Roberta Amadeo, malata di SM, non si è mai fermata nella sua corsa
Roberta Amadeo presidentessa AISM, nata a Sondrio, quarantaquattrenne, architetto e sportiva ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo da quando le è stata diagnosticata la SM. E’ un raro esempio di forza e coraggio che dovrebbe essere di esempio a tutti noi.
Ci racconti di te?
Dopo la diagnosi di SM nel 1992 nulla di quanto ho pianificato per il mio futuro ha subito variazioni sostanziali: la facoltà di architettura, con tutte le sue barriere che prima “saltavo allegramente”, ha seguito il suo corso, il lavoro che per il momento avevo accantonato era lì ad aspettarmi… Sì, il lavoro …non riesco a pensare alla mia vita priva di questa linfa vitale che mi fa vivere oltre me stessa, che mi fa dare il meglio di me, che mi fa salire su quella ”giostra della voglia di fare per esserci”.
Una dimensione dove anche un architetto su una sedia a rotelle può trovare il suo spazio se non si sente a “mezzo servizio” perché è “tagliato fuori dal cantiere”…
Una dimensione dove ogni sforzo, ogni sacrificio ha un valore talmente grande che quasi non sento la fatica…
Una dimensione dove ogni giorno è una sfida a me stessa, al contesto e perché no, anche ai miei limiti..
Limiti ai quali mi adeguo per non subirli ma che non mi impongono scelte obbligate.
Sei sempre stata una sportiva, prima hai esercitato judo e adesso handbike. Lo sport ti serve a gettare il cuore oltre l’ostacolo? O è semplicemente un modo per ‘’muoversi’’ e muovere membra e pensieri?
Sport che per anni mi ha accompagnato nei pensieri perché era vietatissimo alle persone con SM.
Perché? Perché si pensava che comportasse uno sforzo eccessivo per un fisico già debilitato..
Oggi, invece, gli studi dimostrano ben altro perché lo sport rilascia endorfine che hanno effetti positivi sull’umore, ma anche sulla forza muscolare e migliora la resistenza e quando la gestione della stanchezza, sintomo diffuso tra le persone con SM. Inoltre lo sport aiuta a contrastare la sedentarietà, che spesso contribuisce a peggiorare i sintomi della malattia stessa.
Il vento è girato e mi sono buttata anch’io.
Se qualche anno fa scrivevo così:
“Lo sport è sempre stata la mia passione. Sono stata campionessa di judo e amavo girare con la mia bicicletta da corsa. Dico amavo non perché la passione vera, quella che viene dal cuore, sia venuta meno ma perché, dall’ormai lontano 1992, le mie gambe non reggono più…”
Oggi, scrivo così:
“Lo sport è la mia passione e continuo a praticarlo con entusiasmo”.
Non mi sono fermata davanti al pensiero facile di chi non perde le sfide perché non le gioca, ho imparato conoscere bene il mio limite, scoprire in quali situazioni posso superarlo e sono partita.
Dopo mesi di allenamento, sul podio a Paternò al Campionato Italiano Assoluto 2011 di ciclismo ho alzato la coppa più importante della mia vita non perché fosse quella del primo classificato ma perché mi sono riconquistata tutte le sensazioni che provavo quando mi “accomodavo sulla sella”: libertà, determinazione, voglia di misurarsi e superarsi.
E’ bastato aprire la visione, vedere le cose in modo diverso, non pensare che andare in bici sia solo pedalare con i piedi.
Perché l’handbike?
Per la sensazione di libertà che fa assaporare.
Per la velocità che si scontra con la sedentarietà che spesso si è costretti a vivere.
Per le “pari opportunità” che offre il “mezzo” che si scontrano con la solitudine che troppe volte per qualcuno è la compagna fissa.
Per il gruppo e la coesione tra gli atleti che diventano amici, consiglieri e “asticelle di riferimento” per arrivare a superarci.
Per la capacità di trasformare una smorfia di affaticamento in un sorriso sereno!
Perché corro?
Per crescere,misurarmi e vincere …
La pigrizia.
Il limite.
La gara.
Maglie tricolore, maglia rosa e maglia gialla il “bottino” di questi anni.
Sì, i sogni si possono avverare.
Correre con queste maglie è qualcosa di speciale.
Ancora di più se in mezzo ci metti qualche “sgambetto programmato dal destino” e lo fai diventare grinta pura.
Il 2012 è stato un anno contrastato, a tratti sereno, a tratti difficile, a tratti quasi impossibile da sopportare.
Ma sono una di quelle che riesce a dare il meglio di sè quando sembra andare tutto a rotoli.
Anche un infortunio al piede, che mi ha costretto al gesso, ha provato a fermarmi ma senza successo.
Ecco come sono riuscita a trasformare i sogni in realtà: stringendo i denti, credendoci.
Sempre e nonostante tutto.
Tagliare il traguardo è una sensazione unica, farlo per prima è specialmente unica.
Nella volata, poi, l’apoteosi. Energia pura, sana grinta e competizione massima. Prima con me stessa, poi con gli altri.
Un concentrato di adrenalina che annulla ogni sforzo, che ti fa alzare le braccia al cielo, che ti fa gridare il “Si” forte e deciso di chi sa di aver centrato l’obiettivo, che ti fa volare.
Sì, volare alto, che più alto non si può.
Tre ruote e due braccia non bastano. Testa e cuore non possono mancare.
Ecco il mix che fa esplodere tutta la grinta e l’energia che ti senti addosso e che non puoi far altro che tirare fuori senza risparmio, che ti dà quella “marcia
in più” che ti fa fare la differenza, che ti fa arrivare sempre davanti a te stessa nelle gare come nella vita.
Ricordo la prima tappa del Giro d’Italia Handbike a Marina di Massa, una cronometro particolarmente corta da affrontare tutta cuore, grinta e determinazione perchè le braccia ancora non c’erano. Così è stato e sono bastati 10 secondi per colorare di rosa l’inizio di stagione. Straordinarie anche le vittorie al Campionato Italiano tra salite che mi hanno risucchiato ogni minima riserva di energia e discese da brivido.
Ogni tappa è una sfida da vivere sempre al massimo, ogni traguardo un passo avanti. La vittoria finale un momento unico che voglio condividere con tutte le persone con Sclerosi Multipla. Quelle che ho conosciuto personalmente ad ogni tappa e quelle che mi hanno seguito a distanza, quelle che già hanno accolto la sfida e quelle che la accoglieranno in futuro.
Queste vittorie vogliono gridare al mondo che ci siamo anche noi, persone con SM, a giocarcela.
E per chi non potrà mai salire su una bici … pedalo io!
Ogni anno sono circa 25 le gare che entrano nel mio prezioso cassetto dei ricordi che, con salite al limite delle mie possibilità, lotte contro il cronometro e volate al cardiopalma vinte al fotofinish saranno a disposizione quando la Sclerosi Multipla deciderà, di “farmi riposare” un po’.
Ma non sarà facile perché ho ancora tante volate da provare a vincere.
Prima fra tutte proprio quella contro la SM.
C’è qualcosa che ti rattrista maggiormente della sua attuale condizione? Non pensi mai:,un tempo…..oppure se non fossi in questa condizione potrei…
Diciamo che mi concentro sulla modalità con cui posso arrivare a farlo.
Certo, presuppone la conoscenza dei propri limiti, un discreto ingegno, in qualche caso una buona dose di coraggio e il desiderio di provarci.
Così sono riuscita a raggiungere rifugi in alta montagna con l’ausilio di Jeep su sentieri impossibili, ho partecipato alla raccolta dei kiwi con un sistema artigianale ma sicuro che mi portava in quota e molto altro.
Intorno a te ha trovato più solidarietà o pietismo?
Sicuramente solidarietà anche perché non sono compatibile con atteggiamenti pietistici e forse nemmeno li suscito.
Mi mettono in difficoltà i muri di gomma, che incontro in chi non crede nelle risorse delle persone con SM o nelle stesse persone con SM quando si rassegnano, pensano di non essere all’altezza di dare il proprio contributo. E mi crea veramente problema una certa cultura che la butta sul pietismo, che dà un’immagine distorta delle persone con SM e invece di puntare sulle nostre risorse enfatizza i nostri limiti, ci fa sentire persone da compatire, magari da coccolare, ma lasciandoci in un ruolo passivo.
Le barriere architettoniche. Alla conferenza appena conclusasi allo spazio Oberdan hai affermato che è la non accessibilità a farci sentire disabili.
Ritieni che la gente ‘’normale’’ per capire cosa voglia dire una ”barriera architettonica” debba provarlo personalmente? O basterebbe una maggiore sensibilità al tema?
Sarebbe sufficiente imparare a includere la disabilità nella realtà di tutti i giorni e fare qualche “esercizio” con la mente provando a riflettere sulle possibili soluzioni e il “gioco è fatto”.
Se sono nelle condizioni di dover apportare “correttivi manuali” è evidente che l’accessibilità è compromessa e di conseguenza l’autonomia è negata.
Ogni tanto uso un esempio banale ma efficace proponendo di visualizzare una scala con gradini con alzate di 1 mt. e di immaginarsi a superarla. Solitamente funziona.
L’associazione AISM che presiedi dal 2007 con due mandati successivi, ha avuto un grande impulso dalla tua attività. Non ultima la carta dei diritti dei malati di SM. Ce ne vuoi parlare?
La carta dei diritti si apre con questo virgolettato:
«Si è presentata lanciando il sasso e nascondendo la mano ma centrandomi in pieno. Perché mi ha portato a rinunce importanti. Perché prima di “dichiararsi” mi ha fatto un sacco di sgambetti. Perché si è nascosta dietro nomi diversi: nevrassite, malattia demielinizzante,… Perché quando è arrivata “sul serio” non ha fatto sconti. Ed ho scoperto così, quel giorno e in quel modo, che non sarei mai più tornata indietro! Ma io ho la SM, non sono la SM. E porto avanti con determinazione il mio progetto di vita.»
E continua:
Questo è solo uno dei tanti vissuti di persone con SM.
Ognuna con la sua storia di disperazione e di coraggio, tutte diverse ma tutte uguali nella diagnosi.
Storie che troppo spesso iniziano presto, uniche nell’esordio e nell’evoluzione: ora benigna ora aggressiva, a volte particolarmente difficile da sopportare.
Diversa da persona a persona ma anche di giorno in giorno: ecco cosa si cela dietro termini come cronica, imprevedibile ed evolutiva.
Termini che nascondono bisogni che non sono desideri ma necessità vere, capaci di generare dal malcontento alla frustrazione e di condizionare esistenze già messe alla prova.
Termini che risuonano come una sentenza se non abbiamo a disposizione strumenti per provare ad affrontarli.
La carta dei diritti è lo strumento attraverso cui chiunque, coinvolto dalla SM, può riconoscere i propri diritti ed agirli al fine di mettere in atto tutte quelle strategie che servono a superare gli ostacoli quotidiani e per dare il meglio di sé….”
Ecco allora che concetti come centralità, accesso, inclusione, qualità della vita, autodeterminazione, personalizzazione, progettualità, prendono una forma ed una forza nuova passando dal piano dei valori al piano dei diritti. Dal livello dell’ideale e dell’astratto alla pratica ed alla quotidianità del concreto. Dall’enunciazione, alla affermazione e tutela.
Per questo, nasce, per tutte e ciascuna persona con SM nei diversi quadri e fasi di vita, questa Carta dei diritti: per rilanciare la sfida alla SM; per dare una voce forte ed unitaria all’impegno di chi ogni giorno convive con la SM; per conferire una rafforzata identità al Movimento per un mondo libero dalla SM.
La Carta declina e specifica i valori e principi universali rendendoli vivi nella tangibilità reale della condizione della persona con SM e per questo attuali ed urgenti.
La Carta delinea gli indirizzi e le linee su cui costruire l’Agenda degli anni a venire per la lotta alla SM, da cui far scaturire programmi e iniziative concreti e di impatto.
La Carta diviene in questo modo lo strumento per aggregare attorno ad ogni persona con SM, tutti i protagonisti della lotta quotidiana alla sclerosi multipla costruendo e consolidando relazioni e alleanze: le stesse persone con SM unite da un vincolo comune di solidarietà, i familiari, i care-givers, i volontari, gli operatori sanitari e sociali, i ricercatori, le Istituzioni, i donatori e sostenitori, la collettività, i media.
Sta uscendo un numero sempre crescente di farmaci che curano la SM, sebbene si siano maggiormente concentrati sulla SM recidivante. Un approccio promettente sembra centrato sulle staminali. E’ tutto fermo per motivi scientifici o culturali?
E se sono questi ultimi come abbatterli?
La sperimentazione sulle staminali finanziate dalla FISM (la nostra Fondazione che si occupa di ricerca scientifica) sta procedendo senza interruzioni da oltre 10 anni.
Abbiamo finanziato la ricerca scientifica italiana in tutti i campi relativi alle cellule staminali interessanti per la SM: mesenchimali, neuronali e ematopoietiche. In questo campo, rispettivamente, Antonio Uccelli dell’Università di Genova, Gianvito Martino della Divisione Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele di Milano e Gianluigi Mancardi dell’Università di Genova, hanno dato contributi fondamentali, riconosciuti dalla ricerca mondiale. Inoltre il Prof. Uccelli, con lo studio sulle cellule mesenchimali, è stato il principale protagonista delle prime ricerche di base, ed è oggi coordinatore della prima ricerca multicentrica internazionale sulla sperimentazione sull’uomo per questa terapia.
Ad oggi non c’è ancora nessuna terapia scientificamente validata che utilizzi le staminali nella SM: la scienza, quella in cui una persona con SM ha il diritto di credere, non ha scorciatoie, non fa miracoli. E quando c’è in ballo la salute, la dignità e persino la vita delle persone, le risposte devono essere non solo efficaci, ma soprattutto sicure.
L’autentico obiettivo e significato della scienza e della ricerca è rispondere alle fondamentali domande delle persone con impegno e rigore scientifico, garantendo soluzioni che valgano per tutti e fino a prova contraria, senza mai deviare dall’imperativo di garantire prima la sicurezza e poi l’efficacia della ricerca e dei suoi esiti e con essa l’inalienabile diritto alla salute.
Quindi nulla è fermo o ha subito battute d’arresto.
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Sottoscrivi anche tu la carta dei diritti dell’AISM