In piazza Einaudi il 17 gennaio 2015 non c’erano solo quattro pirla, c’erano 2.000 persone, in Piazza Einaudi non c’erano semplicemente uomini e donne, c’erano delle persone.
Qualche giorno fa – sabato 17 gennaio 2015 – a Milano in Piazza Einaudi, i Sentinelli (movimento nato per contrastare l’omofobia) grazie alla partecipazione di tanti cittadini comuni, associazioni e politici, hanno potuto dare vita a una contro-manifestazione dal titolo: “L’unica malattia è l’omofobia”. C’erano decine di sigle legate al movimento gay, alla sinistra e al sindacato. Una chiara protesta contro il convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità“, organizzato dalla giunta del leghista Roberto Maroni – nel grattacielo di Regione Lombardia.
E proprio il Governatore Roberto Maroni che – tra il serio e il faceto – ha esordito a inizio convegno: “Qualcuno ha cercato di impedire questo convegno con insulti e minacce, in primo luogo nei miei confronti; ne ho subiti tanti quand’ero ministro dell’Interno, figuratevi se mi facevo condizionare da quattro pirla”. Anche il capogruppo della Lega, Massimo Romeo, è intervenuto urlando: “Questo è il primo di una serie di appuntamenti per arrivare alla festa lombarda della famiglia naturale, messa sotto attacco dal fondamentalismo laicista, che sta creando un grande vuoto; così i giovani si rifugiano nella droga e gli immigrati di seconda o terza generazione scelgono il terrorismo“.
Serve fare chiarezza. E serve farla nel dettaglio.
In piazza Einaudi non c’erano solo quattro pirla, c’erano 2.000 persone, in Piazza Einaudi non c’erano semplicemente uomini e donne, c’erano delle persone. In quella piazza regnavano entusiasmo e forte spirito di civiltà. Valore imprescindibile quello di approcciarsi alla protesta come strumento di crescita e non di rottura, come strumento di informazione e non di conflitto. Il conflitto infatti – nove volte su dieci – lo genera solo chi trama per interessi economici. I soldi – inutile negarlo – diventano il punto cardine dell’egoismo per eccellenza. La panoramica dell’evento organizzato dai Sentinelli invece poggiava sulla qualità di trasferire concetti semplici, umani, a tutela dell’individuo, senza distinzioni. Canti, baci, sorrisi, azioni straordinarie che sono riuscite a sfidare il dilagante pressapochismo.
Dal palco de I Sentinelli è intervenuto l’assessore del Comune di Milano alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, il quale ha prontamente criticato il fatto che il convegno in Regione Lombardia avesse il logo Expo: ”Non tolleriamo l’utilizzo distorto del logo e dell’occasione di Expo. Ringrazio gli organizzatori del presidio che hanno permesso di dimostrare che questa non è la città che considera i cittadini omosessuali dei soggetti deboli da proteggere, tutelare, emarginare o ghettizzare”.
Luca Paladini, il portavoce de i Sentinelli ha tenuto a precisare: “Il messaggio che vogliamo inviare è che nel 2015 non si può definire l’omosessualità una malattia. In Danimarca si festeggiano i 25 anni dall’introduzione di una norma contro la discriminazione dei gay, qui in Italia stiamo ancora a discutere se si tratti di una malattia o meno”.
Durante il convegno milanese della famiglia in Regione aleggiano due misteri: la presenza, tra gli ospiti in platea, di Don Mauro Inzoli (un ex parroco di Crema che su invito del Vaticano fu a suo tempo costretto a ritirarsi a vita privata per accuse di abusi su minori) e l’allontanamento dal palco di un giovane studente – tra offese e fischi di sottofondo – per aver posto ai presenti questa domanda: “siete sicuri che tutti i vostri figli siano eterosessuali?
Nel nostro Paese siamo ancora alle “gentili concessioni”, questa è la verità.