L’essenziale per vivere consta di poche cose, contabili sulle dita di una mano. Questo lo afferma Anna Rastello
Un giorno , quasi per caso, sono andato ad ascoltare una presentazione di un libro in una libreria di Bari, ma devo ammettere che lì ho conosciuto una donna speciale, Anna Rastello di Torino con una vita ed una famiglia che di “normale” ha avuto poco, anche se lei, con una sua aria serena e gioviale, sempre disponibile nella sua semplicità ed affabilità, dice di non rendersi conto e per lei la sua vita e la sua “famiglia” è “Normale”.
Invece la sua vita è stata caratterizzata da tanti avvenimenti importanti ed eccezionali, come aver avuto in affido ben otto “figli” con tante specificità.
Anna Rastello autrice de “Il cammino di Marcella” (Ali&no editrice), cronaca dei 1600 km a piedi da Sarzana ai Pirenei per mantenere fede ad una promessa, a seguito di un incidente, e raccontare la disabilità intervenuta, un viaggio fino ad un luogo di pellegrinaggio che le ha fatto sentire e toccare la vera essenza dell’eterno e della vita. Nel secondo libro “Non riesco più a dire addio“, autoprodotto, narra la sua esperienza di mamma di tre figlie biologiche e otto figli in affidamento familiare, avvicendatisi nella sua accogliente casa: le gioie, le difficoltà, la fatica e i dolori, l’impegno di crescere nel modo migliore così tanti ragazzi. Una autobiografia avvincente più di un romanzo, perché vera, intrisa della grande forza, umanità ed umiltà di Anna. Un libro che ti resta dentro, che commuove, fa riflettere e dà coraggio. “Cosa vuol dire essere figli ? Cosa vuol dire essere genitori ? Niente di più che essere presenti al bisogno, asciugare le lacrime nei momenti di tristezza, esultare delle gioie e delle conquiste piccole e grandi, sorreggere nelle debolezze, aiutare a far fruttare i talenti che ciascuno ha in dote nel momento in cui nasce.”
Ecco la storia di una famiglia “normale”. Le virgolette sono state aggiunte svariati anni fa da amici che volevano così sottolineare quanto fosse anormale quella che per Anna e l’allora suo marito era normalità. Una figlia un giorno ha detto: «Devo ringraziarvi, genitori (così li chiamavano, entrambi), perché mi avete fatto vivere in vent’anni più esperienze di quelle che la maggioranza delle persone vive in un’intera esistenza». Dalle pagine del testo si può forse capire il senso di questa affermazione.
Ora è giunto il terzo libro“PasParTu A piedi senza meta nell’Italia che si fida” – Edizioni dei Cammini (con R. Carnovalini).
Ma facciamoci portare per mano da lei nella sua vita, l’ho intervistata, ma spero di riviverla presto ancora D
Quanti anni hai?
26 compiuti. E se mi chiedete quando, vi rispondo il 25 settembre. E se insistete, chiedendomi di quale anno, sappiate che non vi state comportando da veri gentleman!
Come hai vissuto la tua vita?
Intensamente. Un primo capitolo di discreti successi negli studi, nell’attività sportiva, in tutto ciò che è la vita di una bambina e di una ragazza.
Poi quasi venticinque anni di vita matrimoniale, farcita da attività lavorative nel campo informatico, tre figlie biologiche nate nello spazio di tre anni e mezzo, 8 ragazzini in affidamento famigliare con passati, presenti e futuri complessi e avvincenti, un incidente stradale che ha provocato la disabilità fisica di una figlia quando aveva poco più di 8 anni, qualche malattia non proprio banale e la morte di un “figlio nel cuore”, che aveva vissuto con noi per circa 10 anni.
E dal 2011, dopo il licenziamento in seguito alla chiusura del settore di cui ero responsabile e la conseguente disoccupazione, un nuovo capitolo all’insegna della sobrietà, in cui il cammino è diventato il mezzo per conoscere il mondo e cercare nuove idee per cambiare un pochino quello spazio fisico e mentale su cui appoggio i piedi, lo sguardo e il pensiero: novemilacinquecento chilometri di cammino-inchiesta, cammino-ricerca, cammino-racconto.
3 figli + 8 ragazzini in affidamento? Ho capito bene?
Si, anche se preferisco dire di aver avuto undici figli, perché tutti occupano uno spazio personale nel mio cuore, non strettamente legato al tempo trascorso insieme. Undici storie differenti, qualcuno arrivato neonato, qualcuno piccino, qualcuno adolescente. Famiglie d’origine che ho accolto e rispettato, perché parte della vita dei “miei” ragazzini. Persone che mi hanno permesso di conoscere ambienti, religioni, emozioni, esperienze. Il mondo dell’immigrazione nord africana, la vita dei Rom nei campi nomadi, l’AIDS vista da chi se la porta addosso, la vita in carcere, la tossicodipendenza e tanto altro.
Ritieni di avere delle storie da raccontare?
Più o meno come tutti coloro che hanno vissuto intensamente, hanno guardato il loro presente negli occhi, hanno nel cuore il loro passato, hanno curiosità per il loro futuro. Anche se non è da sottovalutare ciò che un amico esclamò, dopo uno dei tanti avvenimenti che hanno segnato la mia vita: “Certo che a tutti capita qualcosa, ma a te capita tutto!”
Qualcuno ha detto che forse ho quel briciolo di intraprendenza (e di imprudenza) che mi dà il coraggio di raccontare passaggi delicati, sentimenti dolorosi, ricordi molto personali. Lo faccio perché mi piacerebbe diventassero stimoli per nuovi pensieri.
Qual è per te il vero senso della vita?
Amare. Senza riserve, senza egoismo, senza secondi fini, senza interessi nascosti, con letizia, con fiducia, con leggerezza, con responsabilità.
Preferisci 1000 euro o 1000 amici?
Non c’è storia: 1000 amici, o anche di più, se è possibile!
Perché?
Perché con loro puoi ridere nei momenti allegri e piangere nei momenti tristi. Con i soldi puoi comprare prodotti e servizi. Con l’amicizia affidi la tua anima e la tua vita a coloro che possono renderla più luminosa.
Cosa hai imparato dalla vita?
Che se ti spendi per gli altri sicuramente ricevi il centuplo quaggiù, entusiasmante anche se non ci fosse l’eternit
E dai tuoi ragazzini affidati cosa hai imparato?
Che ognuno è irripetibile e ha una storia che deve essere rispettata. L’amore senza rispetto è possesso oppure bisogno, ma l’amore che ho imparato crescendo con i miei figli mi ha fatto comprendere la sua gratuità, un sentimento che non chiede e non pretende, ma dà incondizionatamente e rende liberi.
E dai tuoi cammini?
Che l’essenziale per vivere consta di poche cose, contabili sulle dita di una mano. Che si deve essere leggeri nell’affrontare gli imprevisti, perché tutto ha un lato positivo e a tutto c’è rimedio, specie se non ci si prende troppo sul serio.
Un ricordo simpatico?
L’incontro alla stazione di Genova con Roberto, uno sconosciuto che sarebbe diventato un compagno di viaggio delicato, trasparente e solido per milletrecento chilometri del Cammino di Marcella. Uno zaino accompagnato da un viso sorridente e ricciolo e centosettanta centimetri d’uomo. La sera dopo metà del contenuto dello zaino si dirigeva verso la frontiera francese, sulle spalle di Roberto, mentre l’altra metà viaggiava verso Torino.
Un ricordo doloroso?
La telefonata con cui un giornalista della Stampa mi ha annunciato a bruciapelo la morte violenta, inaspettata e senza un senso di uno dei miei “figli nel cuore”.
Il tuo figlio più bello?
Ogni figlio quando mi ha fatto sorridere, quando mi ha fatto sentire capace di amare, quando mi ha offerto la sua mano e affidato i suoi sogni e ha camminato con me.
Il tuo cammino più entusiasmante?
Quello che sto progettando per il prossimo futuro.
Il cammino più lungo?
R PasParTu, realizzato con Riccardo Carnovalini. Quasi 6000 chilometri a piedi in giro per l’Italia, un viaggio senza meta, di ospitalità in ospitalità, in cui coloro che ci accoglievano ci donavano tempo per raccontarsi. Un cammino precario durato 196 giorni, suddivisi in 49 giorni per ognuna delle 4 stagioni, che ci ha permesso di scoprire un’Italia minore e compilare un dizionario di Parole che, secondo coloro che ce le hanno donate, potrebbero cambiare il nostro mondo. Ora è diventato di carta e inchiostro cosicché chiunque può leggere ciò che abbiamo compreso, visto, raccolto.
Hai camminato anche nel Sud Italia?
R Si, sia con PasParTu, che ha attraversato tutte le regioni del nostro meridione, sia con il CamminAmare Basilicata, un cammino compiuto nel 2011 alla ricerca di attività economiche sostenibili e rispettose di Terra e Uomo, oltre che di associazioni culturali, scrittori e musicisti profondamente radicati nel loro territorio. Un viaggio a piedi pubblico per conoscere e far conoscere la Lucania, con le sue bellezze, ma anche le sue contraddizioni.
Cosa chiedi a chi sta leggendo questa intervista
Di invitarmi nella sua città: metto a disposizione passi, pensieri, storie, così da offrire qualche spunto di riflessione per provare a cambiare lo sguardo sulla vita e sull’uomo.
Quale progetto stai realizzando in questo periodo?
La 24h/24 cioè 24 ore di cammino no stop, non per fare un record di percorrenza, bensì per realizzare un grande brain storming sull’identità e sui diritti dell’uomo e trovare possibili risposte a questa domanda “Quando ci sentiamo veramente noi stessi?”. Vorremmo così dimostrare che i passi ci possono portare ovunque e che la cosa più pericolosa nella vita è restare immobili. “Deambulando solvitur” e la condivisione del cammino ci aiuta ad approfondire i nostri ragionamenti, a vedere nuove soluzioni.
Il tuo stato d’animo attuale ?
Irrequieta, ho voglia di rimettermi in gioco, di dare un senso nuovo alla mia esistenza, per rispondere all’imperativo che guida la mia vita sin dall’infanzia: se la vita è un’immensa coperta patchwork è importante che il mio piccolo quadratino sia ben lavorato, a colori sgargianti e luminosi, capace di dare un sorriso a chi lo guarda o lo guarderà!
Come si possono seguire le tue attività?
Su Facebook:
https://www.facebook.com/anna.rastello
https://www.facebook.com/cammino.dimarcella
o dal sito www.camminodimarcella.movimentolento.it