Sara Vannelli con il titolo Dovevo dirtelo (ed. La Gru) ha pubblicato la sua ultima raccolta di racconti mettendosi a nudo.
La terza, in quattro anni. L’autrice è Sara Vannelli, romana, classe 1979.
Scrittice e autrice, Sara Vannelli, romana, classe 1979. scava dentro i suoi personaggi fino a farli esplodere.
Sara, di cosa parlano i tuoi racconti, o meglio, quale tema cruciale li lega fra di loro?
I miei racconti cercano di fotografare alcuni momenti particolari della nostra realtà, tenendo sempre un faro acceso sulle varie dinamiche sociali che fanno da sfondo alle storie.
Cerco di raccontare la nostra contemporaneità attraverso storie tanto intime quanto universali. Ciò che le lega in “Dovevo dirtelo”, è l’esigenza da parte di tutti i personaggi di mettersi a nudo, di fare i conti con la propria vita, di raccontarsi per quello che sono. Volendo o non volendo molti dei personaggi arrivano ad esplodere, emerge sempre un grande bisogno di comunicazione e di movimento.
Da dove nasce questo bisogno di mettersi a nudo?
La realtà in cui viviamo, soprattutto quella della nostra generazione, è terribilmente superficiale, abbastanza ipocrita e parecchio sovrastrutturata. Troppo dedita al Dio-immagine e quindi predestinata a soffocare le unicità delle persone. Se c’è un’omologazione delle culture, allora ci sarà anche delle persone e delle loro identità. Diciamo che i miei sono personaggi che in qualche modo si ribellano a tutto questo, vogliono andare oltre.
I tuoi sono anche meno che racconti, hanno piuttosto la consistenza del frammento. Quella del frammento è forse una condizione esistenziale che tu riporti in letteratura?
Sì il tentativo è un po’ quello, a me piace cogliere l’attimo, zoommare su qualcosa di unico, di speciale, qualcosa che ci sta succedendo e che può stravolgere tutto. Ecco, io amo rendere eterno quell’attimo. Poi ciò che è frammento diventa scheggia impazzita, è inevitabile.
Mi piace assistere a questa trasformazione, perché le schegge impazzite, come le persone, ti entrano dentro.
Un po’ come la tua punteggiatura? Anche quella è una scheggia impazzita nei tuoi testi?
(L’autrice ride).
Beh sì, anche la punteggiatura può diventare tagliente o rimbombante, ma secondo me la punteggiatura determina più il ritmo.
Questo ultimo libro è stato concepito prevalentemente a Berlino. Ti influenza, il luogo dove scrivi?
Sì, assolutamente, le storie che racconto sono tutte direttamente collegate a esperienze che faccio, alle persone che incontro, a ciò che vedo o che ascolto e che mi colpisce particolarmente. Un luogo è fortemente caratterizzato da chi lo vive e da chi l’ha vissuto. Rappresenta una cultura, una lingua diversa, sapori, colori e odori che ti fanno conoscere aspetti della vita completamente nuovi. Tutto ciò merita di essere raccontato. Poi Berlino è la regina del melting pot, della creatività e della sperimentazione. Attira a sé le sfumature più varie e contraddittorie dell’animo umano. È giovane e intraprendente, capace di saper fondere esigenze e identità diverse. È stata una musa decisamente fantastica, tuttora povera ma sexy. E se ne vedono di cose strane da quelle parti…
Tu scrivi in molte direzioni: narrativa, teatro, testi musicali, cinema. Ti senti autrice più che scrittrice? E come stanno in relazione le tue diverse “creature”?
Autrice o scrittrice… credo che per me non faccia una grande differenza. Quello che fa la differenza è arrivare con una scrittura di qualità, che sappia raccontare ed emozionare, che sia originale e che riesca a far riflettere. Non è semplice, certo. A me poi piace giocare tanto con le parole, spaziare dalla narrativa al teatro, dalla poesia al corto cortissimo, dal monologo al dialogo, passare dalla prima alla terza persona. E poi ricominciare. Credo che ogni storia abbia un suo ritmo, un suo linguaggio. Bisogna prima spogliarle e poi vestirle con abiti diversi. Questa è una delle cose più belle del mondo. Credo che le diverse forme di scrittura si ispirino a vicenda. Si respirino a vicenda. Io cerco di esplorare e affacciarmi verso forme nuove, magari più legate le une all’altre. Negli anni 90 ricordo di essermi innamorata dei futuristi, di questa loro anarchia creativa, rivoluzione grafica e concettuale. Chissà che non torneremo in quel futuro…
Tu hai anche studiato Cinema..
Sì ho studiato all’Istituto per la Cinematografia e Televisione “Roberto Rossellini”, ho fatto diversi corti e per lavoro alcuni documentari. Sono sempre aperta a progetti cinematografici, ma mi interessano quelli più originali e stimolanti. Uno dei commenti che mi viene fatto più spesso è che i miei racconti sono fortemente visivi e molto cinematografici. Vedremo, chissà. Io prediligo senz’altro la letteratura ma devo ammettere che il teatro è un universo imprescindibile. Diciamo che il teatro è la casa in cui vorrei scrivere i miei libri. Proprio ora, dal 16 al 18 Maggio, debutteremo a Roma al teatro Furio Camillo con un mio nuovo spettacolo teatrale, “Se nasce femmina…” con la regia di Andreas Plithakis. E’ liberamente tratto dai miei libri e particolarmente immerso nell’animo del mondo femminile. Sono storie di donne che si alternano, dall’amore alla violenza, dalla superficialità alla forza, ma anche il sogno e la speranza. Sono 7 scene ambientate ognuna in un appartamento. La notizia incredibile è che ci hanno appena selezionati per partecipare al FRINGE FESTIVAL che si terrà quest’estate a Roma. Ne siamo estremamente felici. Quella che presenteremo al Fringe è una versione ridotta dello spettacolo, dato che da regolamento gli spettacoli non possono superare i 50 minuti. Il Cast poi è favoloso, vi aspetto tutti!
Qual è stato il tuo percorso per diventare scrittrice? Hai seguito corsi, frequentato scuole e quanto hanno aggiunto ad una passione che hai coltivato sin da bambina?
Avendo avuto da sempre questa forte passione per la scrittura, quando mi sono diplomata (e dopo aver letto una serie di libri a tema), ho cercato di esplorare dal di dentro il mondo della scrittura creativa, avevo bisogno di capirne le sfumature, le sue strutture, trovare qualcosa di più contestualizzato. Nella mia sregolatezza ho voluto sempre confrontarmi con quella che poteva essere considerata una scrittura di qualità. A vent’anni ho frequentato un biennio alla scuola OMERO (credo sia la prima scuola di scrittura creativa in Italia), poi ho seguito un semestre al Centro Studi Americani e un corso alla Casa delle Letterature (quest’ultimo con Lidia Ravera, dove ho avuto il piacere di incontrarla). Queste esperienze sono state tutte determinanti, ho avuto il piacere di conoscere alcuni degli scrittori più importanti leggendo, analizzando e lavorando su alcuni estratti dei loro romanzi o delle loro raccolte. Storie formidabili… In quei corsi poi ho scritto moltissimo, sono delle palestre importanti che consiglio a tutti di frequentare. Nel 2001 ho vinto uno stage alla Scuola Holden di Baricco, a Torino. Lì dalla letteratura al cinema ti imbatti in personaggi che hanno quel qualcosa che può illuminarti, e se stai cercando delle risposte prima o poi le trovi.
Quanto difficile è trovare un editore in Italia e quali sono le occasioni per un autore esordiente?
È impossibile! No dai scherzo.
Per un autore esordiente è complicatissimo… non solo perché ci sono centinaia di case editrici in Italia, ma perché viaggiano su canali inarrivabili, vuoi per questioni di Mercato o di linea editoriale. In Italia ci sono molti più scrittori che lettori, per una casa editrice riuscire a leggere e a valutare tutti i manoscritti che le arrivano è un’impresa piuttosto ardua. Gli editori poi non sono in grado di poter sostenere un mercato così in crisi, è difficile riuscire a stare in piedi. Un editore indipendente poi lotta tutti i giorni con le Grandi che controllano tutto, dalla pubblicazione alla distribuzione, pubblicità compresa.
Per un autore trovare una casa editrice seria e credibile è come vincere al Lotto, ma ce ne sono, eccome. Bisogna scavare nel marasma melmoso delle Rete e documentarsi. Ci sono delle realtà di ottima qualità, e poi attraverso forum o concorsi ci si può far conoscere. Diverse case editrici hanno uno sguardo sempre vivo sui nuovi autori.
È chiaro che trovare un grande Editore significa, potenzialmente, arrivare nelle mani di molte più persone…
Quindi ci sono delle possibilità per un autore esordiente?
Sì, la cosa importante però è non cadere nelle trappole di certi finti editori, che costringono gli autori a comprarsi centinaia di copie pur di ottenere la pubblicazione. L’editoria a pagamento è uno scandalo, non c’è selezione, editing, alcuna attenzione verso gli autori. Sono stampatori di libri che nemmeno leggono quello che pubblicano. Bisogna essere attenti e non farsi fregare.
Non è un caso che il self-publishing stia avendo così tanto successo, oggi praticamente a costo zero si può pubblicare un proprio lavoro con tanto di codice ISBN, venderlo e promuoverlo online. Sia in versione e-book che cartacea. Ci sono soluzioni altamente sostenibili e poi la stampa è on demand, quindi abbattendo di non poco i costi, si può stampare una copia per ogni singola richiesta. Insomma, può essere una valida alternativa.
C’è da dire però che la vita di un libro non finisce con la pubblicazione, ma comincia con essa. Quindi è sempre importante avere alle spalle qualcuno che creda in noi e che, con la nostra complicità, sappia fare la differenza.
3 commenti
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