Il libro di Paola Springhetti è un segno di solidarietà nei confronti di tutte le donne e un invito alla ribellione, nel nome del diritto di essere se stesse.
di Ilaria Dioguardi da da wister.it
Quando si parla di donne non è mai solo di loro che si tratta. Il femminile è sempre una lente attraverso la quale si possono guardare un’intera società, il suo grado di civiltà, le sue contraddizioni. La cosiddetta ‘questione femminile’, vista dall’altra parte della medaglia è sempre – anche – una questione maschile, scrive Vania De Luca, vaticanista di Rainews24 e presidente dell’Ucsi Lazio, nella presentazione del libro di Paola Springhetti “Donna fuori dagli spot. Il diritto di essere se stesse” (Editrice Ave). Già dal titolo si capisce che il punto di partenza è la consapevolezza che c’è bisogno di “donne, vere, libere e fuori dagli spot”.
Basta scorrere i titoli di alcuni paragrafi per capire i contenuti trattati nel libro: da “La casa, un nido di spine” a “Vorrei essere Wonder Woman”, da “Lavorare, magari!” a “L’impossibile conciliazione”, da “Per la carriera ci vuole la cravatta” a “Corpi senza parole”, da “Relegate nella nera” a “Il Paese delle mamme?”.Le donne si trovano ad essere – oltre che discriminate nel lavoro, nella vita sociale e nella politica – schiave dell’immagine. È questa la tesi che Paola Springhetti sostiene nel suo libro e la dimostra con molti dati, raccolti da ricerche fatte in diversi campi e collegandoli tra loro, fino a raccontare, tassello dopo tassello, un “mosaico” dei problemi che complicano la vita delle donne oggi. Ad esempio, lo squilibrio nella distribuzione del lavoro casalingo e di cura, che fa sì che in Italia le donne lavorino ogni giorno un’ora in più degli uomini (Eurostat 2010). Oppure il fatto che le donne dicono di desiderare due figli (Istat 2009), ma poi non li fanno: il 54% delle coppie non ne ha, a causa dell’assenza di risorse economiche, di servizi di welfare (nidi e asili), del precariato ed altro ancora. Rimuovere i soffitti di cristallo che impediscono alle donne di emergere potrebbe portare solo vantaggi alle aziende, se è vero che le ricerche di Catalyst hanno individuato una relazione positiva tra la presenza di donne ai vertici e la performance aziendale delle 500 prime imprese selezionate dalla rivista ‘Fortune’, afferma Springhetti.
Questo libro è un segno di solidarietà nei confronti di tutte le donne e un invito alla ribellione, nel nome del diritto di essere se stesse. Il testo è arricchito anche da tante citazioni, che aiutano ad approfondire, con tanti spunti, i temi della conciliazione famiglia-lavoro, del femminicidio, della persistenza degli stereotipi, della rappresentazione delle donne nei media, della comunicazione pubblicitaria delle figure femminili. L’autrice analizza tutti gli ambiti: dal lavoro alla vita familiare e privata, dalla dimensione sociale alle rappresentazioni dei media.
Alla fine, non si sarebbe potuto scegliere titolo migliore per il paragrafo che chiude il libro: “Le istituzioni, a piccoli passi”: nel mondo istituzionale qualcosa si muove, almeno a parole, ma anch’esso ha bisogno di riconquistare, in questo campo, una credibilità e forse anche una verginità. Ad esempio scegliendo, al proprio interno, di premiare il merito invece che l’abilità di infilarsi nelle stanze e nei letti che contano, oppure le appartenenze a filiere familiari e clientelari, all’interno delle quali il potere maschile si autoriproduce. Farebbe bene alle donne, ma anche agli uomini e ai cittadini; forse riuscirebbero a recuperare un po’ di quella fiducia nei politici che da tempo hanno perduto, apparentemente in modo inesorabile.
Ottimo auspicio, aspettiamo i fatti…
Paola Springhetti è una giornalista che si interessa in particolare di tematiche legate al sociale. Si occupa della comunicazione per i Centri di Servizio per il volontariato del Lazio. Insegna giornalismo alla Facoltà di scienze della comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana. È membro del Consiglio nazionale dell’Ucsi (Unione cattolica della stampa italiana).