TTIP: questo pericoloso sconosciuto. Ne parlano le donne alle donne.
Non solo alle donne. Ovviamente. Ma la politica spesso le tiene lontane per linguaggio e contenuti. Per questo motivo, delle donne affrontano con competenza e semplicità, un argomento spinoso, poco pubblicizzato, che condizionerà irreversibilmente la vita del nostro paese. Quattro i temi trattati. Per ognuno un articolo settimanale.
Da diverse settimane la RAI veicola un non breve spot pubblicitario. Fra immagini accattivanti, un arciere in completo presumibilmente Armani, colpisce con precisione estrema il bersaglio decantando i benefici effetti del Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP)imposto dagli Usa alla UE in assoluta segretezza.
Lo spot fa leva sulla quasi totale disinformazione su un argomento dalle ricadute pesanti sulla vita di ciascuno di noi. Solo Report in data 19 ottobre ha cercato di fare un po’ di chiarezza, ma ovviamente questo non basta e ancora una volta il pluralismo dell’informazione risulta negato dal servizio pubblico italiano.
Non è così negli altri paesi europei dove la discussione pubblica sul TTIP è resa maggiormente possibile da un sistema d’informazione più libero e democratico. Seppure ancora insufficiente.
Ma oscurantismo a parte, e non è cosa da poco, il vero nocciolo della questione è la risposta ad un unico quesito: è dunque vero che, come vuole farci credere lo spot RAI, il TTIP contribuirà a portarci fuori dalla crisi e riconsegnerà i cittadini europei alle “umane sorti e progressive” del mercato neoliberista, garantendo più crescita, più esportazioni, più occupazione, meno lacci e laccioli ?
Una piccola ma indispensabile premessa. I negoziati per il TTIP sono iniziati in assoluta segretezza tra i funzionari della Commissione europea e gli Usa nel luglio del 2013 e, dopo breve interruzione per le elezioni europee, sono ripresi a tutto campo. L’obiettivo è quello di superare il più rapidamente possibile la fase della discussione senza far trapelare i dettagli in pubblico, sperando che le trattative possano essere portate a termine prima che cittadini europei e americani scoprano le vere dimensioni delle minacce costituite dal TTIP.
Ma tornando alla domanda, vediamo di fare chiarezza attraverso i dati forniti da organizzazioni europee come l’OISE, uno dei più prestigiosi centri austriaci di ricerca indipendente da lobby di varia natura.
Se prendiamo in considerazione le tariffe commerciali tra Usa e Ue, queste risultano già a livelli standard minimi, ed è evidente che la loro eliminazione non è il vero obiettivo del trattato.
Fine principale, come del resto viene confermato dai funzionari di ambo le parti, è l’eliminazione di ” barriere” normative” che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali. Ma queste “barriere” rappresentano in realtà alcuni dei nostri standard sociali, maggiormente apprezzati, ovvero le normative ambientali, i diritti dei lavoratori, le norme per la sicurezza alimentare ( comprese le restrizioni sugli OGM), i regolamenti sull’uso di sostanze chimiche tossiche, le leggi sulla privacy digitale e anche le nuove norme a tutela delle operazioni bancarie, introdotte per prevenire una crisi finanziaria come quella del 2008.
La posta in gioco, dunque, è altissima. Non a caso la trattativa è segreta.
Oltre al citato programma di deregolamentazione, il TTIP mira a creare nuovi mercati con l’apertura dei servizi pubblici e dei contratti per appalti governativi alle imprese multinazionali, minacciando nuove ondate di privatizzazioni in settori chiave come sanità ed istruzione. La famigerata politica dell’austerità imposta dalla Ue e il fiscal compact in Costituzione hanno preparato il brodo di coltura del Trattato.
Ma non basta. Ciò che desta maggiore preoccupazione è che il TTIP sta cercando di concedere agli investitori stranieri un nuovo diritto, quello di citare in giudizio i governi sovrani portandoli di fronte a tribunali arbitrali creati appositamente, qualora le loro società subissero una perdita di profitti derivata da decisioni pubbliche, cioè di parlamenti nazionali o assemblee regionali o giunte comunali. Questo perverso meccanismo, il cui acronimo è ISDS (Investitor State Dispute Settiement), equivale di fatto a una privatizzazione del diritto internazionale e rappresenta un vero e proprio affronto alla democrazia, perché la storia dimostra che i tribunali arbitrali privilegiano gli interessi degli investitori rispetto a quelli dei cittadini. Ne consegue che il capitale transnazionale acquisisce uno status equivalente a quello di uno stato nazionale, con buona pace del nostro dettato costituzionale, come di quello di tutti i paesi coinvolti nel trattato.
E i 545 euro a famiglia che il TTIP regalerebbe, secondo gli studi commissionati dalla Commissione europea?
L’Oise, con i suoi studi, contraddice ampiamente i dati forniti da studi ufficiali: molto esiguo l’impatto del Trattato sul PIL, con crescita prevista dell’1% in un periodo di 10-20 anni. Quindi non sarà certo il TTIP a portare l’Europa fuori dalla crisi, in compenso la porterà sicuramente fuori dalla democrazia.
Da entrambe le sponde dell’Atlantico si registra un crescente movimento d’opposizione al TTIP, poiché i cittadini stanno progressivamente prendendo coscienza della minaccia che i negoziati costituiscono per i molti aspetti della loro vita e, in particolare, di quella delle giovani generazioni non più cittadini del mondo, ma del capitale globalizzato. Gli attivisti delle campagne per la salute pubblica, l’ambiente e la giustizia sociale stanno unendo le forze con i sindacati e i gruppi di consumatori per contrastare il programma di deregolamentazione del Trattato. Molti parlamentari europei hanno dato voce alle loro preoccupazioni così come altri paesi ad economia di mercato in tutto il mondo.
Anche in Italia, malgrado la scarsissima informazione, gli attivisti, i sindacati, le forze politiche di sinistra all’opposizione e diversi social network stanno costituendo un fronte ampio anti-neoliberista e anti-TTIP.
Sappiamo come la democrazia si può fondare solo sulla trasparenza delle questioni in gioco e delle scelte possibili. Per questo occorre “sdoganare” i contenuti del trattato dalle segrete stanze e far luce sui contenuti e reali obiettivi.
Ester Prestini