Più di una impresa su cinque è femminile.
Le donne imprenditrici rappresentano una risorsa straordinaria per l’Italia.
di Isa Maggi
Presidente Bic Italia net
Referente Stati generali delle Donne
Secondo uno studio dell’Osservatorio per l’imprenditoria femminile di Unioncamere, le imprese delle donne sono a quota 1.295.942. Più di una impresa su cinque è femminile.
Nelle attività dei servizi per la persona, le imprenditrici rappresentano il 58,6%, e nell’assistenza sociale non residenziale sono il 56,8%, per far fronte ad un welfare che non c’è.
Il dato cresce nel settore dell’artigianato dove le 214.815 imprese artigiane a guida femminile rappresentano quasi il 16% del totale imprese esistenti al marzo 2015.
L’incidenza dell’imprenditoria artigiana femminile diventa rilevante nella confezione di articoli di abbigliamento, con il 55,9%, specializzandosi nel tessile, dove la componente femminile raggiunge il 42,3% sul totale degli artigiani.
Le donne imprenditrici rappresentano una risorsa straordinaria per l’Italia, hanno contribuito e continuano a contribuire in misura notevole a quella componente del made in Italy di qualità per la quale il nostro Paese è noto in tutto il mondo.
Rilanciare l’Italia attraverso le donne significa smuovere e dare valore alla parte creativa del Paese. Non bastano le riforme, occorre ripensare ad un nuovo sistema che unisca forze, energie e competenze per cambiare le regole.
Il 25 e il 26 giugno a Milano inizia il racconto e la presentazione delle imprese femminili italiane a EBNConferenceMilan-last-version (1) ”nell’ambito delle attività svolte in Italia da Bic Italia net, la rete italiana degli incubatori, espressione di Ebn, la rete europea dei Business Innovation Center.
Una collaborazione nata dal lavoro con gli Stati generali delle Donne e con l’agenzia milanese di Ice.
Durante l’incontro presentiamo le prime 50 imprese femminili con il logo#madeinwomanmadeinitaly per promuovere il lavoro e le imprese femminili. Il logo introduce buone pratiche di attività imprenditoriali femminili in termini di costruzione di filiere, di “reti”, di promozione del “bello e del “buono”, tipicamente italiani, di ricerca, di innovazione, di creatività. Si tratta di un vero e proprio “cambiamento culturale” all’interno di una nuova economia al femminile, paritaria, basata sui valori e sulla sostenibilità.
Un’economia strutturata sui bisogni e sui saperi delle donne che darà la possibilità di avere un “impatto a livello di decision-making: a partire dal modo in cui gli investimenti vengono effettuati, dalla gestione delle risorse nazionali e delle politiche pubbliche, fino ad arrivare ai partenariati con le istituzioni internazionali”.