Olivia Guaraldo è nata nel ’70. Laureata in filosofia a Bologna, un dottorato di ricerca in Finlandia, attualmente ricercatrice in filosofia politica presso l’Università di Verona. E’stata tra le fondatrici del Collettivo Priscilla di Verona.
Il collettivo Priscilla esiste da alcuni anni, da quando cioè, per puro caso, alcune di noi si sono incontrate ad una riunione organizzata dal Filo d’Arianna – un’associazione femminista presente a Verona da più di diciotto anni – con lo scopo di incontrare donne di generazioni più giovani; avevano così convocato figlie di amiche, conoscenti, ex-studentesse. Alcune di noi già si conoscevano prima di quella convocazione che suonava un po’ strana ma anche incuriosiva. Altre si sono incontrate lì per la prima volta. E’ nata poi la voglia di continuare ad incontrarci, per discutere di temi legati al femminismo e alla sua eredità, ma anche per parlare di noi e del mondo, quasi per gioco. Da poco più di tre anni, quindi, ci incontriamo con scadenze regolari, per discutere, per parlare, per conoscerci, ma anche per dare vita a progetti concreti. Non abbiamo una sede ufficiale, le riunioni si decidono di volta in volta, a casa dell’una o dell’altra.
Quale eta’a hanno le partecipanti? Quale tipologia di donna partecipa? Giovani, quarantenni, cinquantenni?
Le ragazze del collettivo vanno dai 25 ai 35 anni; molte di noi hanno studiato filosofia e, come è noto, all’Università di Verona esiste orami da vent’anni un’ottima scuola di pensiero della differenza, rappresentata dal gruppo di Diotima ma anche da Adriana Cavarero, figura di spicco del femminismo italiano. Ecco, in un certo senso alcune di noi sono un po’ figlie di quell’ambiente culturale e politico. Allo stesso tempo, però, è stato da subito un nostro desiderio quello di declinare le tematiche proprie del pensiero della differenza a partire dalla nostra esperienza generazionale, diversa quindi dalle donne che ora sono cinquantenni e che hanno fatto il femminismo ‘storico’. La nostra esigenza primaria è quella di ‘partire da noi’, ossia di ripensare l’essere donna oggi calandoci concretamente nella realtà complessa di una società in mutamento continuo, sia dal punto di vista economico che da quello culturale e simbolico.
Il nuovo femminismo esiste?
Certo che esiste, soprattutto in Italia. Le realtà femministe nel nostro paese diffusissime, direi capillari. In ogni provincia, in ogni città esiste una vivacissma realtà di associazionismo femminile e femminista che, ahimè, non ha alcuna visibilità mediatica. Oggi, come si sa, se una cosa non esiste in tv allora vuol dire che non esiste nella realtà. E invece il femminismo esiste eccome. Ma non secondo vecchi paradigmi ormai logori che lo fanno sempre sembrare una ideologia di rivendicaizone e di odio verso l’altro sesso, bensì come riflessione attiva, consapevole, concreta, delle donne su loro stesse e sul mondo che le circonda. Sessualità, famiglia, lavoro, politica, e, ora più che mai, pace, sono alcuni dei temi più vivi e presenti nei dibattiti delle donne.
E in che cosa e’ cambiato rispetto a quello delle nostre madri?
Molte sono state le conquiste delle nostre madri, importanti e decisive nell’aver fatto di noi quelle che siamo. Oggi molte cose sono cambiate, e forse ciò che ci differenzia maggiormente da loro è il fatto che la realtà oggi è apparentemente più ‘libera’ ma in realtà più insidiosa: ci sono meno tabù ma alle donne è richiesto di essere efficienti, perfette, magre e produttive. Ci sono più possibilità di realizzazione personale ma mancano legami di solidarietà femminili, e il vecchissimo adagio dell’invidia fra donne è più vivo che mai. Direi che da un punto di vista superficiale le cose sembrano più favorevoli per le donne, ma scavando sotto la superficie si vede come in realtà persistano vecchi stereotipi frutto di una mentalità maschile, adottata ed interiorizzata anche dalle donne.
Femministe si nasce o lo si diventa?
Lo si diventa, attraverso un percorso che non è mai solitario ma sempre collettivo, o almeno duale: la consapevolezza femminista nasce solo in un confronto con altre donne, non si costruisce a tavolino, è un percorso di educazione ‘politica’ nel senso più profondo del termine. In questo noi giovani femministe abbiamo moltissimo da imparare dal femminismo delle generazioni precedenti: lì si spendeva del tempo a discutere, a confrontarsi, a crescere in un contesto di condivisione (o di conflitto): oggi c’è sempre meno tempo da dedicare ad attività ‘improduttive’ come le riunioni politiche o i gruppi.
Perche’ molte giovani donne non appoggiano il femminismo? Hanno trovato la “pappa” pronta? Eppure il mondo del lavoro le mette ogni giorno di piu’ di fronte a delle scelte che le nostre madri non avevano. Come spiegarlo?
Io sono convinta che molto del femminismo sia stato volutamente banalizzato da immagini sloganistiche e stereotipate della ‘femminista incazzata’. Così facendo si è svilito il vero messaggio di liberazione delle singole coscienze, dei desideri femminili che le lotte degli anni settanta hanno fatto salire sulla ribalta storica del secolo XX. Molti sono gli storici che concordano nel sostenere che l’unica vera rivoluzione riuscita del ‘900 sia stata proprio quella femminista. Penso poi che una ulteriore banalizzazione del femminismo si è avuta con quella falsa permissività di costumi che vediamo oggi popolare le televisioni di tutto il mondo. Penso soprattutto, per quanto riguarda l’Italia, agli impietosi talk-shows in cui donne apparentemente libere, prive di complessi e, nell’immaginario collettivo, frutto di una liberazione dei costumi di cui il femminismo è stato l’iniziatore, fanno sfoggio di quella loro libertà presunta corteggiando aitanti maschioni che, invece, scelgono il ruolo del ‘corteggiato’. Questa spettacolarizzazione del rapporto di coppia apparentemente trasparente, libero da tabù e imposizioni sociali, è in realtà la versione mass-mediatica che passa e che ci fa credere di vivere in un mondo ‘moderno’ in cui donne e uomini sono alla pari. Molte donne scambiano questa falsa libertà per ‘femminismo’ e mancano invece di quelle esperienze di confronto con altre donne, mancano di momenti di dialogo faccia a faccia con altri soggetti femminili, perché non si può diventare femministe guardando la televisione.
Si puo’ essere femminista e andar d’accordo con l’altro sesso?
Assolutamente sì, la sua domanda mostra come quello ‘stereotipo’ di cui parlavo prima sia ancora persistente nella mentalità collettiva. Il confronto con gli uomini è uno dei temi più recenti affrontati da gruppi femministi di cui sono a conoscenza. Ma oltre a questo c’è da dire che il femminismo ha superato la fase che si suole chiamare ‘separatista’ in cui gli uomini dovevano essere tenuti alla larga dai gruppi femminili. Oggi molti uomini si interessano di tematiche sviluppate dalle donne, e anzi molti degli sviluppi più recenti delle ideologie ambientaliste prendono spunto da riflessioni di pensatrici donne, occidentali e orientali.