Grazia Deledda nacque a Nuoro il 27 settembre del 1871 da una famiglia colta e agiata. Il libro e la scrittura rappresentarono per lei, autodidatta, una possibilità di fuoriuscita da un mondo per lei troppo angusto e limitato: «…Anche leggendo già di nascosto i libri del fratello maggiore, e quelli che esistevano in casa, pensava a una vita lontana, diversa dalla sua, e che pure le sembrava di aver un giorno conosciuto…» (Grazia Deledda, Cosima).
La “piccola ragazza di provincia” iniziò a pubblicare racconti in riviste sarde e d’oltremare, spesso sotto pseudonimo, raccontando un microcosmo antropologicamente connotato e sfidando, non di rado, il pre-giudizio della sua gente, compensato tuttavia dall’enorme successo di pubblico e di critica in ambito nazionale ed europeo, tanto da vedere tradotti i suoi testi in diverse lingue, fino al conseguimento come prima donna italiana del meritato Premio Nobel per la Letteratura nel 1926. L’episodio precedente della sua prima candidatura al femminile alle politiche nel 1909, proposta da parte di un gruppo d’intellettuali, in un’epoca in cui l’Italia era ancora profondamente anti-suffragista, offre la misura dell’importanza culturale e della popolarità raggiunta da questa donna sarda in ambito nazionale.La scrittura della Deledda ha avuto una particolare sensibilità verso la rappresentazione e la destinazione al femminile: «…Il libro invece ebbe un successo femminile: lo lessero le fanciulle, e vi si ritrovarono, coi loro amori più libreschi che reali, coi loro convegni notturni immaginari, con le loro finte ali di struzzo che non possono volare…» (Grazia Deledda, Cosima). Infatti, come dimenticare l’imponenza e la drammaticità delle Dame Pintor, di Annesa, di Olì o di Agnese, nella loro rappresentazione di donne segnate da un destino ineluttabile, peccatrici di hybris, amanti appassionate, ribelli cadute, pie d’una religiosità primitiva, ree in espiazione, figure rassegnate al cambiamento umano, sociale, economico, morale e spirituale a loro dettato dalla sorte. I suoi personaggi e i loro valori, così immersi nell’isola delle origini, sono stati percepiti come archetipi e letti metaforicamente nella loro universalità: «Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano» (Motivazione del Premio Nobel per la letteratura).
Difficile classificare un’autrice come la Deledda semplicemente come regionale, verista o decadente: si tratta di una narratrice originale, seppur pervasa delle istanze letterarie orali e scritte a lei precedenti e contemporanee, sia locali, che italiane e straniere. Perfino la lingua della Deledda si caratterizza per la sua peculiarità, mostrando un italiano letterario regionale, figlio di una condizione di bilinguismo e diglossia, quale emerge dalle forme espressive e mimetiche contenute nel discorso diretto o nel corsivo delle sue pagine.
Il nome della Deledda in queste ultime settimane ritorna alla ribalta in Sardegna nella proposta, fatta da Dino Manca della Commissione lingua e cultura sarda dell’Università di Sassari, d’intitolare proprio a questa feconda scrittrice sarda e italiana, di fama mondiale, la nuova Biblioteca Universitaria di Sassari, un’istituzione importante, che conserva in varie forme manoscritte, dattiloscritte, librarie e digitali, il sapere passato, presente e futuro, e che custodisce tra l’altro alcuni dei suoi manoscritti, come quelli de L’edera e de Il ritorno del figlio.
Fino ad oggi il suo nome è ricordato, oltre che nell’odonomastica, solo in quelli di piccole biblioteche locali e comunali della Sardegna e d’Italia, che andando oltre le logiche memoriali dell’appartenenza strettamente territoriale, rievocano l’importanza culturale e storico-letteraria di questa donna, che seppe stare dentro e oltre l’isola, con la sua passione narrativa e la sua moderna mobilità, creando una poesia di respiro locale e universale insieme.
Intitolarle oggi una grande istituzione bibliotecaria della Sardegna, significa riconoscerle il ruolo di donna simbolo della cultura sarda e italiana, che ha infranto, attraverso il libro, le barriere imposte dalla geografia, dalla cronologia e dalla condizione di genere, leggendo e scrivendo parole destinate a essere conservate per sempre proprio in tali teche del sapere, oltre che nella memoria di tutti noi.
La petizione a favore dell’intitolazione della Biblioteca Universitaria di Sassari a Grazia Deledda (competenza del Ministero dei Beni Culturali) si chiude lunedì mattina.
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