Secondo i dati Istat sembra che l’occupazione sia in crescita lentissima ma in crescita, ma quello delle donne, secondo i dati, è in diminuzione.
La rivista In genere affermava nel 2012 che ” in vent’anni abbiamo avuto 1 milione e 700mila occupate in più. Ma quasi tutte al Nord.
Le cattive notizie arrivano però con la recessione. Nell’industria il calo dell’occupazione femminile è quasi il doppio di quello degli uomini. E il tasso di occupazione “tiene” solo per il blocco dei pensionamenti.”
Quest’anno (2015) , quindi 3 anni dopo, i dati Istat sul lavoro delle donne, non dicono nulla di buono e confortante. Mentre sembra che l’occupazione sia in crescita lentissima ma in crescita, quello delle donne, secondo i dati, è in diminuzione.
Servirà a qualcosa la proposta civatiana di legge che afferma come incipit ‘’ Il divario retributivo di genere è un fenomeno complesso che
riguarda sia la cosiddetta “discriminazione diretta”, cioè a parità di lavoro, sia le differenziazioni di mansioni e di settori. Si tratta di un divario troppo ampio, che, a livello di Unione Europea, si attesta in media intorno al 16%.
I motivi?
L’uomo continua ad essere il bread-winner ed in molti casi se c’è qualcuno che deve rimanere a casa per sostenere i lavori di cura (bambini e anziani) è la donna. Anche perché* le donne guadagnano di meno del corrispettivo maschile.
Quindi in Italia si continuano a fare pochi figli anche se le donne abbandonano il lavoro dopo la seconda maternità.
Civati sostiene che ‘’Al fine di assicurare la piena realizzazione della parità salariale molti sono gli interventi da porre in essere, anche attraverso la revisione di alcune norme esistenti, intervenendo su sanzioni e incentivazioni, ma il punto da cui partire in modo semplice e immediato
può essere quello della trasparenza.’’
Che fare?
Paola Profeta su la 27esima ora ‘afferma ‘Incentivi monetari o fiscali per le donne che tornano al lavoro dopo il periodo di maternità obbligatorio, evitando un distacco troppo lungo, potrebbero andare nella direzione giusta, soprattutto se erogati in presenza di una spesa effettivamente sostenuta. Ma i dati dell’Istat non sono solo il risultato del comportamento delle donne: per aumentare il tasso di occupazione femminile occorre incentivare anche la domanda di lavoro da parte delle imprese.’’
In un momento in cui il lavoro è carente, le strutture di assistenza per le donne (asili) penso che le misure proposte siano insufficienti ed il lavoro per le donne ritornerà, quando tutti riprenderanno a lavorare. Se non tutti, molti.
In una società italiana ancora parzialmente maschilista, le donne per poter lavorare ed essere equamente retribuite devono forse diventare dei ‘’bacha posh” afgane (bambine ragazzo) per poter vedere riconosciuti il loro diritto ad essere considerate?