Uno sguardo rapido alla complessità del mondo arabo odierno consente di individuare due aspetti diversi di quella che sostanzialmente resta una medesima realtà di base: la subordinazione femminile al patriarcato.
Eppure se da un lato (almeno relativamente ai paesi già protagonisti della cosiddetta primavera araba), le donne appaiono votate a un impegno fortemente emancipatorio, dall’altro esiste tuttora una zona grigia di oscurantismo, in cui ogni forma di progresso è bandita e dove l’immobilità temporale sembra essere rimasta l’unica caratteristica dominante.
Si tratta dei territori attualmente caduti sotto il controllo dell’Isis, la ricchissima e potentissima organizzazione fautrice della restaurazione di un’antica istituzione, il califfato.
Iraq, Siria ma non solo: anche in certe zone della Libia il richiamo integralista non rimane inascoltato.
I mujahiddin che ne fanno parte – in pratica coloro che si autoproclamano messaggeri di Allah e che attenendosi a un’interpretazione puramente letterale e personale del Corano si ostinano ad attribuire a una religione di pace connotazioni belliche, devastatrici e sterminatrici – sono tristemente noti per ferocia, crudeltà e intransigenza.
Il mondo intero è il loro nemico e come tale va combattuto e convertito con ogni mezzo alla causa del (falso) islam. Tutti, dunque, dai musulmani stessi (sunniti moderati e sciiti), ai cristiani, agli yazidi, agli ebrei sono i nemici da vincere.
Rigidissimi applicatori della Sharìa, o legge islamica (ovviamente esasperata ad hoc), i guerriglieri dell’Isis intendono insomma condurre una battaglia globale al progresso e alla civiltà.
Il delirio di potere che si evince dall’idea stessa di califfato globale, ipotetico impero dai confini evanescenti o virtuali unito sotto la bandiera nera dell’Islam integralista, non lascia spazio a qualsivoglia forma di diplomazia. Impossibile dialogare con chi non vuole ascoltare ragioni.
Le popolazioni già assoggettate all’Isis hanno perso qualsiasi diritto; le donne in particolare sembrano costrette a vivere in un clima medievale sopravvissuto al trascorrere dei secoli.
L’opinione pubblica si è trovata improvvisamente travolta da un fenomeno del tutto nuovo, in gran parte sconosciuto e perciò ancora più temibile.
I governi occidentali mostrano indecisioni, tentennamenti (alimentati anche e soprattutto dal delicato equilibrio delle alleanze) e non mostrano una seria determinazione in un gioco di morte che mette a rischio la sopravvivenza stessa della civiltà.
Finora non sono stati compiuti passi significativi a favore della resistenza all’avanzata della folle ‘ideologia integralista. L’Isis non è al-Quaeda. Non si propone la distruzione delle economie che hanno reso l’Occidente portatore di supposte nefandezze. Non mira a scatenare una guerra religiosa. Vuole il controllo incondizionato degli stati. Osteggiando i nazionalismi insegue il miraggio di un regno planetario unito in nome di Allah.
Una sorta di “Nuovo Ordine Mondiale” in chiave islamica distorta.
Per diffondere il suo messaggio apocalittico l’Isis ha persino fondato una rivista: Dabiq. Un nome non casuale, del resto. Nel lontano 1516 la regione di Dabiq fu per l’appunto teatro dello scontro decisivo tra Ottomani e Mamelucchi il cui esito, favorevole ai primi, contribuì a consolidare l’ultimo califfato della storia: lo stesso che ora i guerriglieri dell’Isis vorrebbero far rivivere.
Nei territori occupati la resistenza è accanita. Ma nulla sembra poter arrestare l’avanzata sanguinaria dei mujahiddin. Ancora una volta le donne hanno ruoli di rilievo nei combattimenti in corso.
E’ solo di pochi giorni fa la notizia dell’uccisione della ventiquattrenne Avesta, da nove anni in forza tra le file curde del Pkk.
Nota per la sua determinazione ad annientare i sostenitori del califfato, ricordava spesso che i jihadisti dello Stato islamico, in realtà, non sono capaci e infallibili. “Combattono soprattutto da lontano con armi pesanti come mortai e artiglieria”, ripeteva, quasi a voler incoraggiare i suoi compagni di lotta.
Ora Avesta è morta, ma altre come lei sono pronte a emergere.
Se il califfo al-Baghdadi, fondatore dell’Isis, intende avvolgere l’intera umanità nella tetra bandiera dell’integralismo, il mondo ha il sacrosanto dovere di svegliarsi e rispondere alla provocazione. In qualunque modo e con qualsiasi mezzo. Perchè è inammissibile che un manipolo di individui affetti da schizofrenia bellica possa ritenersi in diritto di obbedire ciecamente all’esortazione del versetto che recita testualmente “Il Messaggero di Allah (sallallāhu ‘alayhi wa sallam) disse: Invaderete la penisola arabica e Allah vi consentirà di conquistarla. Invaderete poi la Persia e Allah vi sarà favorevole. Poi sarà la volta di Roma (l’Occidente, ndr) e Allah vi guiderà nella sua conquista (…)” ( Sahīh Muslim)