Gli armadi sono mondi. Non sono solo contenitori, sono piuttosto
Le effimere e la fortezza
IL MIO ARMADIO E’ UN’AUTOBIOGRAFIA
Ce ne sono di interiori, invisibili eppure veri, impalpabili eppure toccanti.
Custodiscono il passato, oltre che il presente. E persino il futuro: abbiamo tutte dei capi che non abbiamo mai messo ma che “metteremo”. ..
E così, come altari, non solo come scrigni, stanno muti a descriverci: abbiamo tutte dei capi “che vorrei tanto ma non ho il coraggio”, capi del passato che non riusciamo a lasciar andare, colori che ci parlano e colori che ci zittiscono.
Sì, gli armadi sono proprio autobiografie. Si chiama così un laboratorio con cui per un po’ di anni abbiamo raccontato noi stesse: ridendo e piangendo, scoprendoci negli interstizi, tra un foulard a pois e un paio di guanti di velluto “per quella occasione speciale” che ancora non c’è.
In questi giorni un altro sta per partire, per raccontare ancora quelle storie che leghiamo a doppio filo a bottoni materiali ed immateriali, a cerniere per aprire e per chiudere non solo gonne ma anche ritagli di storie, a guanti e cappelli e sciarpe che ci proteggono come marsupi.
E così, a tutte voi amiche di Dols vorrei regalare un pezzo del nostro laboratorio: un esercizio autobiografico.
Un esercizio di scrittura creativa che muove da quella parte di noi che, sebbene così lontana dalla nostra testa, la contiene e la esprime. Oh, sì: abbiamo la testa nelle scarpe! Cenerentola non è mito di mancata emancipazione ma… di bisogno di radici e trasparenze.
Ed allora eccolo qua: IL MONOLOGO DELLE MIE SCARPE.
Seguite la traccia, prendete un taccuino o anche solo un tovagliolo di carta…e fatele parlare.
Vi parleranno.
IL MONOLOGO DELLE MIE SCARPE
Penso alle scarpe della mia vita.
Alla moviola le rivedo tutte: quelle di quando ero bambina; poi quelle da adolescente.
E poi le scarpe della giovinezza e della adultità;
le scarpe comode e le scarpe elegantissime,
le scarpe di tutti i giorni e quelle per le occasioni speciali,
quelle comprate e indossate solo una volta, quelle mai indossate e regalate e…quelle mai indossate ma.. ancora nel mio armadio perché dico sempre che un giorno le indosserò;
le scarpe più “vecchie” che possiedo…e poi le ultime che ho acquistato…;
le scarpe che mi fanno sentire “donna”, quelle che mi fanno sentire “mamma”,
quelle da casalinga e quelle da superstar,
quelle da sogno, quelle da fine del sogno….
e poi quelle da combattimento e da -nessuno-mi-ferma.
Rivedo e ri-penso tutte le scarpe della mia vita, come tanti fotogrammi veloci…
e poi, ancora, le riguardo alla moviola.
Gli uomini non possono capire quante cose di me dicono le mie scarpe. Mi portano e mi raccontano. Mi proteggono e mi svelano.
Allora ne scelgo un paio, quello che più mi assomiglia.
E le ascolto…E le lascio parlare.
Cosa direbbero di me, di quello che hanno visto, sentito, provato, attraversato, portato?
Concedo facoltà di parola al loro punto di vista e lascio che loro, dal basso, raccontino di me. A me stessa.
“Siamo le scarpe di vernice di Gianna, ci ha indossate il giorno del matrimonio di zia Carmela, aveva dieci anni e guardandoci pensava che…”
(Le foto sono state scattate presso il Museo di Roma dove è in corso la mostra “I vestiti dei sogni”, dedicata ai grandi costumisti italiani)