Storia di una partigiana, Clorinda Menguzzato Veglia
di Emily Menguzzato
Attraverso queste strade che prima d’ora ho appena appena sfiorato.
Eppure sento di appartenerci, da sempre.
Qui rivedo Lei.
Lei, suo fratello, la sua amica del cuore, i suoi compagni, il prete. E poi lui, il suo amore.
fotoCastelloTesino_Clorinda_Menguzzato.AuroraDellamaria
Tutti insieme hanno un sogno. Un desiderio che sa di libertà e giustizia. Non hanno paura che si avveri. Ci credono sul serio. Sono pronti a tutto. Ne parlano. Da mesi. Nella fatica, a volte nella fame.
Le due ragazze si sono unite a loro più tardi, prima come staffette poi come partigiane combattenti.
A dire il vero, qualcuno dei ragazzi ha qualche perplessità. “Sono donne!”. Ma i dubbi passano presto e così si rompono i duri schemi della tradizione: in questo sogno sono uguali, uomini e donne.
Mi fermo di fronte a quella che un tempo era la caserma occupata dai nazisti.
Ripenso a ciò che ho letto e rischia di apparirmi come la scena di un film.
Ma non è un film.
I soldati qui dentro sono più di cinquanta. Fuori, quel gruppo di ragazze e ragazzi è pronto per un’azione memorabile. C’è anche Lei.
Non vogliono ferirli, non vogliono ucciderli.
Vogliono dar loro una risposta piena di quello che non conoscono.
Piena di valore, di riconoscimento della dignità esistenziale, di quella dignità congenita insita in ogni essere umano. Per questo non torcono loro un capello. Li disarmano però, questo si, per renderli meno pericolosi. Li fanno salire su una corriera e li portano a una decina di chilometri di distanza. Qui chiedono ai prigionieri di passare dalla loro parte. Dalla parte di chi non crede in un progetto di sopraffazione violento e razzista. Pochi accettano. Chi non accetta viene rimandato in paese a piedi dopo la promessa di non rientrare tra le fila nemiche. Pochi la manterranno.
Questa, penso, non è un’azione militare. E’ una lezione morale, educativa.Risalgo la stradina che porta alla chiesetta della Madonna del Caravaggio.
E’ solo una delle chiese del paese, che da quassù è ancora più bello.
Arroccato in cima alle montagne, con queste case colorate tutte simili e le viuzze strette.
Sono passate poche settimane dalla presa della caserma. Dopo un primo rastrellamento, in cui ha perso la vita il capitano dei partigiani, i nazisti non hanno tardato a riorganizzare un contrattacco. E’ sera e questa volta sono più di cinquecento, inferociti.
Stanno arrivando dalla valle. Lo scopre uno dei ragazzi e corre in centro ad avvisare il prete che, assieme al parroco e alla popolazione, sta celebrando il voto alla Madonna: se il paese verrà risparmiato dalla distruzione, si è deciso, a guerra finita verrà costruito un oratorio. Il giovane sacerdote sveste i paramenti sacri e corre su, verso la chiesetta dove i partigiani si sono dati appuntamento.
Da lì, in cima al paese, tutti insieme guardano giù, verso la valle.
Si, è vero.
I nazisti stanno arrivando con carri e camion. Si vedono accendersi le lucine delle sigarette.
Il tempo per decidere è poco. E loro sono pochi, non possono che fuggire.
Succede tutto in fretta. Decidono di salire ancora più in alto, verso un passo di montagna.
Lei è lì con loro. E c’è anche lui, il suo amore, che sta male. Ha febbre e pleurite, conseguenze di percosse subite mesi prima. Lei decide che non può abbandonarlo. Rimarranno assieme, troveranno un posto più vicino dove nascondersi, gli altri non si preoccupino, vadano pure!
Suo fratello seguirà il gruppo, ma per un attimo è ancora lì: questo è l’ultimo momento in cui si vedranno.Scendo la strada verso la parte bassa del paese.
Lo stesso percorso che hanno fatto loro. Lei e lui.
Ma il nemico passa proprio di là, sullo stesso ponte.
Ecco, avviene la cattura.
Vengono torturati, picchiati per giorni. Nessuno dei due vuole parlare.
Nessuno dei due vuole svelare il nascondiglio dei compagni.
Li dividono. Poi lui muore. Ma Lei non lo sa. La percuotono ma niente, Lei non parla.
Allora parla il capitano delle SS:
“Se le nostre donne fossero state come questa non avremmo certo perso la guerra!”.
“Mi mozzerò la lingua con i denti pur di non parlare”, riesce a rispondere Lei.
E così salva i suoi amici e suo fratello.
Tempo dopo anche l’amica verrà catturata.
Un giorno, i nomi di queste due donne verranno celebrati dal Presidente della Repubblica.
Rimarrà inciso per sempre che sono le due Medaglie d’Oro al Valor Militare femminili più giovani della Resistenza. Ma loro non lo sapranno mai.
Invece io, ora, so com’è andata a finire.
Sono state entrambe massacrate. Lei anche violentata, prima e dopo il suo ultimo respiro.
Risalgo la strada e mi fermo in piazza, da dove parte la via che porta il suo nome. Ce sono anche altre, in altre città.
Lei, Clorinda Menguzzato Veglia, era la sorella di mio nonno Rodolfo Menefrego. Con lui, che quei ricordi se li è tenuti dentro tutta la vita, di questo non ho mai parlato. E’ morto tredici anni fa.
La sua amica era Ancilla Marighetto Ora.
Il suo amore, Gastone Velo Nazzari.
Loro e i compagni, il Battaglione Gherlenda.
Prendo un caffè al bar dell’Oratorio e rimango ancora un po’ qui, a pensare a Lei, a loro.
Settant’anni dopo, a Castello Tesino.
1 commento
conosco le vicende di Veglia e compagni, da molto tempo ormai ma ogni volta mi commuovo e nel contempo mi inorgoglisce sapere che Veglia e Ora sono nella memoria di chi ancora combatte contro i regimi, giovani donne che hanno saputo anticipare i tempi