Francesca Capelli, giornalista, autrice e traduttrice per editori italiani e argentini ha fatto il grande salto: tre anni fa si è trasferita in Argentina e si trova così bene che non pensa di tornare:)
Bolognese del 1969, non sono sposata e senza figli, con un laurea in Scienze Politiche (indirizzo sociale) e al momento sao scrivendo la tesi per il mio master in Comunicazione e cultura all’Università di Buenos Aires.
Come mai e quando ti sei trasferita in Argentina?
Vivo in Argentina, o meglio, a Buenos Aires, da poco più di tre anni. Specifico perché l’Argentina è un paese enorme, vario e complesso. Buenos Aires rappresenta solo una parte di esso. Mi sono innamorata di questa città quando ci sono venuta come turista, tanto che per anni ci sono tornata, sognando che un giorno ci avrei vissuto. A fine 2011 mi sono trovata in una situazione particolare. Di nuovo single, dopo una convivenza di 15 anni, e con la voglia di reinventarmi e di approfittare della ritrovata indipendenza. Così mi sono detta: “È il momento, ora o mai più”
Come ti trovi? Non hai mai nostalgia dell’Italia?
Ovviamente mi trovo bene, se no non resterei! Ho nostalgia dell’Italia a sprazzi: le persone, i luoghi, il parmigiano reggiano… Mi mancano certe situazioni: sapere che i miei amici o colleghi vanno a un certo festival di letteratura e non poter essere lì. O quando sento mia madre al telefono che mi racconta qualcosa di divertente. Oppure penso al profumo dei tigli nelle strade di Bologna le sere di primavera, a maggio, proprio quando qui inizia a fare freddo. Per fortuna la tecnologia aiuta: FB costantemente acceso mi dà la sensazione di essere più vicina all’Italia e vedersi via Skype non è lo stesso che farlo dal vivo, ovvio, ma è sicuramente più “caldo” che una semplice telefonata.
Come sono le donne argentine? Più emancipate di noi?
Non dimentichiamo che l’Argentina ha un presidente donna! Poi è difficile fare generalizzazioni, soprattutto per un paese come questo. Vivere a Buenos Aires o in uno sperduto paesino della Patagonia o del Nord-Oeste non è la stessa cosa. Come non è la stessa cosa parlare del centro di Buenos Aires e di una villa (quartiere povero). Sicuramente c’è una maggiore tematizzazione dei problemi: il femminicidio non è considerato un’invenzione di qualche femminista invasata, nessuno si sognerebbe mai di chiamare un donna “medico” o “avvocato” o “presidente”. E la politica ha una forte attenzione alle questioni “di genere”, non solo quelle delle donne. Basta pensare che l’Argentina è il primo paese latinoamericano ad aver introdotto il matrimonio paritario e una legge sull’indennità di genere che permette di cambiare sesso all’anagrafe con una procedura amministrativa, senza dove provare o mostrare niente. Poi non mancano i problemi: molta violenza domestica e il fatto che non sia possibile abortire legalmente.
Il tango ti prende e ti travolge. Anche tu travolta dalle passioni?
La cosa divertente è che prima di venire qui non avevo mai ballato tango in vita mia! Poi un’amica mi ha quasi obbligato provare ed è stato subito amore. Il tango insegna molte cose: ad “ascoltare” l’altro, a non anticiparne le mosse (per noi ansiosi un grande esercizio), ma anche che ogni tanto noi donne forti e indipendenti possiamo lasciare il ruolo di guida a un altro, fargli fare tutta la fatica e godercela. Un tango dura 3 minuti, non casca il mondo se per quei 3 minuti ci facciamo portare.
Credi che in Italia, in Europa si siano dimenticate le passioni? La libertà delle emozioni, imbavagliate dalla quotidianità?
L’impressione che ho quando torno in Italia è quella di una rassegnazione e la convinzione che non ci sia più niente di nuovo da fare o da scoprire. In compenso qui ogni cosa si trasforma in un’avventura. Sembra che ogni cosa sia possibile. Per carità, è un paese che ha molti problemi, un’economia fragile, un’inflazione altissima ma Buenos Aires è la città con il più alto numero procapite di librerie (si dice una ogni 25 metri) e di teatri del mondo. È una città dove una donna può tornare a casa da sola alle 3 del mattino sentendosi mediamente sicura.
Scrivi libri? Ti manca il tuo vecchio sito internet? E i digitale in argentina come procede?
Un mio romanzo per ragazzi è in un uscita per l’autunno con l’editore Raffaello. Il mio vecchio sito (www.ragazzinet.it) è tutt’ora funzionante e presto mi rimetterò ad aggiornarlo.
Per quanto riguarda la situazione del digitale in Argentina il paese procede a due velocità tra le grandi città e le zone rurali. Il governo da alcuni anni distribuisce un computer portatile a tutti i bambini che frequentano la scuola, dagli 8 anni in su, con la possibilità di collegarsi gratuitamente e reti civiche, per colmare un eventuale digital divide legato alle condizioni economiche delle famiglie. Buenos Aires è una città molto connessa. Da anni tutti i bar sono dotati di wi-fi, anche i più modesti e malmessi, per capirci, e puoi sederti a lavorare per ore prendendo anche solo un caffé. Il problema sono semmai i contratti per avere Internet in casa, piuttosto cari.
Molte donne nel digitale? ed in posizioni di vertice aziendale?
Proprio in questi giorni si parlava di gap di genere nel digitale: le donne hanno in generale meno possibilità di accesso. Politiche come quella della distribuzione dei notebook possono aiutare a prevenire queste disuguaglianze, purché poi il computer venga usato bene a scuola, non sia solo un intervento a pioggia.
Violenza e pari opportunità. In Argentina come procedono?
Come dicevo, è un paese grande e complesso e le situazioni sono molto varie. Spesso contraddittorie. Ti ricordo che è un paese dove puoi cambiare sesso come semplice procedura amministrativa e dove non ci sono limiti né di status né di età per fare una fecondazione assistita, però l’aborto è ancora illegale. Inoltre Buenos Aires non è lo specchio di tutto il paese. E nella stessa città ci possono essere situazioni molto diverse. A livello istituzionale, è stato creato l’Inali (Istituto nazionale contro la discriminazione, la xenofobia e il razzismo) che funziona bene a livello di stimolo legislativo, interventi educativi nelle scuole (senza tutte le polemiche che suscitano in Italia semplicissimi progetti come quello di Trieste), intervento propositivo e sanzionatorio sui media (un giornalista tv molto famoso mancò di rispetto a una trans e fu sanzionato e dovette scegliere tra fare una trasmissione riparatoria o seguire un corso sui diritti umani con il suo staff). Ha un numero verde a cui rivolgersi se si subiscono discriminazioni sul lavoro o negli uffici pubblici. L’altro giorno ho visto un Tg della Tv pubblica con una conduttrice non vedente che leggeva le notizie in braille. Purtroppo i casi di femminicidio e tratta di persone esistono e non si limitano certo ad ambienti marginali e degradati. E le donne ai vertici, soprattutto nei luoghi chiave dell’economia, sono ancora poche. Però è un paese che, a livello di leggi e di costruzione di uno spazio simbolico e discorsivo, sta facendo moltissimo.