Il TTIP, pur con tutte le implicazioni pratiche associate e i gravi rischi che comporta, è un argomento in generale ostico e apparentemente lontano dal quotidiano. A maggior ragione parlare del capitolo inerente la proprietà intellettuale.
Il TTIP (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti), pur con tutte le implicazioni pratiche associate e i gravi rischi che comporta, è un argomento in generale ostico e apparentemente lontano dal quotidiano. A maggior ragione parlare del capitolo inerente la proprietà intellettuale – marchi, brevetti, diritto d’autore – sembra a metà tra la fantascienza e la pura erudizione. Eppure, in modo estremamente subdolo, le possibili e più restrittive regole in materia di proprietà intellettuale, ci riguardano molto da vicino.
Vediamo un paio tra i casi più significativi, ricordando comunque che i contenuti esemplificati sono al momento in bozza e oggetto di trattative che, per quanto blindate, sono ancora possibile influenzare con forme di protesta e iniziativa popolare a tutela dei nostri diritti (stop-ttip-italia.net).
Parmigiano Reggiano vs “Parmigiano” del North Carolina
Una novità introdotta dalle bozze del capitolo sulla proprietà intellettuale è che la registrazione del marchio abbia priorità sul luogo di produzione geografica e i due aspetti siano slegati. Nella pratica questo significherebbe che una marca americana potrebbe registrare come “Parmigiano” un formaggio prodotto localmente con processo produttivo e ingredienti anche molto diversi dall’originale (latte liofilizzato cinese, ingredienti vicini allo scarto come qualità) e commercializzarlo localmente con questo nome. L’unica cosa che non potrebbe utilizzare è il marchio “Made in Italy”. Per il vero Parmigiano, supponiamo quello prodotto dal Consorzio Parmareggio, diventerebbe addirittura impossibile registrare come Parmigiano il proprio prodotto localmente se la controparte, il “legalmente contraffatto”, fosse arrivato per primo. Un simile attacco è ipotizzabile per tutti gli altri prodotti doc, dop.
Le produzioni Dop e Igp in Italia hanno un fatturato alla produzione di 7 miliardi di euro ed al consumo di 12,6, e un valore di export pari al 32%. Tale fatturato e fonte di introiti, verrebbe messo in pericolo dalla vendita di prodotti USA usando gli stessi nomi dei nostri prodotti . Ma, fattore fondamenta, con l’accordo TTIP non potrebbero più essere combattuti come concorrenti sleali.
Questo aspetto del TTIP, a coronamento di tutte le parti che riguardano la filiera agroalimentare, è avversato anche da Confindustria nonostante stia supportando la firma del TTIP.
Internet e i suoi padroni
In questo campo il TTIP lancia un attacco contro la pirateria sia rispetto ai contenuti, rafforzando il concetto di diritto di autore, sia nelle forme, attaccando tutti i tipi di condivisione di file del tipo peer to peer. A questo si aggiunge il sistema di arbitrati extragiudiziali e la possibilità per le multinazionali della comunicazione di chiedere preventivamente la chiusura del sito “sospetto” di pirateria prima ancora che i tribunali speciali adibiti ad hoc, si siano espressi in merito. Al di là delle sanzioni francamente eccessive che possono colpire il singolo pirata audio o video, quello che preoccupa davvero è l’utilizzo del “diritto d’autore” esteso per colpire siti web scomodi, ad esempio, per rilasciare informazioni a tutela del consumatore con la possibilità di svelare “segreti” di stato. In realtà probabilmente negli USA questo attacco è già in atto.
Sotteso al TTIP c’è un quadro di aumento dei controlli sui dati e sulle informazioni, creazione di sistemi di intercettazione informatica sempre più capillari motivato della sicurezza nazionale, minacciata non si sa bene da quali pericoli.
Il quadro si fa ancora più allarmante se si aggiunge il tema, in discussione nell’ambito delle trattative legate al TTIP, delle autostrade digitali cioè di percorsi a diversa velocità per cui i motori di ricerca condurrebbero non ai siti più cliccati ma ai siti paganti, esplicitamente paganti. Naturalmente questo darebbe ulteriore vantaggio alle multinazionali di qualsiasi settore in quanto attori capaci di pagare le salate tariffe richieste perdendo internet la neutralità che finora la ha contraddistinta.
Questi condizionamenti di internet sono in realtà invisi anche a molti liberali e in molti paesi sono stati scritti appelli bipartisan per fermare queste (contro) riforme. Persino negli USA una proposta di legge repubblicana chiamata SOPA (Stop Online Piracy Act) con contenuti molto simili, è stata bocciata dal Congresso. Naturalmente dopo le elezioni di Mid Term, con l’ala democratica indebolita, ci potrebbero essere le condizioni per farla approvare. Purtroppo.
Michela Rea
Ingegnera- Imprenditrice.