È colpa mia se funziona sempre? In dieci minuti ce ne andiamo tutti contenti: loro con un appartamento nuovo dotato di vasca lilliput e io con un contratto preliminare e i soldi della provvigione già sul conto corrente. Dio, quanto sono astuta.
Mi merito un gelato di quelli tosti.
Devo ringraziare mia madre che mi ha fatta magra, altrimenti come potrei indulgere senza danni tra le montagne soffici e goderecce delle gelaterie?
Come potrei starmene qui, per una volta indecisa tra Cioccolato Variegato Nutella e Brivido Spaziale con una spolverata di cacao amaro?
Bella scelta, non proprio in linea, ma bella scelta. E bella voce.
Senza dare nell’occhio, facendo finta di cercare nella borsa, mi giro e lo vedo.
Apriamo una parentesi, a me i ragazzini non sono mai piaciuti. Un uomo deve avere almeno dieci anni più di me e questo fascinoso cinquantenne che per leggere i gusti sfodera il vezzo di mettersi e levarsi gli occhiali con civetteria, è di quelli che mi fanno impazzire. Ha una pila di antologie scolastiche, prof dunque, un poco più in su c’è una scuola, probabilmente insegna lì, come ho fatto a lasciarmelo sfuggire fino a ora? A proposito di notare, noto anche una fede al dito e un’aria annoiata da uomo troppo fedele.
Non stupitevi, vendo case, sono abituata a cogliere al volo un mucchio di cose. Perché sei un avvoltoio, dice Olga, io preferisco definirmi attenta.
Lo guardo che si allontana e quasi lascio sciogliere senza toccarlo il mio Variegato. Sono già innamorata. E lui deve innamorarsi di me.
Un serio cinquantenne ammogliato, annoiato e fedele.
Impresa impegnativa.
Carissimi, io sono riuscita a vendere un monolocale sesto piano senza ascensore finestre su porto industriale, al prezzo di un loft a New York vista su Central Park.
Per me niente è impossibile. Basta fare due conti e metterci impegno.
– Ciao. Ti è caduto questo.
Veramente è stata colpa mia, ma non se n’è accorto. Ho fatto in modo di entrare insieme al bel prof in gelateria e l’ho spinto un pochino. Gli è scivolato un libro e lui, tutto impegnato con il numero degli occhiali su e giù, l’avrebbe lasciato in terra per chissà quanto tempo e così l’ho raccolto io, che sono educata. Diabolica, direbbe la Olga.
– Grazie – sorride, mentre io mi squaglio come un sorbetto al sole.
Ma non è il momento di perdere la testa.
– Cioccolato Amsterdam – dico alla ragazza che aspetta. – Tu cosa pensi di prendere?
– Bounty Mou.
– Buono. Però qualcosa al cioccolato è sempre la scelta giusta – e per farglielo notare infilo il cucchiaino prima nella burrosa abbondanza della mia coppa e poi fra le mie labbra delicious pink. Sto per chiedere se ne vuole assaggiare un po’, ma mi fermo. Ancora troppo presto.
– Devo andare. Ciao.
Sento alle mie spalle un colpo di tosse.
– No, cambio. Stracciatella, per favore.
Ottima reazione, prof. Proprio perfetta.
Il giorno dopo è lì che mi aspetta, fa finta di niente, ma è chiaro che mi aspetta.