Diana De Marchi è candidata alle primarie del Pd per la segreteria regionale (si vota domenica 16).
La sua biografia è costellata di impegno e militanza, nelle piazze e nelle assemblee di partito, che la vedono oggi nel ruolo di segretaria provinciale per Milano.
Le ho chiesto alcune cose che mi stanno a cuore, perché questo Pd a volte mi rappresenta, a volte proprio per niente.
-Le primarie sono uno straordinario strumento di democrazia, ma sinceramente dalla posizione sugli F35 all’ imbarazzante astensione sulla risoluzione Estrela, dal voto forse non palese sul 50 e 50 alla questione dei cimiteri dei feti, confesso di far fatica a trovare lo slancio per andare a votare.
-Il Pd raccoglie molte differenze, come è proprio di una forza democratica, ma deve certamente affrontare alcuni temi fondamentali e su questi pronunciarsi con una posizione omogenea.
Sui temi dei diritti una grande forza democratica non può tergiversare, deve trovare la sua compattezza, è fondamentale.
Ho trovato gravissima la spaccatura sulla depenalizzazione delle droghe leggere a cui dobbiamo il sovraffollamento delle carceri.
La libertà individuale è sacrosanta, ma la linea del partito deve essere chiara sui temi dei diritti, del lavoro e dello sviluppo, dell’ambiente, della salute.
-Alfieri è capogruppo del Consiglio in Lombardia, ruolo in cui è stato proposto da Martina, oggi sottosegretario a Roma. Dimmi un tuo punto di forza rispetto ad Alfieri.
-Alfieri è persona che stimo, ma la sua candidatura rappresenta la continuità con un Pd che ha perso, quello delle correnti e delle alleanze, quello che ha smesso di ascoltare la gente. Ci sono circoli Pd dove persone splendide fanno cose splendide ma le loro esperienze rimangono isolate. Non si può continuare a dire che i militanti sono la linfa del partito, chiedere il loro sostegno e poi lasciarli soli. La sfida vera è coinvolgerli nelle decisioni. Le scelte non si possono fare a porte chiuse, nelle solite stanze.
-Perchè Ambrosoli ha perso nelle scorse elezioni, perchè ha vinto il centro destra nonostante le inchieste che hanno portato alla luce un uso personale e spregiudicato dei soldi pubblici?
-Ambrosoli era un ottimo candidato ma scelto troppo in fretta.
Penso che sarà fondamentale riprendere un percorso di formazione per far crescere alcune figure all’interno del partito con lentezza, per far sì che le loro candidature diventino la naturale conseguenza di esperienze condivise nel tempo in un confronto continuo tra le segreterie e i militanti nei vari territori. Quella sconfitta, in quel momento, ci fa capire quanto sia necessario prepararsi più decisi e compatti al prossimo confronto, con un messaggio chiaro. Se cambiamo metodo nel 2018 possiamo vincere! Io faccio l’insegnante e se la mia classe non capisce qualcosa sono abituata a non colpevolizzare la classe, ma a chiedermi dove non mi sono spiegata abbastanza bene.
-Ci vuole umiltà per questo.
-Fare politica è mettersi al servizio di un progetto in cui credi, l’umiltà è l’elemento che ti permette di ascoltare davvero chi lavora sul territorio e costruire a partire dalle sue esigenze, non dalle tue. “Mai più lontani” significa questo.
-Si fatica a realizzare il 50 e 50. Una donna alla segreteria regionale sarebbe un bel segnale di rinnovamento.
-Condivido la necessitá del 50 e 50 per riequibrare quella mancanza di pari opportunità che vede il nostro paese molto arretrato rispetto non solo all’ Europa ma a tanti paesi nel mondo.
Ma voglio essere votata come donna che ha lavorato negli anni per portare il suo contributo al rispetto e alla rivendicazione dei diritti, diritti delle donne e diritti degli uomini.
Io vengo da una lunga storia politica, e la mia vita politica si basa sulla condivisione delle scelte con le persone e le realtà che incontro.
E’ questione di metodo e il metodo deve cambiare radicalmente. Con me e con il mio gruppo di lavoro sarà possibile, perché è già nell’aria questo cambiamento.
Che sia renziana, cuperliana o civatiana, la base del Pd anni ha bisogno di riconoscersi unita in un grande partito per essere più forte.
-Di cosa ha bisogno la Lombardia?
-Di tornare ad essere il propulsore dell’economia nazionale. Centrale è il tema dell’ occupazione, dello sviluppo del lavoro. Ci sono le nuove generazioni immerse nel precariato, ci sono pensionati che hanno già oltrepassato la soglia della povertà, ci sono quarantenni e cinquantenni nella disperazione di cui nessuno si occupa, come fossero socialmente invisibili. Incontro tutti i giorni questa Lombardia e non la riconosco.
La Lombardia deve tornare a dare slancio anche alla cultura, ciò che accade in Lombardia traina con sè il paese intero.
-Da portavoce della rabbia alcuni leader politici sono diventati catalizzatori di aggressività, il linguaggio dei partiti è sempre più violento, il sessismo di esprime in tutta la sua volgarità anche nei luoghi isituzionali, da destra a sinistra, penso a Dambruso, a De Rosa, agli insulti a Laura Boldrini. Tutto questo mentre nella scuola si taglia spazio alle discipline artistiche. Come uscire da questo pantano?
-La violenza e la rabbia non possono che imbarbarirci.
Ricordiamoci che dopo il Medio Evo noi abbiamo accompagnato nella civiltá il mondo intero. La sfida è riumanizzare il mondo della politica, e non solo, partendo dalle relazioni. Possiamo farcela, ma costruiremo il nostro Rinascimento solo se sapremo imporre su tutto la nostra memoria e la nostra lealtà.
Mercoledì 12 febbraio confronto tra Diana de Marchi e Alessandro Alfieri, Milano, Casa della Cultura, via Borgogna 3, ore 21.00
si vota domenica 16 febbraio dalle 8 alle 20 – votazioni aperte a TUTTI I CITTADINI E LE CITTADINE