Sin dalla più tenera età (dalla scuola materna alle elementari) si può rischiare di favorire l’esclusione sociale.
“IL DOLCE SARA’ SERVITO SOLO A CHI PUO’ PERMETTERSELO”, OVVERO: COME FAVORIRE L’ESCUSIONE SOCIALE FIN DALLA TENERA ETA’
A Pomezia, nelle mense scolastiche verranno serviti due menù ai bambini nella fascia 0-10: se paghi, potrai avere in più il dolce. Guardando quanto pubblicato sui giornali negli ultimi tempi, possiamo rilevare che diversi comuni stanno proponendo menù differenziati in base al costo e – se i genitori non possono permettersi di pagare la retta per la mensa – ai bambini non viene dato il pasto (mangeranno quello che a casa possono metter loro in cartella).
Non sono un’esperta di settore, ma come madre ho sempre partecipato – quando i miei figli erano in età – ai vari comitati di gestione, incontri scuola-genitori, ed ogni forma di partecipazione attiva destinata alle mamme ed ai papà. Generalmente nella mia regione i genitori partecipano attivamente, soprattutto nel periodo del nido e delle materne, non tanto perchè dopo si disinteressino dei figli grandi, ma solo perchè è nella fascia 0-6 che sono presenti momenti di così attiva partecipazione.
Ho sempre condiviso, con gli altri genitori, che la scuola – non solo nella fase pre-scolare -non debba sottolineare le differenze sociali tra famiglie, ma operare verso la massima inclusione sociale. E per quanto riguarda il pasto a scuola, pur lottando per gli alimenti biologici e per una sempre migliore qualità, penso di poter affermare che fosse sentire comune quella di vederlo come uno strumento utile anche a fornire un contributo per una corretta alimentazione.
Il recente rapporto di Save the Children sulle mense scolastiche italiane evidenzia come “la mensa scolastica non sia uguale per tutti”. In 36 comuni presi in esame, dal nord al sud d’Italia, i servizi di refezione delle scuole primarie regolano diversamente tariffe, eventuali esenzioni e riduzioni e reazioni di fronte ai casi di morosità.
Vigevano, Brescia e Campobasso registrano le prassi peggiori: le rette più alte, nessuna esenzione alle famiglie in difficoltà, esclusione immediata dei piccoli dalla mensa in caso di morosità dei genitori. “La presenza della mensa a scuola concorre a garantire un’adeguata offerta di servizi e opportunità formative per bambine e bambini”, per questa ragione Save the Children ha incluso nell’Indice di Povertà Educativa (IPE) il monitoraggio delle mense scolastiche.
Tra i dati più significativi del rapporto: a Vigevano, Brescia, Adro, Trento, Padova, Parma, Campobasso, Salerno e Palermo non sono previste esenzioni dal pagamento della quota di contribuzione al servizio mensa, anche in presenza di redditi bassi o situazioni di disagio per le famiglie non in carico ai servizi.
Non sono omogenei né i criteri né le soglie di accesso alle esenzioni, là dove esistono. Alcuni comuni prevedono esenzioni dal pagamento per le famiglie particolarmente svantaggiate, in cui sia sopravvenuta disoccupazione (Genova, Bari, Cagliari ad esempio), mentre altri comuni esonerano solo i minori segnalati dai servizi sociali. Verona, Reggio Emilia, Vigevano, Brescia, Genova, Napoli, Perugia, Torino, Aosta, Udine, catania e Sassari esonerano i minori segnalati dai servizi sociali, a Genova sono esenti anche i figli di rifugiati o di famiglie particolarmente numerose, così come a Verona, Ancona e Bari. A Lecce non pagano la mensa i bambini rom, al fine di garantirne l’integrazione. Rispetto la contribuzione, il range va da 5 euro al mese di Napoli ai 72 euro di Vigevano. Complessivamente (eccezion fatta per Udine), l’incremento del costo rispetto l’anno precedente è del 15%.
E rispetto l’esclusione, le cattive prassi evidenziano come a Crotone ad esempio i bambini siano costretti a scegliere di consumare il panino portato da casa in aula da soli o lasciare l’edificio! Ciò amplifica la percezione dei divari sociali e il senso di esclusione.
Sono convinta che la mensa scolastica debba essere un diritto di base garantito a bambine e bambini, secondo standard di qualità certificati. Il pasto è un momento importante di socializzazione, di educazione alimentare, di inclusione sociale. Garantisce un pasto completo ed equilibrato una volta al giorno, importantissimo soprattutto a fronte della crescente difficoltà di molte famiglie, permette l’apertura delle scuole e il contrasto alla dispersione scolastica.
Di fronte a queste diversità, delle quali siamo informati sia dal rapporto di Save the Children sia dagli articoli di cronaca, la domanda che emerge spontanea è se, dal momento che tutti i minori sono titolari degli stessi diritti, il criterio di residenza non rappresenti un vero e proprio fattore di discriminazione.
E a chi mi dice “è il mercato, bellezza!”, vorrei chiedere quanto ci costerà riparare ai danni che una crescente esclusione sociale ci porterà.