Le aziende dovrebbero diffondere la cultura del riconoscimento dei talenti, a prescindere dal sesso.
In un pomeriggio milanese, mi incontro con Caterina Della Torre e, davanti a un caffè, condividiamo esperienze di vita e professionali. Una bella chiacchierata fra donne.
Non passa un giorno e Caterina mi gira un articolo, “Se gli uomini rubano il talento delle donne”, in cui si legge che spesso gli uomini sul lavoro si assumono la paternità di idee nate da donne, e con difficoltà rispettano il loro diritto di parola, prevaricandole o interrompendole.
Guarda caso era molto pertinente alla chiacchierata che avevamo fatto insieme. Ma perché è così difficile la “collaborazione” tra uomini e donne negli ambienti di lavoro?
Mi presento. Mi chiamo Marcella Saracco, ho 41 anni e sono nata a Torino. Ho conseguito la laurea breve presso la Business School of Management nel settore Finanza e Controllo di Gestione, e a seguire una Specializzazione in Marketing e Comunicazione digitale. La mia carriera professionale, vivendo nella Capitale Italiana dell’Auto, non poteva che iniziare in un ambiente automotive.
Da subito mi è risultato chiaro di chi fosse il ruolo predominante in questo tipo di aziende. Alcune donne mi hanno raccontato che si sono ritrovate la pillola anticoncezionale dentro la cassettiera, e che nel dipartimento di ingegneria non esistevano i bagni per le Signore. Poche erano le donne al comando di uffici.
Mi sono subito fatta notare, non per particolari motivi, semplicemente perché la mia educazione “sabauda” e la mia professionalità mi portano a combattere per difendere le mie idee e il mio lavoro. “Lavora bene e verrai premiata”, è il mio motto. Ed è stato proprio in un meeting di fronte alla prima linea aziendale che l’Amministratore Delegato ha apprezzato la mia determinazione e proprio lui mi ha invitata a ricoprire un ruolo più importante, in quanto avevo dimostrato di essere “una donna con le palle”.
Bene, oggi questa affermazione mi è molto familiare, ma all’epoca mi fece riflettere.
Perchè una donna che dimostra di essere in gamba deve essere associata a un uomo, quindi “avere le palle”? Sei brava = uomo.
Questo è stato solo l’inizio, perché, che mi piacesse o meno, è stata una definizione che mi ha accompagnato spesso: per come guido, per come gestisco la mia vita, il lavoro…
Sono passati più di 15 anni, e ho ricoperto ruoli da Responsabile Marketing, Comunicazione ed Eventi di grandi gruppi multinazionali. Spesso mi sono trovata a essere l’unica donna in una sala meeting e spesso mi sono trovata a utilizzare un gergo maschile per ricevere più attenzione.
Ho dovuto proporre con maggior convinzione delle scelte strategiche affinché venissero approvate.
Ho indossato abiti maschili per non far perdere il focus sulla questione lavorativa, per non spostare l’attenzione su “argomenti” non pertinenti.
Il vero problema, quindi, non era tanto farsi ascoltare, ma salvaguardare il proprio ruolo.
Una donna in gamba destabilizza un ufficio di uomini, perché la rivalità tra i sessi esiste sempre, e gli uomini – a differenza delle donne – sanno fare squadra.
Non sono sicuramente la prima ad affrontare questo tipo di situazione, ma sicuramente sono tra le tante donne che si sono trovate a doverla gestire. Certo “gestire”, in quanto il gioco di ruoli all’interno di un’azienda è un’attività delicata, fatta di equilibri.
Dopo tanti anni di esperienza in un ruolo da Manager, di risultati portati e visibili che mi hanno permesso di passare da un’azienda all’altra per sfide sempre maggiori, posso dirvi che non mi considero né una maschilista né una femminista, ma “giusta”, meritocratica.
Personalmente ho vissuto ogni tipo di esperienza, dalla discriminazione al riconoscimento. I miei superiori tutti uomini, tranne una donna (una grande Donna), il mio team di lavoro spesso più femminile che maschile. Ne ho viste tante, ma ho anche avuto tante soddisfazioni. Lavorare con gli uomini è stato formativo. Ho avuto un capo ex marine degli Stati Uniti d’America: non potete immaginare i ritmi che sostenevo, ma mi ha sempre lasciato il mio spazio e mi ha permesso di dimostrare il mio valore. In questo gli americani si sono dimostrati molto più etici di noi europei. Loro promuovono davvero il senso della squadra. In compenso, in quanto donna… ero scomoda nei momenti di “divertimento” prettamente maschili! Ma qui non approfondiamo.
Apprezzo quando si lavora in un gruppo misto, e insieme si ottengono i risultati prefissati. Quando i successi sono del gruppo, perché tante teste diverse sono meglio di una o di tante “uguali”. Perché le idee arrivano quando ci si confronta, e solo così si può migliorare. Il confronto deve essere “misto”, altrimenti non si analizzano i vari aspetti e le sfumature della questione. La diversità permette di uscire dal coro. Poi, il Manager ha il compito di prendere la decisione finale e presentarla ai superiori. Questo è il suo ruolo. Ma ciò non toglie che il merito del successo di quel lavoro possa essere riconosciuto al proprietario, o alla proprietaria intellettuale.
Mi piacerebbe che le aziende diffondessero la cultura del riconoscimento dei talenti, a prescindere dal sesso. Che questo non diventi una minaccia del posto di lavoro, ma un incentivo a lavorare insieme per migliorare le performance. Sarebbe un primo passo verso un mondo del lavoro più equo, onesto, meno frustrante e sicuramente più produttivo. In una situazione economica che non consente promozioni, il riconoscimento verbale di un successo è gratificante.
Oggi quello che noto più facilmente è una discriminazione nella selezione per un posto di lavoro. A parità di esperienza e capacità vengono preferiti gli uomini. Si crede di risolvere, il problema alla fonte.
E a voi, è mai successo che vi rubassero un’idea, il merito di un successo o un posto di lavoro in quanto donne?
2 commenti
E’ talmente vero che il talento delle donne fa fatica ad emergere che con un gruppo di imprenditrici e libere professioniste ho fondato un network per promuoverlo: EnterprisinGIrls. Siamo nate a Napoli ma abbiamo voluto con noi le amiche e colleghe di Roma, Firenze, Bari e Treviso. Questo ci permette di confrontare realtà socioeconomiche diverse ma, soprattutto, di creare opportunità di lavoro tra noi. Benché nate da poco stiamo crescendo in fretta e siamo diventate internazionali forse perché abbiamo scelto una formula vincente: una piattaforma web su cui creare connessioni accompagnata da incontri itineranti nelle diverse regioni. Oltre la rete ci vogliamo conoscere di persona per promuoverci l’un l’altra. In primavera saremo a Londra, in settembre all’Expò e partecipiamo attivamente all’organizzazione degli Stati Generali delle donne in alcune regioni.
Se il primo voto delle donne in Italia iniziò soltanto nel dopo guerra, credo che tutto sia chiaro che la strada è ancora pienamente lunga da percorrere per arrivare alla meta ideale, alla parità totale tra donna e uomo. In Italia, ho notato che esiste ancora la cultura conservatrice, cioè, per tantissimi uomini preferiscono una moglie casalinga che una donna più competente in lavori esterni. A mio avviso è difficile eliminare subito una usanza antichissima Mondiale? E benché tutto sia relativo alla generazione. Una tradizione che si tramanda da padre a figlio da moltissimi secoli. Secondo me siete voi donne di oggi a iniziare a cambiare le cose, insegnando ai vostri figli abitudini diversi da quelli di vostra esperienza e di vostra epoca, così facendo, sono sicuro che la donna del futuro sarà veduta con una ottica diversa e molto speciale. Auguri a tutte le donne del mondo intero.