L’associazione culturale AsiaTeatro ha presentato il 24 e 25 ottobre 2014 presso la Casa della Cultura a Milano, un convegno di studi a cura di Marilia Albanese : MITI CHE ODIANO LE DONNE . Confronto fra miti di ambito greco, ebraico, africano, indiano, cinese, giapponese e persistenze nella realtà attuale.
da Loredana Metta da z3xmi.it
“Dalla mitologia greca ai testi biblici, dall’epica indiana alle memorie di antichi eventi giapponesi, racconti fondamentali elaborati e trasmessi dal mondo maschile, geloso detentore della conoscenza scritta e della tradizione, attribuiscono alla donna colpe e mancanze di ogni genere, legittimando così la sua svalutazione, subordinazione ed eliminazione, mentre d’altra parte ne costruiscono un’immagine ideale, tanto irrealistica quanto irraggiungibile per le donne che nel corso dei secoli e dei millenni hanno finito per assimilare il modello e farlo proprio. Questo è l’altro elemento che verrà sottolineato nella giornata di studi: l’atteggiamento delle donne, non solo di passività rassegnata, ma di connivenza con il sistema patriarcale. In moltissimi casi sono state le madri e le altre componenti della famiglia le custodi e le continuatrici di sistemi lesivi del femminile.”…
Oggi abbiamo saputo che in Iran una ragazza è stata condannata a un anno di prigione perché pensa di aver diritto, se vuole, ad assistere a una partitadi pallavolo maschile. E forse qualcuno pensa, mentre sbigottisce, che sia a causa di una qualche foresta stravagante retriva cultura del pianeta, ben lontana dalla nostra. Non s’illuda. Culture amiche delle donne, ce ne sono state, e ce ne sono, poche.
In Cina le bambine povere non avevano nome, ma erano chiamate con un termine che suonava più o meno come la parola “testa”. Per i latini le donne costituivano l’imbecillus sexus. In India, non solo qualcuna ancora sale sulla pira del marito, perché sente che la vita da vedova non le porterebbe che emarginazione e infelicità, ma alcune giovani spose finiscono bruciate perché la loro dote non basta alla famiglia del marito.
Renderci tutti consapevoli del soffocante legato dei miti e delle tradizioni religiose antiche – e contemporanee – contro le donne è stato il compito di un Convegno svoltosi alla Casa della Cultura di Milano, con la presentazione della delegata del Sindaco alle pari Opportunità professora Francesca Zajczyk. Sotto il patrocinio del Comune di Milano e Dipartimento di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’associazione AsiaTeatro, promotrice dell’iniziativa, ha proposto venerdì 24 ottobre lo spettacolo Venivamo tutte per mare tratto da un romanzo di Julie Otsuka con Cristina Crippa, Elena Russo Arman e Carolina Cametti. Nella giornata del 25 Marilia Albanese ha moderato e tenuto il filo di numerosi interventi: Luisa Secchi Tarugi parte dalla figura di Pandora e dal suo vaso, Virginia Del Re McWeeny, della Casa delle donne di Pisa, indica che il separatismo dell’inimicizia non è più per la nostra epoca e ricorda alcune donne ribelli come Lilith, ben diversa dall’evanescente Eva, e le amazzoni, e infine Carmen Covito, evocando la kotodama, il potere magico della parola, ci conduce in Giappone. Cristiana Fiamingo dell’Università degli studi di Milano, interviene sulla situazione politica africana, e richiama le pochissime figure di politiche contemporanee che esercitano un potere di guida nel Continente. Dobbiamo alla voce appassionata di Daniela Rossella, Università degli Studi di Potenza, un intervento sull’India, dove emerge ancor più che altrove l’importante funzione educatrice delle storie che raccontiamo, e che ci hanno raccontato fin da bambine. Occorre oggi offrire altre storie alla nostra dimensione interiore e alla nostra società.
Due studiose, Giuseppina Merchionne (Università Cattolica di Milano) e Isabella Doniselli Eramo (Centro di Cultura Italia-Asia) hanno trattato il tema della donna in Cina. Molto partecipato e vivace l’intervento, dal punto di vista della psicologia della resilienza, della dottora Bianca Bertetti (Università Cattolica di Brescia).
Storie provenienti da tutte le tradizioni del mondo, soprattutto religiose, che testimoniano ubiquitariamentel’esclusione delle donne dalla lettura dei testi e da ogni altra forma di accesso e mediazione del Sacro, e sono state strumento di discriminazione e stereotipi negativi, che costruiscono il nostro interno sé e vanno a modellare e dettare le norme di comportamento sociale.
Dai lavori del convegno emerge l’ipotesi di un femminile disturbante, frutto di una costruzione maschile, che aggruma in essa tutte le pulsioni espulse dal proprio sé e proiettate nell’immagine dell’Altra. E il ruolo delle madri che, drammaticamente, perpetrano lo sguardo ostile e l’odio di cui sono state vittime, come facevano le cinesi con la pratica dei così detti piedini di giglio, le fasciature deformanti dei piedi delle donne, per assicurare un buon matrimonio alle figlie, e come ancora succede alle donne che praticano, oltre che subire, le crudeli mutilazioni genitali.
Eppure sono le donne a poter essere protagoniste di gesti inaugurali in nome della natalità di cui sono portatrici e protagoniste, a poter ribaltare la dolorosa storia della subordinazione femminile. La prima domanda che viene dal pubblico, e non a caso da una giovane donna, dopo un’esposizione così feconda e densa di motivi di preoccupazione, verte proprio su come smettere di essere vittime dei Miti che odiano le donne.
Abbiamo bisogno di esempi di presenze femminili individuali e agenti. E di qualche consolazione nel mare magnum della misoginia. Ecco due libri: un autore milanese del Quattrocento, Galeazzo Flavio Capella detto Galeazzo Capra, ministro di Francesco II Sforza autore del Trattato Dell’Eccellenza e della dignità delle donne e il Manuale per mio figlio della francese Dhuoda (841-843 e. v.) non una monaca ma una madre che scrive un libro d’istruzione per il figlio primogenito Guglielmo. In italiano c’è un’edizione con testo latino a fronte di ESD.
E naturalmente l’esempio dell’amata Christine de Pizan, la prima scrittrice professionista europea, di origine italiana, autrice de La città delle donne, a noi ovviamente tanto d’ispirazione.