Lucia Sardo attrice siciliana incarna in sé solidità e leggerezza, simbolizzando il siculo assioma “moviti femma” nel suo “centro di gravità permanente”.
di Alehina Musumeci
Intensa, talentuosa, appassionata, anticonformista, impegnata, Lucia è tutta un sacro fuoco creativo che amministra col cuore.
Attrice, autrice e regista, originaria del siracusano e da anni catanese di adozione, fuggì diciottenne ribelle al Nord, dopo la ricca formazione con i più grandi maestri del teatro sperimentale e i successi teatrali, debuttò nel cinema con Aurelio Grimaldi in La discesa di Aclà a Floristella (1992).
Sempre come sua Musa affrontò ruoli difficili (in La Ribelle, Le buttane ed in altri) e poi l’intensa interpretazione di Felicia Bartolotta Impastato in I cento passi (2000) di Marco Tullio Giordana che la consacrò definitivamente. Nel 2009 fu Giovanna Cannova la madre della collaboratrice di giustizia suicida Rita Adria in La Siciliana Ribelle di Marco Amenta. Due donne di mafia e due ruoli che la segneranno profondamente.
Attrice versatile drammatica e comica, è stata diretta tra gli altri da Lizzani, Tornatore, Verdone, dall’amico Franco Battiato. Dopo molta televisione, dal 2011 si è proposta anche nella foodcomedy di successo Masseria Sciarra e ultimamente nel film Italo sullo straordinario cane di Scicli di cui ho scritto.
La sua passionalità la traduce in impegno civile, politico e femminista: Capolista di Sinistra Arcobaleno con Rita Borsellino alla regionali del 2008 perché le piaceva l’idea che donne serie ed oneste governassero, anche se lei, come disse F. Battiato di se stesso,” non sta né a destra, né a sinistra ma in alto”; nel suo Laboratorio di Teatro a Catania con amore materno forma i giovani alla Vita; sempre con lo stesso intento, dal 2007 gira l’Italia con il suo emozionante spettacolo per le scuole La Madre dei Ragazzi su Felicia Bartolotta Impastato e suo figlio Peppino ucciso nel 1978; idea nel 2011 lo spettacolo La Nave delle Spose sul fenomeno delle spose per procura. E molto altro.
Nelle nostre varie conversazioni sulla Sicilia afferma che il suo richiamo è un incantesimo, che i siciliani non la amano ma ne sono dipendenti, è questo il dramma. Dal momento che penso la Mafia sia un modo di percepire la Vita, Lucia mi conferma che Rita Atria affermava che bisognava sconfiggerla all’interno della nostre vite, altrimenti sarebbe stata una lotta vana.
Per questo, quindi, Lucia afferma che l’incontro con Felicia Bartolotta, l’ha trasformata, perché F era una donna normale, dignitosa ma coraggiosa e rivoluzionaria che ha scardinato sia il Modello Culturale femminile della donna sottomessa, sia il Modello Culturale mafioso, non attuando né il modello della paura, né quello della vendetta ma caparbiamente esigendo giustizia. La ottenne nel 2002 dopo 24 anni. Difatti Felicia, che aveva solo la 4° elementare, soleva dire che “La mafia non si sconfigge con le pistole ma con la cultura”, (intendeva con il coltivare se stessi, migliorandosi sempre) e che suo figlio le aveva fatto un enorme regalo: l’aveva liberata dalla paura!
MADONNA ADDOLORATA
Lo spettacolo “La Madre dei Ragazzi” è il tributo di Lucia a Felicia che non si fece prostrare dal dolore. Dopo il tremendo omicidio del figlio, pur vivendo dentro di sé, l’Archetipo della Madonna Addolorata (in tempi remoti Demetra disperata per il rapimento dell’amata Kore) riuscì a non farsi dominare né fagocitare da esso, anzi a trasmutarlo: doveva lottare per la verità e badare ed aiutare gli altri figli e gli amici di Peppino, ed altri ancora… Così divenne davvero la Madre di tutti i ragazzi, lo stesso archetipo nel suo lato luminoso. All’inizio dello spettacolo, infatti, dopo una sequenza di filmati di violenza come quelli quotidianamente serviti dai media, dal fondo della sala appare Lucia che compie un rito sciamanico purificatore introducendoci in una nuova dimensione… Lucia-Felicia rassicura i ragazzi delle scuole < Siete giunti nella casa della Madre… Qui sarete ascoltati, curati, accuditi! >. In questo dramma Lucia presenta la Mafia con uno sguardo femminile perché fu F che sconfisse il grande Boss, e parlandone ribadisce “Vorrei si dicesse non che Felicia era la mamma di Peppino Impastato, ma che Peppino era figlio di Felicia. Lei era l’albero, lui il suo frutto”.
Nonostante interpreti tante figure femminili, Lucia continua ancora e sempre a portare Felicia nel suo petto e, come F stessa le aveva suggerito, ad “interpretarla col Cuore”.
LUCIA A CASA SUA.
Lucia Sardo, sciamana resistente all’ombra del vulcano
Cara Lucia, pur conoscendoci non ti ho mai chiesto dei tuoi nomi entrambi “luminosi”, come mai hai assunto il nome Lucia invece del tuo che è Aurora?
In effetti mi chiamo Aurora, Lucia, Sara. Tutti nomi che hanno a che fare con la Luce, infatti mi hanno detto che Sara significa Principessa della Luce. Ma alla fine ha prevalso il volere di mia mamma e non di mio papà e mi faccio chiamare Lucia come la nostra “Santuzza” d Siracusa.
Hai dichiarato che per te recitare è facile, istintivo e che quando devi scegliere un film scegli col cuore non col borsellino.
Nel passato ho fatto sovente scelte impopolari rivelatesi spesso però giuste alla lunga. Infatti, non riesco a fare qualcosa se non mi piace, ne soffro troppo, sono stata fortunata anche se ora con questa crisi è più difficile… Ma qualsiasi ruolo lo interpreto sempre con grande amore e professionalità.
Tu hai anche avuto la fortuna di essere stata diretta da varie registe in teatro e nel cinema, ultimamente dalla debuttante Alessia Scarso in Italo, in cosa differiscono dai registi e cosa significa per un’attrice come te essere diretta da una donna?
Le donne sono più tenaci, credono in loro stesse e in ciò che fanno, sono puntigliose. Le donne per arrivare a fare qualcosa devono “riempire fossati”. Preferisco le donne in quanto se una è arrivata è di sicuro più in gamba di un uomo, a meno che sia imparentata o altro con un uomo…
Hai scelto Italo perché quasi totalmente realizzato da una squadra di donne (ideazione, sceneggiatura, regia, produzione, fotografia, scenografia, costumi, editor ed educatrice sul set del cane Tomak/Italo) come Viola di Mare di Donatella Maiorca, tanto che l’ho definito “una filma”?
Si, una atmosfera femminile è più “morbida”, c’è più spazio per le confidenze intime, alla fine sappiamo tutto l’una dell’altra. C’è più cura fra donne. Quando una donna soffre “soffre a colori”, un uomo soffre in bianco e nero. Un uomo raramente è incuriosito dalla mia anima, quando ero da giovane lo era dal corpo…
Cosa ti ha convinto, oltre al team, nel copione di Italo?
La storia è bellissima, è una storia universale, ispiratrice. Anche girando il film ho incontrato persone che dicevano di aver adottato randagi o di accudirli in strada.
So che ami gli animali.
Amo gli animali come si devono amare tutti gli esseri viventi di questo pianeta e non mi sento speciale per ciò, ritengo al contrario “speciale” chi non li ama! Ho avuto una cagna e quando partorì, mio figlio allora bambino, si draiò accanto a lei dicendo di essere il papà dei cuccioli! Poi ho avuto per 18 anni Zazà, una gatta persiana meravigliosa, morta di recente che sempre mio figlio reputava una” sorella”. Franco (Battiato), diceva che era “un’anima antica” più avanzata di molti umani. Ora non ne ho altri, sarebbe solo un sostituto di Zazà, col tempo, forse.
Ritornando a te come attrice, hai interpretato molti tipi di donna dalla puttana alla suora quale ti è piaciuto di più e perché escludendo le due famose madri?
Non riesco ad amare un personaggio più di un altro, ho con loro un rapporto materno come fossero figli, infatti sono mie “creature”, li amo ognuno per delle motivazioni diverse, anche quelli con qualche pecca.
Ed ora cosa è stato ed è per te il Femminismo?
Come anche per te, il femminismo l’ho incontrato da giovane, mi ha liberato la fantasia, mi ha fatto riappropriare delle mie sorelle. E’ stato un periodo molto bello. C’era un movimento in ogni città che ci accoglieva, si viaggiava sicure, si era ospitate… Mi potevo fidare e pian, piano, dicevamo cose che non avevamo il coraggio di dire neanche a noi stesse. E’ stato fondamentale.
Ti sarà piaciuta, data la tua candidatura politica, l’assessora Luisa Nigro in Italo parodiante Silvana Grasso e candidatasi per votare un “volto in cui riconoscersi”. Nella realtà ci sono politiche che ti piacciono?
Mah… Molte politiche anche inconsapevolmente sono ancora al servizio degli uomini. Donne Atena nate dalla testa di Giove, non vedo Demetre o Diane… Io voto lo stesso sempre per le donne in quanto nel profondo conservano comunque un “senso della cura”. Allora mi candidai perché mi convinsero affettuosamente ma non credo lo rifarò perché conoscere i politici da vicino non è una bella esperienza… Sono una razza separata, la “razza politica” con un DNA particolare… Ma ci evolviamo…
Cosa ti è rimasto di Felicia e di Giovanna quasi incarnazioni dei due aspetti luminoso e oscuro della Grande Madre, e come le definiresti in due parole?
Felicia Era coraggiosa, libera, incarna la forza femminile e l’istinto materno. Giovanna non c’è l’ha fatta, era paurosa e debole, incarna la debolezza del femminile quando non si “radica in se stesso”. Anche lei era madre come Felicia, non che volesse regalare i figli alla Mafia, ma non aveva gli strumenti. Riconosco grande forza al “potere della maternità” che noi donne, dopo millenni di patriarcato, abbiamo scordato e misconosciamo ancora. Una Forza che si “rivela” nella maternità, un “riconoscimento” biologico, naturale, un istinto che tutte le donne hanno. E che io rivendico. Non mi riconosco invece in un femminismo estremo che vede il maschio solo come nemico, non mi interessa. Ho relazioni d’amore con varie figure maschili, mio padre, il mio compagno, con mio figlio, con amici fraterni. Mi interessa la riconciliazione degli opposti in quanto tali.
Felicia, un nome fragrante di felicità per una madre a cui la mafia fa esplodere il figlio sui binari ferroviari… Una crudele beffa del destino, un fato da eroina greca, una “prova” per la trasmutazione alchemica?
Negli ultimi anni Felicia mi disse < Oggi sono felice. >. Certo, era un nome ingombrante che poi però si è rivelato vero perché lei non si è arresa l’ha cercata la felicità, sebbene le fosse morto anche un altro figlio. Ciò è di gran conforto per tutte noi donne, se c’è l’ha fatta lei che ha conosciuto l’abisso… ed è riuscita a risalire… Lei è divenuta una “curandera”, una santa laica, un archetipo!
Pensi come me che l’unica soluzione sia ritornare all’origine, alla radice, alla “Casa della Madre”, come dici nel tuo spettacolo?
Certo, tutto nasce e si nutre dalla radice. Come tu sai, Bert Hellinger dice < Senza radici non si vola >
E quindi cosa ritieni sia la cura di cui tanto si dibatte oggi nel Femminismo?
Non ho seguito molto questo dibattito. Per me l’energia femminile è di cura, è fondamentale, ma la maggior parte donne la sconoscono e l’hanno persa per seguire modelli di emancipazione e mentalità maschili. Alcune la stanno riscoprendo. Fa parte dell’Energia della Vita, ed in quanto tale della Creatività, infatti gli artisti, in genere la hanno almeno verso le loro creature artistiche.
E quindi quale la ricetta per i mali e l’insensata violenza che affliggono l’umanità ed il pianeta da millenni?
Per i problemi si chiamano i politici ma invece servirebbero i Saggi, ma quelli veri! Bisogna che tutti si cominci a risolvere le nostre “guerre interiori” … E’ un lavoro sulla “consapevolezza” … Possiamo e dobbiamo modificarci, evolvere. Vedi l’Isis fa paura, è terribile come lo sono tutte le guerre, non esistono guerre gentili! E normale. Ma quelli che manovrano seduti in poltrona sono meno pazzi o assassini? Anzi. Però nessuna guerra si può fare in nome di Dio.
Ti piace la mia definizione di Lucia come “sciamana resistente”, e il “moviti femma” (muoviti ferma) in un centro di gravità permanente… (Il massimo movimento col minimo spostamento, come per le Sante o le Madonne “annacate”, dondolate, in processione e per la divina presenza interiore), un ossimoro che equiparo al motto alchemico Festina lente (affrettati lentamente) e che credo rispecchi il tuo percorso spirituale?
Si, è interessante, mi piace molto, perché oltre a richiamare il rito sciamanico dello spettacolo, lo sai, la sciamana vede nell’invisibile, come faccio io che studio per vedervi sempre di più… e come lei, pur volando tra i mondi, devo rimanere ancorata al corpo ed alla realtà. E mi attrae l’accostamento con l’assioma alchemico, perché credo in quel tipo di lentezza che, evitandoti movimenti e gesti inutili, ti guida verso l’essenziale nella vita come sulla scena. Quando invece ci si muove come forsennati e troppo velocemente si scappa da se stessi, dai problemi, dalla vita.
Quindi la spiritualità cos’è per te e come la vivi nel quotidiano?
E’ la Vita, senza Spirito non c’è vita. Nel quotidiano la spiritualità è un’azione mistica che ci riconduce alla nostra vera essenza. Come sai, nella tradizione orientale ed anche in quella occidentale esiste un tipo di preghiera-meditazione che si pratica compiendo le semplici incombenze della vita, le faccende di casa, etc… rendendo tutto sacro.
Lucia, per concludere dimmi se stai già incubando e cucinando nel tuo athanor qualche nuova idea?
Hai usato le parole giuste, infatti, alla fine di Aprile mi cimenterò con la mia prima regia cinematografica e dirigerò un cortometraggio che parla appunto di donne… Io ho molta esperienza in regie teatrali, ma il cinema è molto più faticoso e complesso… Poi sto elaborando un Concerto per voce narrante e Musica da mio precedente lavoro teatrale “La nave delle spose”, e poi come da anni porterò sempre in giro “La madre dei Ragazzi”.
Allora in bocca alla Lupa che con tanta “cura” trasporta i sui lupacchiotti, e ci vediamo sul set.
Alehina Musumeci
Originaria del Sud Italia, studia alla Facoltà di Lingue, ha una specializzazione in Museologia e Comunicazione Visiva. Imprenditrice, Operatrice Culturale ed Artista, si occupa di Turismo Culturale, Cultura di Genere e Spiritualità Femminile. Ecologista, animalista.