Dal linguaggio passano gli usi correnti, le informazioni, i ruoli, gli stereotipi, le discriminazioni, anche le violenze. Ed è il linguaggio che va riformato.
Si dice “il ministro Madia” o “la ministro” o “la ministra”? Sembrano quisquilie ma le socie di Giulia-giornaliste ci hanno lavorato parecchio e hanno prodotto la Guida al linguaggio di genere “Donne grammatica e media: suggerimenti per l’uso dell’italiano” di Cecilia Robustelli con la prefazione di Nicoletta Maraschio, presidente onoraria dell’Accademia della Crusca. Già presentata alla Camera dalla presidente Laura Boldrini, è stata presentata per la prima volta in Puglia (a Bari e Lecce il 20 e 21 novembre) nell’ambito di appositi seminari rivolti ai giornalisti per eludere un linguaggio in uso che viene fatto passare per neutro, ma che è essenzialmente maschile e maschilista. Dal linguaggio passano gli usi correnti, le informazioni, i ruoli, gli stereotipi, le discriminazioni, anche le violenze. Ed è il linguaggio che va riformato.
A Bari il seminario si è tenuto presso Auditorium Legione Allievi GDF, mentre a Lecce presso sala consiliare palazzo dei Celestini. GIULIA (GIornaliste Unite LIbere Autonome) hanno ringraziato Serenella Molendini, Consigliera di parità della Regione Puglia, che ha patrocinato gli incontri, ma anche chi ci ha lavorato sui progetti propedeutici, come Magda Terrevoli, già Presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Puglia, e Maria Pasanisi, esperta del settore; l’Ordine dei giornalisti di Puglia, il presidente del Corecom Felice Blasi, Assostampa.
Per chi vi ha preso parte, c’è stata la soddisfazione di esprimere consensi, dissensi, contrapposizioni, usi e malvezzi, comunque assistere ad un piccolo grande momento storico: la riscrittura della grammatica italiana in ottica di genere, non sempre condivisa da uomini e anche da qualche donna presente, legati a schemi consueti ed a posizioni di dominio preesistente e quindi a consolidate diversità ed omologazioni. A Bari, ha introdotto il seminario, Rossella Grandolfo, dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia, che ha ricordato che ogni 2 giorni si ha notizia di un femminicidio, che le Donne Manager sono il 25% del management italiano, mentre la media europea è del 34%. Marilù Mastrogiovanni del direttivo nazionale di GIULIA, ha informato che all’associazione sono iscritte 800 giornaliste e ha elencato gli obiettivi del Movimento, come l’affiancamento alle azioni del Comitato 50 e 50 per la modifica della legge elettorale regionale con introduzioni di concetti di salvaguardia dei generi, senza assicurazioni di quote elettive. Anna Maria Ferretti, Direttora della testata giornalistica web “I like Puglia”, già direttora di Antenna Sud, ha illustrato l’iniziativa di GIULIA per la creazione della Guida al linguaggio di genere, approvata anche dall’Accademia della Crusca, notoriamente riconosciuto come il massimo ente titolato a esprimere giudizi sulla bontà e fedeltà del linguaggio italiano. Rossella Matarrese, giornalista RAI Puglia, referente pugliese per GIULIA, ha parlato degli stereotipi nei media ed illustrato gli esiti di una ricerca nei media curato dall’Osservatorio Europeo sulle Rappresentazioni di Genere (OERG), nato presso l’Osservatorio di Pavia Media Reserch, “Chi fa notizia in Europa ?”. Questa ricerca è un monitoraggio permanente sulla presenza delle donne e degli uomini nei telegiornali di prima serata di 5 Paesi dell’Unione Europea (Francia, Germania, Italia, Inghilterra e Spagna).
E’ un progetto ispirato da GMMP (Global Media Monitoring Project). La ricerca si è soffermata su chi fa notizia, chi da’ la notizia e come sono fatte le notizie in una prospettiva di genere. E’ risultato che al 71% fanno notizia di più gli uomini. I TG di Spagna e Francia sono più accoglienti per le donne, mentre l’Italia la quota di presenze più bassa, le donne sono poco presenti nelle notizie di politica, soprattutto nei TG Inglesi ed Italiani, mentre le donne fanno notizia come gente comune o fra i Vip dello spettacolo. I ruoli più autorevoli e prestigiosi sono appannaggio maschile.
Mediamente le donne fanno notizia il doppio degli uomini come vittime (in Italia il triplo). Si è aperto un dibattito che ha visto intervenire quasi tutti uomini sulla cacofonia delle declinazione al femminile delle professioni e sulla bruttezza della parola Femminicidio, dimostrando poca conoscenza delle origini della stessa (Stalker al posto di persecutore viene accettato, mentre l’origine messicana del temine è ignorata) ma soprattutto sul significato, adombrando una dizione migliore nel “donnicidio” (dimostrando di non distinguere l’uccisione di una donna considerata oggetto posseduto, da donna soggetto uccisa in incidente stradale).
Anche giornaliste hanno manifestato una mal sopportazione della coniugazione al femminile delle professioni, non comprendendo l’opportunità di una pari dignità fra i generi e l’esistenza di una grammatica ed un lessico che, spacciandosi per neutro, coniuga tutto al maschile ignorando una parte dell’Universo e riconoscendo, in subordine, delle estensioni diminuenti, in alcuni casi (dottoressa, professoressa, mentre per infermiere e maestro e casalingo ciò non avviene). Il dibattito si è anche spostato sulla presenza nei TG di donne sempre più scollacciate,favorite rispetto agli uomini, incolpando di opportunismo le donne, non volendo accorgersi che tali situazioni spesso sono ordinate da chi dirige (uomini) per fare audience e che spesso l’inosservanza crea i presupposti per un licenziamento,pur riconoscendo che a volte donne si omologano per una voglia (tutta maschile) di far carriera,disconoscendo le caratteristiche femminili.
Su tale argomento Annamaria Ferretti ha tenuto a illustrare anche eventi subiti o non accettati personalmente. Nel pomeriggio la docente Silvia Garambois si è soffermata sul tema “Diffamazione di genere: carte deontologiche dei giornalisti e normativa giuridica” e che genere di notizia normalmente viene somministrata con delle discriminanti di genere. Successivamente Magda Terrevoli, coordinatrice del Comitato 50 e 50, ha illustrato il percorso di vari studi che hanno portato anche ad una Analisi degli stereotipi di genere nei media pugliesi con un monitoraggio prima su come vengono somministrate le notizie e poi, nel secondo, come vengono recepite dall’utenza femminile e i desideri di questa, risultati più orientati verso aspetti culturali che non di gossip. Infine ha illustrato le iniziative pregresse con una legge popolare di modifica alla legge elettorale pugliese, con l’introduzione delle liste paritarie (50 e50) e la doppia preferenza di genere, firmata da 30000 pugliesi, donne e uomini, bocciata con voto segreto da un consiglio regionale composto da 67 uomini su 70,e quelle attuali per l’introduzione degli stessi principi di pari dignità fra gli emendamenti in discussione alla legge elettorale.
2 commenti
Di strada da fare, anche qui, ce n’è tanta! Ottima l’iniziativa, ma dopo il confronto serve l’azione. Nella nostra ricerca su “Emittenti televisive e differenze di genere” abbiamo proposto alcuni passaggi che reputiamo necessari perchè sia dato corpo a quanto rilevato. Come ha giustamente fatto notare Gianna Mazzini, che a collaborato con noi in quel lavoro, una strada consigliata e percorribile potrebbe essere quella di creare un’area test.
Vale a dire stimolare una o più emittenti ad organizzare un percorso formativo all’interno dell’azienda, indirizzato ad operatori/trici dell’informazione; progettare una conseguente azione di monitoraggio ed una successiva fase di analisi dei risultati in termini sia qualitativi, vale a dire di più adeguata rappresentazione femminile, che in termini quantitativi, vale a dire di audience.
Verificare ed esplorare il nesso fra adeguata rappresentazione femminile e gradimento potrebbe dare indicazioni utili su come avviare in maniera efficace il processo di cambiamento auspicato: i media più consapevoli e capaci del loro ruolo nella costruzione di modelli sociali di donne e uomini.
Sarebbe bello, ora che abbiamo fatto tutte e tutti una riflessione in tal senso, provare a confrontarci sul seguito di questo percorso.
L’evento è stato importante per capire quanta diffidenza esiste ancora nell’uso del linguaggio di genere , soprattutto dalle donne . Il lavoro da fare e lungo e difficile in quanto, ormai introitata l’idea della pari opportunità , anche l’ utilizzo del maschile per le donne è considerato paritario ! Questo impedisce l’utilizzo di un altro approccio che si faccia carico di un grande passato di assenza di donne comprendendo che il linguaggio è il primo dei passaggi da rifondare