Sono sempre di più i bambini che hanno uno stile di vita e ritmi quotidiani e settimanali concitati e frenetici, alla stregua degli adulti.
Viviamo in una società paradossale, ovvero caratterizzata da paradossi e contraddizioni, schizofrenica.
Se da una parte, la protezione del bambino è riconosciuto come un valore primario e universale, in linea con le principali convenzioni europee e internazionali (basti pensare anche ai grandi cambiamenti in ambito giuridico con le normative sull’ascolto del minore e sull’affido condiviso), dall’altra il diritto del bambino di essere considerato e trattato come tale, un bambino appunto, è sempre più violato. Addirittura nel 1991 Neil Postman denunciava la “scomparsa dell’infanzia”, intendendo con ciò un approccio sempre più generalizzato per cui nella società consumistica attuale si tende ad annullare o a ridurre le differenze fra adulto e bambino, esponendo quest’ultimo a situazioni, attività ed esperienze precoci per la propria età.
Gli anglosassoni parlano di “hurried child syndrome”, intendendo con ciò la precocizzazione di crescita dei bambini di oggi.
La precocizzazione riguarda, come ha scritto Anna Oliverio Ferraris nel suo libro “La sindrome Lolita, Perché i figli crescono troppo in fretta”, la iper-erotizzazione mediatica a cui sono sottoposti e con cui sono bombardati i bambini fin da piccoli. Ma non solo.
Ai bambini è stato tolto anche il diritto e il bisogno di condurre una vita da bambini, in cui la parte del leone la fa, o meglio la dovrebbe fare, il gioco.
Sono sempre di più i bambini che hanno uno stile di vita e ritmi quotidiani e settimanali concitati e frenetici, alla stregua degli adulti.
A tal proposito, mi viene in mente un bambino di 8 anni, che al momento di concordare una visita medica, disse “controllo l’agenda”, non quella del padre o della madre, bensì la SUA! E come lui, sono tanti i bambini e le bambine che all’età di 6 o 7 anni, hanno un planning settimanale così colmo di impegni da fare concorrenza a quello dei manager.
Sono bambini che oltre alla scuola, magari a tempo pieno, praticano almeno due sport, musica, canto, lingua, e chi più ne ha più ne metta.
Spesso sono figli di genitori a loro volta molto impegnati e che, quindi, come modello di identificazione e di riferimento hanno un padre e una madre iper-impegnati con pochi/rari spazi liberi e che pertanto per volontà o bisogno familiare o per imitazione, tendono ad assumere un atteggiamento simile.
Il risultato è che viene meno il tempo libero per giocare, per stare e incontrarsi con gli amici, per annoiarsi. Sono bambini che passano da un’attività all’altra con ritmi concitati, con una vita programmata sulla base di impegni programmati e attività strutturate.
Ma siamo così sicuri che questo ritmo e stile di vita sia a misura di bambino? Francamente ho molte perplessità in merito.
Può darsi che un bambino impegnato in tante attività, programmate e decise a priori, possa far piacere e comodo ai grandi, sia perché in questo modo, è colmata e compensata l’assenza dei genitori sia perché un bambino che svolge tante attività è spesso vissuto come motivo di orgoglio da mamma e papà.
Tuttavia questa programmazione così concitata e sovraccarica non è funzionale al bambino piccolo per vari e diversi motivi.
In primo luogo, perché non rispetta i tempi fisiologici del bambino, che sono diversi rispetto a quelli di un adulto. Un bambino ha bisogno di recuperare dopo un’attività che lo ha impegnato ed è importante che sia contemplato uno spazio di decompressione, funzionale anche a rielaborare e sedimentare quanto fatto e appreso. Pertanto oltre al rischio di stanchezza cronica, ne può risentire anche il funzionamento cognitivo, per un eccesso di stimoli e un sovraccarico di informazioni che non sono riordinate e rielaborate al fine di essere interiorizzate e apprese.
Il bambino ha bisogno anche di tempo libero per sviluppare la propria creatività, sentirsi libero di creare idee, attività, giochi… Il bambino che si confronta sempre con giochi e attività proposte e strutturate dall’adulto, rischia di far fatica nello sviluppo del pensiero creativo. In questo modo dinanzi ad un’attività come anche ad un problema, può imparare ad attendere che sia qualcun altro, dall’esterno, a fare o proporre al posto suo, senza che vi sia da parte sua la capacità e la spinta a provarci, a sviluppare l’intuizione e la creatività.
Infine il sovraccarico di impegni porta anche alla mancanza di spazio, tempo e opportunità per coltivare le relazioni umane e affettive. I bambini sovraccaricati non sono mai disponibili per ritrovarsi con gli amici e questo li può portare a lungo termine, a coltivare poco i rapporti amicali e sociali e anche a condizioni di scarsa integrazione nel gruppo amicale.
Infine viene meno il tempo per il gioco, fondamentale per lo sviluppo del pensiero.
Ai bambini di oggi si chiede troppo spesso di crescere velocemente “bruciando” le tappe fisiologiche che, invece, andrebbero rispettate e ciò può provocare degli effetti negativi sul loro sviluppo, perché viene meno il bisogno di essere bambino e vivere da bambino. Troppo spesso commettiamo l’errore di chiedere ai figli di adeguarsi e adattarsi a noi, inclusi i nostri ritmi e i nostri tempi, quando forse dovremmo imparare noi adulti a guardare le cose dalla prospettiva dei bambini e dei loro reali bisogni, diversi e variabili in base all’età.