Sull’eco delle classiche commemorazioni che circondano la Giornata Internazionale della Donna, nell’inevitabile silenzio che torna a regnare dopo i soliti festeggiamentirituali all’insegna dell’ipocrisia più profonda, una piccola riflessione è d’obbligo.
Noi ho mai tollerato molto l’idea che in una giornata particolare – e solo in quell’occasione – il mondo si ricordasse che esiste anche una realtà femminile da considerare.
A parte il fatto che l’8 marzo incarna una realtà drammatica che affonda le radici nelle lotte e nelle rivendicazioni a favore del suffragio universale delle donne, non mi sembra di scorgere nella nostra quotidianità una vera determinazione a proseguire il percorso emancipativo faticosamente iniziato negli Usa nel lontano 1908.
Oggi pare non ci sia spazio per qualcosa che non siano parole vacue e sconclusionate, persino (o soprattutto) da parte delle istituzioni. Basti pensare al fatto che al di là delle celebrazioni più o meno solenni e talvolta dei discutibili convivi rigorosamente precluisi ai maschi, si sta ancora discutendo sull’ammissibilità o meno delle quote rosa in parlamento: e questo senza minimamente pensare che l’obbligo di una data percentuale di presenze femminili nell’esecutivo costituisca già di per se stessa un preoccupante sintomo di discriminazione.
Tutto ciò, ovviamente, a prescindere dal numero crescente dei femminicidi (odio questo termine, ma tant’é!) e degli episodi di violenza contro le donne. Stiamo attraversando un periodo veramente difficile, delicato su tutti i fronti. Se in occidente alcune donne acclamano a gran voce la modernità (!), all’altro capo del globo terrestre altre proseguono la loro grama e anonima esistenza di schiave senza riconoscimento all’ombra del potere patriarcale.
Eppure va ammesso che anche nel magnifico Ovest, in Italia nello specifico, c”è ancora pochissimo spazio per l’ingegno femminile.
Gli ambiti culturali, economici, finanziari, lo vediamo ogni giorno, seguitano ad essere pervasi dall’influsso di quel vecchio maschilismo che ignorando il merito e privilegiando una politica sessista impedisce di fatto qualsiasi innovazione in vista di una vera emancipazione e ostacola ogni seppur minima possibilità evolutiva sul piano paritario. Insomma, penalizza l’altra metà del cielo.
Ma come potrebbe essere diverso, del resto, se non di rado sono proprio le donne stesse a dubitare per prime delle potenzialità che incarnano e spesso si riducono (vedi le parlamentari nostrane) a litigare tra loro in merito all’atteggiamento da adottare nei confronti di misure normative ad esse rivolte?
Se non imparano a solidarizzare e a combattere con grinta e moderazione, determinatezza e tenacia, forti del loro valore e delle loro capacità non possonoo aspettarsi che gli uomini accettino improvvisamente di rinunciare ai privilegi che, nell’ottica maschile, rappresentano tuttora “diritti acquisiti ” per genere di appartenenza.
E’ inutile quindi che l’8 marzo ” squillino le trombe e inizino le danze”. La coscienza femminile non è effimera, non dura solo ventiquatt’ore. La coscienza femminile resta per sempre. Giorno dopo giorno va accarezzata, arricchita, considerata, valorizzata.
Nessuno si è mai chiesto come mai non esiste una “Giornata degli Internazionale Uomini” o un progetto di “quote azzurre” ai vertci del potere? Semplicemente perchè non ce n’è bisogno.
Loro, i maschi, sono comunque onnipresenti e bene in mostra sulla scena pubblica e privata. Esistono. E la loro esistenza non viene messa mai in dubbio nè tantomeno in pericolo. Non cadono quasi mai vittime di amanti o mogli gelose. Non vengono mai molestati, violentati, fatti a pezzi e dispersi. No. Si limitano a dominare e controllare “l’ordine naturale delle cose”, in conformità al loro ruolo di appartenenza, dimenticando – volutamente – la grande massa femminile in contrapposizione.
Guardano con malcelata indulgenza alla Festa delle Donne poichè sanno che, in fondo, presto tutto finirà così come è incominciato. Si tratta di pazientare dall’alba al tramonto: poi ciascun tassello tornerà al posto di sua competenza.
Questo è ciò che rappresenta ora il femminismo. I veri valori, le vere tradizioni di un tempo mai sopito si stanno disperdendo nei fumi delle nebbie dettate dall’oblio. Le donne delle generazioni più giovani soffrono purtroppo di gravi lacune per ciò che concerne la mera consapevolezza storica del loro status: facilitate dalle precedenti conquiste non hanno ancora avuto l’occasione di confrontarsi con i grandi ostacoli di cui è cosparso l’iter emanciparorio. Non hanno ancora sperimentato sulla loro pelle la sofferenza che nasce dall’emarginazione, dal rifiuto, dalla sottovalutazione. Forse non avvertono neppure il bigogno impellente del riconoscimento di sè: in tal caso, però, non sarà certo una data particolare a risvegliare le loro coscienze assopite.
La vita è un valido insegnamento. Per tutti.
E quando il sipario cala sui residui degli inutili festeggiamenti la ragione torna prepotentemente a prevalere. Sempre.