogo sicuro. La povera ragazza prigioniera si chiuse in un lungo silenzio e soltanto quando Hassam si convertì al cristianesimo, riuscì a sposarlo.
Un’altra via è intitolata alla Beata Eustochia, proclamata Santa da Giovanni Paolo II nel 1988. Eustochia, al secolo Smeralda, era una bellissima donna che alcuni affermano essere stata la modella di Antonello Da Messina (suo coetaneo) quando dipinse “L’Annunziata”. Il corpo della Santa “è miracolosamente incorrotto ed ha resistito anche al terremoto del 1908”. Questa donna nacque il 24 marzo 1434 da un padre mercante che, ovviamente, aspirava a maritarla con “un buon partito”. Ma Smeralda aveva altri progetti, infatti rifiutò tutte le proposte cercando di entrare nell’ordine delle Clarisse. Il suo sogno si realizzò solo a 16 anni, dopo la morte del padre. Quando però Eustochia entrò in convento, l’ambiente era completamente diverso da quello che aveva immaginato: troppi agi, troppe comodità, troppa rilassatezza nei costumi. La madre badessa era impegnata soltanto nelle “faccende temporali”, dimenticando completamente lo spirito di povertà che doveva regnare in un convento. Eustochia iniziò così un’altra battaglia, si oppose a questo stile di vita e invocò con forza un ritorno alla Regola originaria. Lei continuava a condurre una vita austera, penitente, scandita dalle preghiere e dall’assiduo servizio prestato alle sorelle anziane o malate. Quando lo scontro con la badessa diventò troppo aspro, Eustochia decise di abbandonare il convento, fondandone un altro rispettoso dei principi religiosi, etici e morali. Morì a 51 anni nel 1485.
Spostandoci a Ragusa troviamo i soliti dati: su 565 aree circa, 220 circa sono intitolate a uomini e circa 19 a donne. Un’interessante eccezione la troviamo in provincia e, precisamente, a Vittoria. In questa cittadina molte vie sono intitolate a benefattrici locali, altre ricordano la prima dottoressa del Comune, la prima direttrice didattica… Vengono anche ricordate Marisa Bellisario, simbolo della donna manager italiana (amministratrice delegata prima di Italtel e poi di Olivetti), e la staffetta partigiana Maria Luisa Alessi, fucilata nel 1944. La città di Vittoria ha pure una via Paola Garelli. Quest’ultima nacque a Cuneo nel 1916 ed era una pettinatrice che svolse attività clandestina rifornendo di viveri e materiali una brigata della Divisione Gramsci. E’ passata alla storia con il nome Mirka. Nel 1944, dopo essere stata seviziata, questa donna fu fucilata dai fascisti. Prima di essere uccisa così scrisse alla sua figlioletta: “Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti ed amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre agli zii che t’allevano, amali come fossi io. Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande, capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo. Abbraccio con il pensiero te e tutti ricordandoti. La tua infelice mamma”.