L’idea del personal branding è persuadere eticamente (dicendo il vero!) chi ci ascolta, o ci trova in rete, rispetto a ciò che siamo e sappiamo fare per loro.
L’idea di abbinare il coaching a processi di autostima è di Francesca Parviero. Milanese del ’77 sposata con un figlio, si è laureata in Scienze della Formazione degli Adulti e ha fatto studi di Social Media Marketing e Business Coaching. Sino al 2010 è stata HR (risorse umane) Manager in azienda.
Come è nata She factor?
She Factor nasce dall’incontro della mia competenza con il desiderio dell‘Associazione Umberto Ambrosoli di contribuire a realizzare un progetto di questo tenore. Filippo Marano, loro Social Media Manager, mi ha chiamato e coinvolto come project manager. Sai quando si dice “serendipity“? Ecco, questo progetto, lavorare sulle donne e il personal branding, era pronto per sbocciare e ci pensavo da anni, anche spinta dal mio coach in materia di personal branding, Luigi Centenaro, che già anni fa mi vedeva chiaramente a questo crocevia fra la materia – il personal branding – e il target – le donne. Loro mi sono piaciuti e ho detto sì, purché si facesse a modo mio: un progetto che arrivasse al maggior numero di donne possibile.
Cos’è esattamente il personal branding?
Innanzitutto è una materia in divenire. È un messaggio implicito, nella nostra capacità di valorizzare, chi siamo agli occhi del nostro target, del nostro pubblico, dei nostri clienti. Si tratta, per me, di persuadere eticamente (dicendo il vero!) chi ci ascolta, o ci trova in rete, rispetto a ciò che siamo e sappiamo fare per loro.
Le donne non sanno emergere perché non sanno evidenziare le proprie capacità o non si stimano a sufficienza?
Non mi piace generalizzare. Le donne che ho incontrato, molte e in contesti diversi fra loro, hanno condiviso con me una certa difficoltà nel saper sostenere la propria capacità e farlo senza sentirsi inadeguate nel farlo. Non tutte, ripeto, ma in alcuni casi credo che un po’ di autostima aiuterebbe a poterci affermare senza sovrastrutture culturali che ci soffochino in pattern che non ci appartengono più.
Come sono state scelte le 4 ambassador? Qual è il loro apporto?
Ho scelto io le 4 ambassador, guardando alle persone che in questi anni avevo seguito e conosciuto per il loro valore professionale e impatto sociale. Ho chiesto loro di mettersi in gioco affinché facessero da apripista alle altre. Ognuna di loro, oltre ad essere presente col proprio profilo online (sul sito nella sezione ambassador), dovrà rispondere ad una prima intervista introduttiva e prestarsi a fare insieme a me un esercizio di personal branding su uno degli strumenti che abbiamo scelto: blog, LinkedIn, Facebook e Twitter. Di volta in volta i loro esercizi verranno condivisi e poi proposti in modo strutturato alle partecipanti che si sono iscritte al percorso (sul sito, nella sezione partecipa).
I vostri obiettivi a breve termine?
Principale obiettivo è quello di animare un percorso di sensibilizzazione su queste tematiche che rimettano le donne al centro del loro destino. Sappiamo benissimo che sarebbe semplicistico credere che solo da questo le cose possano cambiare, e cioè che in Italia improvvisamente la rappresentatività venga equamente offerta a uomini e donne anche nei ruoli di potere nei contesti professionali, politici e sociali. Ma è un inizio, e per le legge dei sei gradi di separazione, se siamo riusciti a far iscrivere 1.000 partecipanti, gli esiti saranno molto più grandi.