Di Paola Gardin
Per chi, come me, ama la montagna, è naturale frequentare i presidi posti strategicamente in zone più o meno panoramiche, più o meno raggiungibili: rifugi e bivacchi.
Parlando, è naturale chiamarli per nome “Sono andato al Chiggiato, allo Scarpa, al Marmòl…” come fossero vecchie conoscenze comuni, tanto che perdono il loro significato di “posti dove ci si ricovera o si è ospitati in alta montagna ” e acquistano quello di amici di cui si ha stima e che ci evocano ricordi, tavolate, echi lontani, pericoli scampati, amicizie… ci lega a loro e a quanti li frequentino, un rude, fortissimo legame.
Non mi ero mai soffermata, prima che Maria Pia me lo facesse notare, sul fatto che la stragrande maggioranza di questi posti portino nomi maschili, sia nomi propri di uomini famosi o conosciuti solo a chi frequenta i monti, che nomi comuni. Di rifugi o bivacchi dedicati a una donna, o che portino nomi declinati al femminile, ne esistono, che io sappia, appena una manciata!
A parte il Rifugio Capanna Regina Margherita nel Gruppo del Monte Rosa, nato come Capanna, inaugurato dalla Regina d’Italia e poi ampliato, conosco il Rifugio Venezia al Pelmo, che oltre ad un nome di città (come del resto il Rifugio Biella alla Croda del Becco, il Rifugio Aquileia e probabilmente altri) porta quello di “Alba Maria De Luca” e il mitico Rifugio Maria Vittoria Torrani, attaccato alla Civetta come un nido d’aquila. Solo ultimamente sono venuta a conoscenza del Rifugio Laura Lowrie sulle Alpi Cozie e del Rifugio Alpino del Lago della Vecchia (nel Biellese) nome comune, certo, ma pur sempre al femminile e che ricorda alcune leggende legate alla fanciulla che, per amore e fedeltà, restò accanto al lago, sulle montagne, fino alla vecchiaia.
Ma c’è un rifugio che ho nel cuore, una costruzione con una storia speciale. Porta un nome maschile, il nome proprio di un massiccio temibile, maestoso, bellissimo: Antelao.
Non è il Rifugio più alto, o il più grande, o il più famoso delle Alpi Cadorine: la sua particolarità, o unicità, sta nel fatto che fu voluto, progettato, costruito da una donna: Giovanna Zangrandi, al secolo Alma Bevilacqua.
Di questa donna, scrittrice di successo nel dopoguerra ma poi dimenticata, ci sono alcune biografie a cui io non ho la pretesa di aggiungere nulla, solamente mi piacerebbe immaginare di rivolgermi a lei mentre guarda le montagne, i luoghi dove aveva voluto “trapiantarsi”dalla pianura e che ha amato incondizionatamente fino alla sua morte. Rinverdirne il ricordo come scrittrice e come ideatrice – costruttrice del Rifugio posto sulla Sella di Pradonego, sopra i paesi di Auronzo e Pozzale e sotto il massiccio dell’Antelao, mi intimorisce e mi commuove.
SCHEDA BIOGRAFICA
Giovanna Zangrandi, pseudonimo di Alma Bevilacqua
1910 – Alma Bevilacqua nasce a Galliera (BO) il 13 giugno.
Il padre, Gaetano, veterinario, proviene da una famiglia piuttosto agiata e molto numerosa. La madre, Maria Ebe Tardini, malgrado non abbia potuto continuare a studiare, legge molto e trasmetterà il suo interesse per la cultura alla figlia. Non aderisce al fascismo ed è molto critica verso il regime.
1916 /1920 – Alma frequenta le scuole elementari a Galliera.
La famiglia in seguito si trasferisce a Desenzano, dove Alma frequenta la I e la II Ginnasio con ottimi risultati.
1923 – Suicidio del padre.
1923/1929 – Alma frequenta il Liceo-Ginnasio Galvani a Bologna, dove si era trasferita con la madre, non ama però né la città, né la sua scuola, né i parenti che si occupano di loro.
1933/1934- Si laurea in Chimica. Ottiene l’abilitazione professionale in Chimica e il Diploma in Farmacia, fa l’assistente volontaria in Geologia.
1937- Morte della madre.
1937/1943 – Alma si trasferisce in Cadore dove lavora come insegnante di Scienze a Cortina. Fa anche la maestra di sci, la guida e l’arrampicatrice. Ha frequentato scuole fasciste e non ha ancora idee politiche precise, manifesta solo ostilità per le imposizioni, per la propaganda e per le manifestazioni del regime.
1943- Dopo l’8 settembre decide da che parte stare e si unisce alla resistenza. E’ insegnante e come tale può passare il confine e col nome di “Anna”, senza essere sospettata, fa la staffetta per i partigiani della brigata garibaldina P.F. Calvi portando, oltre a informazioni, documenti falsificati e armi. Quando i tedeschi cominciano a tenerla d’occhio, si nasconde per mesi in montagna.
Dal 1946 – Dirige il giornale “Val Boite”, in cui attacca e critica quanti vogliono nascondere il loro passato fascista e si fa numerosi nemici. Per tutta la vita si impegna anche nelle istituzioni pubbliche locali.
Rinuncia all’insegnamento, si dedica alla scrittura, che ha sempre coltivato, e si impegna nella costruzione di un rifugio nella sella di Pradonego, ai piedi del massiccio dell’Antelao. Questo progetto era stato a lungo accarezzato, sin dai tempi della lotta partigiana, insieme con il comandante Severino Rizzardi, il partigiano di cui si era innamorata. L’uomo però muore prima della Liberazione e Giovanna dirige i lavori da sola, partecipando attivamente alla costruzione. Gestisce il rifugio personalmente.
Dal 1961- Cede il rifugio al Cai. Nel frattempo ha avuto successo come scrittrice. Adotta diversi nomi fra cui Ada, Anna (il suo nome partigiano) poi quello definitivo di Giovanna Zangrandi col quale è conosciuta. Si trasferisce da Cortina a Borca di Cadore in una piccola casa vicino al bosco. Ha un cane, Attila, e pochissimi amici. Il morbo di Parkinson le farà perdere progressivamente la capacità di scrivere.
Si isola e non è più autosufficiente. Negli ultimi anni le resta accanto un solo amico, l’ex- partigiano Arturo Fornasier (nel racconto “I Giorni Veri” è il partigiano “Volpe”) che è l’unico ad assisterla e resterà il rispettoso depositario del suo archivio. Tuttora le sue carte sono conservate dalla famiglia Fornasier a Pieve di Cadore. L’archivio è stato sistemato, inventariato e curato da Myriam Trevisan.
20/1/1988 – Giovanna muore e secondo il suo volere è sepolta nella tomba di famiglia a Galliera.
OPERE PRINCIPALI
1951 Leggende delle Dolomiti
1954 I Brusaz – romanzo (Premio Deledda) – Medusa- Mondadori
1957 Orsola nelle Stagioni – Mondadori
1959 Il Campo Rosso (Premio Bagutta) – Editore Ceschina- è il racconto della costruzione del rifugio Antelao
1959/60 I Giorni Veri – la sua esperienza nella resistenza
1966/70 Anni con Attila (7 racconti)
Il Diario di Chiara – ambientato nel 1848 a Trento
Guida di Borca
Racconti partigiani e no
Gente alla Palua (racconti di vita emiliana)