di Rita Cugola
Il senso che ogni paese dà alla cultura è diverso. C’è chi rischia la vita per studiare
Ancora nessuna notizia positiva in merito alle oltre 200 ragazzine nigeriane rapite ad opera degli integralisti di Boko Haram nella notte del 15 aprile scorso nel dormitorio dell’istituto scolastico che frequentavano.
La sorte delle studentesse – tutte di età compresa tra i 12 e i 18 anni – è sempre nelle nelle mani del famigerato gruppo terrorista legato ad Al Qaida il cui leader indiscusso, Abubakar Shekau, non sembra affatto disposto, per il momento almeno, a indulgenze o trattative per la loro liberazione come invece in un primo tempo si era creduto e sperato.
A Chibok, teatro dell’improvvisa aggressione, restano i muri spogli, le aule vuote e i laboratori inutilizzati di quello che fino a qualche mese fa era l’orgoglio locale: la Scuola Superiore Femminile, che insieme al diploma rilasciava alle iscritte anche un valido passaporto per una prospettiva di esistenza forse migliore.
In un paese dove una schiacciante mentalità patriarcale soffoca qualsiasi aspirazione, alle donne non vengono infatti concesse alternative al matrimonio precoce o forzato. Il passaggio dall’autorità paterna a quella maritale, per una femmina, è d’obbligo; non c’è spazio per i sogni di autorealizzazione professionale e sociale o addirittura politica. Una bimba che nasce, quindi, non potrà mai stabilire il corso del proprio destino in quanto altri l’avranno già scritto per lei. A meno che non le venga offerta l’opportunità di studiare, però.
In Nigera infatti il tasso di analfabetismo, in particolar modo femminile, rimane purtroppo altissimo e ciò non contribuisce certo ad evolvere quel sacro concetto di sè che ogni essere umano dovrebbe riuscire a elaborare. In tal senso la cultura può sicuramente fornire le risorse adatte per tentare di varcare confini ritenuti irraggiungibili e magari, in seguito, avviare il lento processo di emancipazione e di affermazione individuale così indispensabile per conseguire l’uguaglianza giuridica.
Tutto questo è ovvio, per noi. Se paragonata a quella occidentale la situazione delle donne nigeriane (nonchè di molti altri paesi africani, mediorientali e asiatici) appare quasi paradossale. Nondimeno, sondando più profondamente la realtà, analizzando i fatti con neutralità e senza pregiudizi emergono elementi a dir poco emblematici che rischiano di rimettere in discussione la tanto decantata superiorità dell’Occidente.
In Italia, ad esempio, ben poche sono le ragazze che rinunciano agli studi ma molte di loro frequentano la scuola per obbligo, per noia, per consuetudine, “perchè così si fa” o “perchè gli altri lo fanno”. Senza contare poi ciò che è avvenuto (e che senz’altro continua ad accadere, nonostante sull’argomento sia calato il silenzio) nei bagni di alcuni istituti superiori
(e non solo): tristi episodi di mercificazione di corpi acerbi in cambio di squallide ricariche telefoniche o dell’ultimo modello di cellulare o del capo d’abbigliamento griffato.
Lungi dal voler generalizzare comportamenti al limite della superficialità e dell’incoscienza da parte di singole adolescenti, va comunque sottolineato che simili vicende non potrebbero mai destare l’indignazione pubblica in paesi dove le ragazze sono disposte a rischiare anche la vita per andare a scuola.
Quelle che hanno il coraggio di sfidare il regime di turno contravvenendo all’ordine di rimanere chiuse in casa, infatti, sono fortemente motivate da uno strenuo desiderio di riscatto etico e personale, hanno davvero voglia di apprendere per liberarsi dal fardello dei soprusi e delle vessaziuoni che implica l’ignoranza in tutte le sue manifestazioni.
Qui, al contrario, tutto è troppo scontato per essere ancora valorizzato nel giusto modo. Come recita un vecchio proverbio: “chi ha il pane non ha i denti”. E’ la maledetta legge dell’uomo, che toglie a chi non ha e regala a chi già possiede.
Forse è colpa di noi adulti, che abbiamo elargito largamente e indiscriminatamente, in totale assenza di riflessioni adeguate e probabilmente per evitare sensi di colpa. Così facendo abbiamo privato le nuove generazioni della facoltà di apprezzare le agevolazioni della loro esistenza.
E proprio su questa base dovrebbe essere edificato un futuro diverso per tutti, in cui nulla abbia la parvenza di un diritto acquisito e inalienabile ma si trasformi al contrario in una conquista da assaporare giorno dopo giorno.
Non ultima quella della parità di genere, naturalmente. Una parità che per quanto molti ritengano attuata in vari aspetti, non cesserà di costituire un miraggio fino a quando le donne in primis non avranno capito che le cartemigliori sono ancora tutte da giocare collettivamente al tavolo verde della vita.
1 commento
Nella cultura occidentale la “parità di genere” riconosce ad entrambi i sessi la libertà di espressione e di uguali opportunità.
In un paese dove l’espressione: “parità di genere” non si sa neanche cosa significhi, come può la comunità internazionale di fronte ad una notizia di rapimento di minorenni nigeriane stare a guardare senza la giusta mobilitazione a favore di tali incresciose vicende?
La cultura appoggia e supporta la condizione femminile ma come si può stare a guardare se questo diritto viene negato a prescindere?