Le donne e il lavoro nel complesso panorama di crisi, frammentazione e mutamento costante
La ricerca di indipendenza economica, legata sia alla presenza di una maggiore scolarità sia alla necessità di contribuire al reddito di gruppi familiari di ogni tipo, porta a registrare un accresciuto desiderio di partecipazione attiva al lavoro da parte delle donne. Desiderio che incrocia un mercato del lavoro in costante mutamento nella composizione, nelle regole, nelle specificità territoriali, nei servizi di conciliazione, nel contrasto alle discriminazioni.
La situazione attuale mette in luce i cambiamenti radicali intervenuti nella situazione socio economica in generale e nel mercato del lavoro in particolare.
Oggi siamo in presenza di una complessità che, sinteticamente potremmo così sintetizzare:
Il lavoro (quello non a connotazione imprenditoriale) non appare più prevalentemente come dipendente o autonomo con prospettiva di stabilità e di evoluzione positiva nell’arco della vita. Appare invece articolarsi, in una condizione di costante mutamento dei sistemi economici e delle normative in materia di lavoro, in un mosaico di occasioni lavorative basate su forme contrattuali diverse tali da modificare fortemente la percezione di costanza della propria situazione lavorativa;
Dal cambiamento voluto al cambiamento subito: siamo di fronte ad un cambiamento culturale epocale in tema di percezione del proprio lavoro in rapporto con i propri desideri e le opportunità di crescita individuale. Fino qualche anno fa il cambiamento veniva vissuto – da un numero limitato di persone – come opportunità di crescita, se attivato consapevolmente e corredato da un investimento individuale in termini di disponibilità individuale e accrescimento delle competenze. Oggi viene percepito spesso come un obbligo dovuto alle circostanze (crisi, cambiamenti normativi, convenienze si soggetti più forti), verso il quale neppure il bagaglio delle competenze rappresenta un ombrello in grado di riparare dalla possibile perdita di autonomia economica;
Riflettere sul lavoro implica il farsi carico della forte articolazione del tema, che tenga conto della frammentazione dei concetti: dal lavoro ai lavori, dal mercato del lavoro ai mercati del lavoro (perché grosse differenze si registrano anche nella stessa regione tra provincia a provincia, solo per fare un esempio sia in termini di opportunità e stabilità occupazionali, sia in termini di politiche attive del lavoro e di forme di welfare in grado di garantire – alle donne in primo luogo – la possibilità di accesso e permanenza nella condizione occupazionale), delle diversità insite nei diversi settori di produzione (pubblico e privato, settori forti e settori deboli, grande media piccola e piccolissima azienda, forte articolazione in termini di diritti e welfare pubblico e privato a disposizione dei singoli) ;
Al tradizionale approccio per il superamento dei gap di genere (di natura culturale, istituzionale, sperimentale, ecc.) e per il contrasto delle discriminazione di genere, la complessità attuale impone un approccio multiplo anche in ambito lavorativo, tenendo conto di tutti gli altri fattori di discriminazione indicati dall’Unione Europea (età, disabilità, religione, origine etnica, razza, diverso orientamento sessuale);
L’impegno richiesto ai governi dalle conferenze ONU sulle donne, a partire da quella di Pechino del 1995, per il contrasto alle discriminazioni (mobbing e molestie comprese), per quanto riguarda il lavoro si è manifestata in una risposta normativa non adeguatamente completata da una sufficiente dotazione di risorse finanziarie in grado di supportare una congrua azione operativa.
Qualsiasi proposta si intenda avanzare non può che basarsi su un rinnovato patto di condivisione tra uomini e donne in tema di cura, perché – come affermato dagli studi di Linda Laura Sabbadini di ISTAT – a fronte del mutato contesto demografico e socio economico le donne non potranno più essere il genere destinato a farsi carico del lavoro informale di cura. La c.d. conciliazione non è “cosa di donne” ma un diritto al quale uomini e donne possono accedere.
A fronte di ciò, le azioni necessarie per supportare formalmente e sostanzialmente l’autonomia economica delle donne, e per le quali richiedere un impegno formale e sostanziale delle forze istituzionali in campo, sono a formulare 5 proposte operative:
ANALISI COSTANTE E STRUTTURATA DEGLI IMPATTI DELLE NORMATIVE E DELLE AZIONI MESSE IN CAMPO A LIVELLO TERRITORIALE PER COGLIERE LE DIFFERENZE TERRITORIALI ALLA BASE DI POLICY REGIONALI E NAZIONALI: messa a disposizione di dati in ottica di genere da parte degli enti che amministrativamente si occupano di lavoro (INPS, INAIL, ENTI PREVIDENZIALI PROFESSIONI, ecc …) su base territoriale, modelli di analisi condivisi per rendere confrontabili le analisi, ecc.
ANALISI COSTANTE E STRUTTURATA DELLE INTERAZIONI FRA WELFARE PUBBLICO, PRIVATO, AZIENDALE E TERRITORIALE E LA LORO CAPACITA’ DI FACILITARE IL LAVORO DELLE DONNE E DEGLI UOMINI IN UNA LOGICA DI MAINSTREAMING ALLA BASE DI POLICY REGIONALI E NAZIONALI: forti differenze fra welfare territoriale, presenza di forme di welfare privato (aziendale, di categoria, ecc), valutazione delle sinergie territoriali possibili, ecc.
COSTRUZIONE DI UN SISTEMA DI VALORIZZAZIONE PREVIDENZIALE DI TIPO SOMMATORIO IN GRADO DI (SOPRATTUTTO IN PRESENZA DI SISTEMI PENSIONISTICI DI TIPO CONTRIBUTIVO) NON PENALIZZARE LE DIFFERENTI CONDIZIONI DI LAVORO E I PERCORSI FRAMMENTATI CHE SPESSO LE DONNE HANNO;
DEFINIZIONE DI UN LIVELLO MINIMO (dal quale partire, non in termini di livellamento al basso) DI DIRITTI DI MATERNITA’, PATERNITA’, CURA (integrando il tema della genitorialità con quelli di cura della disabilità e degli anziani, per i quali è ormai evidente che nessun sistema di welfare sarà in grado di coprire visti i dati demografici attuali incrociati con le potenzialità e la sostenibilità dei servizi pubblici e privati), STUDIO, NEL RISPETTO DI QUANTO PREVISTO DALLA NORMATIVA EUROPEA;
RAFFORZAMENTO DEL SISTEMA DI CONTRASTO ALLA DISCRIMINAZIONE DI GENERE E MULTIPLA IN CONTESTO LAVORATIVO, CON IL POTENZIAMENTO (E LA VALUTAZIONE DI EFFICACIA ED EFFICIENZA) DEL RUOLO DELLE CONSIGLIERE DI PARITA’: la normativa vigente prevede per le discriminazioni in ambito lavorativo, esercitato con ruolo di terzietà, la figura delle Consigliere di Parità distribuite territorialmente. Occorre rafforzare l’azione di tale organismo di parità, con la dotazione di risorse opportune, per garantire fattivamente l’azione di prevenzione e contrasto (con azioni conciliative o in giudizio) alle discriminazioni di genere.