Figlie di un padre padrone? E le altre? imbavagliate.
Già, perché il presidente del Consiglio si è circondato di donne! La moglie, si sa è la prima e niente da eccepire. Semplice, discreta, presente al punto giusto e poco esposta mediaticamente, tranne lo stretto necessario o consentito.
Ma quelle di cui il Presidente si circonda, ama riamato, sono quelle che ha messo sulle poltrone del Governo. Finalmente, era ora! Il rottamatore, il “condottiero” che ci guida ha fatto, come vuole fare per tutte le altre cose, in pochissimo tempo quello che nessun altro governo aveva fatto nonostante le nostre grida in favore di una maggiore rappresentanza femminile nelle sedi decisionali.
La rivoluzione che ha segnato gli anni del femminismo, del dibattito culturale, del confronto trasversale, delle conquiste legislative, dell’inserimento globale delle questioni femminili, la difesa della parità e della libertà, della dignità e contro la violenza sembra roba vecchia. Ecco il nuovo che avanza, il riscatto, la risposta tanto attesa dal nostro immaginario collettivo di donne, sempre attente e vigili per ottenere il giusto riconoscimento delle nostra capacità di interpretare e guidare la cosa pubblica; di quelle che fino a ieri ed ancora oggi lottano perché l’ultima vittima di femminicidio, di violenza, di stupro e sfruttamento di genere sia veramente l’ultima; tutte queste noi, appunto, attendevamo con ansia di conoscere le scelte del Presidente. Perché per troppo tempo ci siamo dovute limitare ad elencare le solite note come la Jotti, le solite brave come Emma Bonino ecc.
Infine, fatta fuori quest’ultima, in una logica non di merito ma generazionale, il vuoto di genere è sembrato improvvisamente precipitare in una realtà da cui non ci saremmo più risollevate. Non sono uscite indenni neppure le rappresentanti politiche del “berlusconismo”, penalizzate da una cultura politica che le ha travolte. Finiti i tempi duri in cui le dirigenti politiche davano le loro rose di nomi ai rispettivi partiti perché scegliessero fra tanta frutta matura e pronta a dare il meglio, del riconoscimento al pensiero differente ma costruttivo dell’altra metà di genere abbiamo riposto speranze nel nuovo. Eravamo così orgogliose alla manifestazione di “Se no ora quando?” , della nostra grande e qualificata presenza, della nostra forza ancora fresca e pronta, dell’offrirci ancora in sacrificio ed ora non c’era più che una silenziosa ritirata. Troppo riconoscibili per appartenenza, poco riconoscibili per le cose fatte ma mai messe in evidenza, le facce un po’ segnate dagli anni, dalle delusioni, dalla stanchezza di genere e quella per una politica che non ci ha mai dato le risposte che avremmo meritato. Forse siamo state rottamate solo per colpa dell’anagrafe, forse. Ma fra una valutazione e l’altra resta il fatto che le donne sono entrate in massa al governo e stiamo imparando a conoscerle, senza pregiudizi.
Però… Alcune forse non hanno avuto ancora il tempo di capire cosa succedeva loro per mostrarsi modestamente riconoscente a raccogliere la sfida e l’occasione storica che veniva loro fornita dandoci un segnale. Magari si vergognano pure che le donne le abbiano attese per questo. Loro che con le donne non c’entrano e non ci sono mai entrate (ci risulta), sono politiche e basta, senza pedigree ma che importa. Noi, le altre, siamo donne, siamo pazienti. Ci siamo dette che la loro freschezza era un valore aggiunto. Ci siamo date il tempo per seguirle, cercare di conoscerle. Il Presidente parla sempre del suo governo come il più innovativo e rivoluzionario che abbia avuto il nostro Paese e le sue donne lo seguono come walkirie.
Vorremmo tifare per loro, anzi tifiamo, ma alcune considerazioni, fatte un po’ con ironia insieme alla speranza, possono esserci concesse.
Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme, che qualcuno sostiene sognare di battezzare “la storica riforma della Costituzione”con il proprio nome ma che dichiara in un giornale per un pubblico femminile di sentirsi sola a casa, ha il piglio che deriva dalla certezza che dietro non c’è nessuno in grado di infilzarla alla schiena, come è capitato quasi sempre; perché lei è la donna di cuori del Presidente ed ha tutta la sua fiducia e il suo sostegno al quale lei risponde con una dedizione, malgrado tutto, tipicamente femminile. Una grande lavoratrice, come dicono, una che sa il fatto suo, speriamo ma certo che appare come la vestale ed esecutrice del Renzi pensiero. Riuscirà a tirare fuori un suo carisma senza pretendere di diventare una statista? Fatta salire al posto giusto nel momento giusto, ha tutto davanti a sé, tempo e sostegno, per dimostrare di non essere solo una replicante. Marianna Madia, che ha il delicato compito di rinnovare la pubblica amministrazione, non imbrocca mai né la porta né la parola giusta. Famose le sue gaffes e l’ammissione della sua ignoranza in politica, che a volte sembra evidente. Assiste impotente, diafana e muta quando viene chiamata come figurante e tira a campà’. Ma ce n’era davvero bisogno? Diversa per piglio Alessandra moretti. Grinta e presunzione l’aiutano a dire il niente o il poco che ha dovuto imparare, mentre la Serracchiani, maestra severa e vicesegretario del partito impartisce ditkat a destra e a manca. Un po’ anguille, un po’ cardellini sono riuscite a collocarsi all’interno del partito in posizioni di forza; basta dire ciò che vuole il Presidente e stai certa che sei salva. Infine, diventata pezzo forte della truppa per la forza con cui si è voluta la sua candidatura a ministro degli esteri italiano ed europeo, brilla senza luce propria la stella di Federica Mogherini. Per fortuna non si è ancora detto di lei “Mogherini chi?”. Ci sorge comunque un dubbio, se si sia accorta di quello che accade nel nostro emisfero. Del dramma delle donne nel mondo e se ci vuole spendere una parola o chiedere al Presidente se le sia consentito protestare per quelle là a cui pare che non importi a nessuno. Meno male che abbiamo la Pinotti. Perché? Dicono che sarà la nuova Presidente della Repubblica. Sarà lei la risposta alle nostre battaglie perché si riconosca la possibilità ad una donna a salire al Quirinale? Allora, signora Pinotti, la preghiamo di meritarsi il nostro consenso, parli un po’ anche con noi e di noi perché in guerra e fra i militari ci sono anche tante, tantissime donne.
Le donne del governo Renzi non sono finite, ce ne sono ancora tante altre, chiuse in una trincea dalla quale aspettano solo l’ordine di uscire, in genere dato da qualche talk show. E le altre? Se le donne del Presidente hanno la loro grande o scarsa visibilità, tutte le altre non esistono. Non nei partiti, nelle associazioni o sui media, tranne o grazie a qualche attenta giornalista. Perfino le sempre presenti Santanché e Meloni sembrano non esistere quasi più. Il resto di quello che era l’orgoglioso movimento d’idee femminile del nostro Paese si è accucciato, languendo come un vecchio cane in attesa di essere abbattuto.
Infine, ad un premier che ci tiene tanto all’Europa, andrebbe ricordato che le istituzioni di parità vigenti, furono create per volere della Comunità. Dalla Commissione di parità, al Comitato per il lavoro, ai comitati nelle aziende ecc., sono organismi esistenti ma ormai sostanzialmente inoperanti. Le cose cambiano e Renzi sa come fare a cambiarle, basta eliminarle o fare finta che non esistano. Rottamiamole pure ma i motivi per cui sono state create restano ancora oggi validi ed hanno diritto ad essere rispettati. Si può modificare la formula ma non la sostanza. Per le donne le cose si fanno sempre più dure, proprio in un momento di crisi come quella che attraversiamo. C’è stata qualche timida richiesta in tale direzione che è caduta nel vuoto. Perché le ministre, di concerto, non pensano di proporre al loro Presidente di operare attraverso un raccordo tra queste commissioni? Non per sottrarre tempo utile né priorità al Governo ma che s’interroghi almeno sul perché le donne continuano ad essere morte ammazzate come formiche con i pesticidi. Una commissione per la cultura di genere? Lo so che oggi tutto appare vecchio, datato, ammuffito e arrugginito per queste nuove rappresentanti dell’alta politica ma se vogliono dimostrare di non essere figlie di un padre padrone, che si esprimano individualmente, facciano proposte autonome ed abbiano il coraggio di affrontare l’ira paterna, se necessario. Avrebbero la nostra stima e la nostra gratitudine.