Teresa Imbriani parla del suo progetto la città ”vista dal basso”, cioè dai bambini.
Dalla filosofia ai bambini, attraverso le immagini. Una città vista dal basso. Intervista a Teresa Imbriani. di Lara di Fonte da eurowebradio Nata nel Salento classe ’72, vive a Bari, si è dedicata in un primo tempo alla pittura, di seguito ha curato progetti-foto scattate dai bambini per circa dieci anni, poi complice il suo telefonino, si è avviata in un percorso completamente nuovo. Lei è Teresa Imbriani. “Ho un portfolio su Photovogue con varie foto che loro selezionano. Una di queste è stata foto del giorno di Photovogue, una foto selezionata fra decine e decine di foto bellissime, che sono state inviate da fotografi di tutto il mondo”. Quali sono stati i tuoi studi? All’epoca mi ero iscritta a Filosofia. Ma subito dopo i primi esami mi resi conto che in verità non mi interessava molto studiare il pensiero di tale o di tizio. Mi interessava molto di più studiare il pensiero in generale, o meglio, il pensare, la struttura del pensare. Così mi misi a leggere testi di psicologia, comunicazione, linguistica… Inoltre nello stesso periodo iniziai a dipingeree a fare yoga. Insomma: lascia l’università e continuai la mia ricerca da autodidatta. Cosa ti ha dato il mondo dei bambini? Cosa si impara da loro? Dal 2000 ho realizzato tanti laboratori e progetti ludici e didattici con bambini e ragazzi di tutte le età, soprattutto con quelli di Barivecchia, ma non solo: scrittura creativa, disegno, fotografia, letture animate, ecc. Mi hanno insegnato l’entusiasmo e il credere nelle idee che nascono dall’istinto, senza troppe elaborazioni mentali. “Vista dal basso” ? Questo è il progetto più importante. Lo scorso gennaio abbiamo realizzato la tredicesima edizione di Vista dal Basso – Bari foto raccontata dai bambini, una grande mostra fotografica in cui tantissimi bambini di tutta la città scattano migliaia di foto per raccontare ognuno la sua parte di città. In tutti questi anni ho guardato una ad una tutte le foto che hanno scattato… saranno 30 – 40 mila foto… Tutto quello che so della fotografia oggi l’ho imparato sicuramente dai loro strani, belli, insoliti, sdreusi, curiosi, sbagliati, perfetti, sinceri, eccentrici, disarmanti scatti. Sei un’artista e degli artisti si dice che sia la loro anima a parlare, descrivere, osservare. Quanto di vero c’è in questa affermazione? C’è stato un periodo un paio di anni fa in cui disegnavo. Disegnavo al computer, col paint ed il mouse (sono i disegni che sono in mostra oggi) ogni volta che mi sentivo triste, felice, strana, arrabbiata, sola, contenta. Sentivo delle emozioni… e volevo descriverle con un disegno. Poi ho iniziato a fotografare. Ed ho iniziato a cercare quelle stesse emozioni negli sguardi delle persone attorno a me, per strada e nei numerosi autoscatti che ho iniziato a farmi: un confronto continuo con me stessa e con gli altri, Fotografare, fotografarmi, fotografare la gente, i posti. E ne ho viste, conosciute e riconosciute molte altre di emozioni… Mi sono appassionata. Ami di più la foto natural, in bianco e nero o ‘trattata’ ? Mi piace molto scattare direttamente in bianco nero. Lo faccio quasi sempre. Anche se a periodi provo ad usare il colore, che mi piace ugualmente. Ma sicuramente il bianco nero lo sento più “nello stomaco”. E’ vero che le foto sono un po’ come i libri e non si gettano mai ? Non ho foto in casa. Neanche foto di familiari vari nel portafoglio. E poi non leggo romanzi. Cioè ogni tanto qualcosina… Praticamente mi piacciono solo gli astrolabi gialli (i libri della casa editrice Astrolabio). Me li leggerei tutti. E comunque tutti quelli che ho, a parte due tre che per me sono fondamentalissimi, in genere li presto a chi ne ha bisogno. E in genere non mi tornano indietro. Quanti tuoi scatti a te non sono piaciuti e magari hanno fatto impazzire altri? Mi succede più spesso che rivedendo una foto che io stessa avevo scartato come foto “brutta”, rivalutandone la bruttezza e pubblicandola per esempio su Facebook, mi è capitato di constatare invece che fosse una foto molto apprezzata. Magari molto più di altre che io ritenevo bellissime. Hai foto che ami in particolare? Quelle che mi hanno emozionata nel momento stesso in cui ho scattato. E. Weston diceva “I pregiudizi che molti fotografi nutrono verso la fotografia a colori, nascono dal fatto che non pensano al colore in termini di forma. A colori si possono esprimere certe cose che non possono essere dette in bianco e nero”. Sei d’accordo? Il bianco e nero per me è un linguaggio silenzioso, riservato, a parte. Nelle foto a colori in genere mi riesce più difficile trovare “poesia”. Se il tuo telefonino potesse parlare? Sorrido… Tutto è iniziato da lì infatti! Due anni fa , col mio piccolo Acer minilquid… è stato bello scoprire quello strumento “fotocamera” che mi ha aperto un nuovo mondo, quello del fotografare. Che macchina fotografica usi adesso? L’anno scorso un mio amico mi ha fatto un regalo grandioso: mi ha regalato una macchina fotografica vera! La mia prima ed unica (ad oggi) macchina fotografica: una bellissma Fuji X10. Vogue ha premiato alcune tue foto vero? Ho un portfolio su Photovogue con varie foto che loro selezionano. Una di queste è stata foto del giorno di Photovogue, una foto selezionata tra decine e decine di foto bellissime che sono inviate da fotografi di tutto il mondo. Altri riconoscimenti? Un paio di foto in una galleria di Roma. Galleria Gallerati, specializzata in arte fotografica. Sino al 31 Marzo i tuoi scatti (bellissimi aggiungo), sono in mostra al Galleria/ Museo Nuova Era di Bari, dove tu racconti le ‘intermittenze del cuore’. Spiegaci meglio. Cosa sono per te corpo, mente e cuore, tre indipendenti o un insieme da esplorare? Tutt’uno. Indipendenti. Interdipendenti. Autonome. Complici. Avversarie. A volte equilibrate. Per il tuo futuro hai altri progetti? Più che progetti al momento sono forti desideri e speranze: spero di portare la mia mostra “senza distanza” a Roma, ma soprattutto fuori dall’Italia. Si, mi piacerebbe davvero moltissimo. Qual è il tuo messaggio a chi entra nel tuo mondo? Un sorriso.