Diritti delle donne, costruzione della pace e della convivenza, la solitudine ai tempi dei social network.
Grande lezione di tolleranza e solidarietà tra i popoli di ogni razza e religione
Terzo ed ultimo appuntamento della seconda edizione di “Episodi“, il ciclo di incontri culturali organizzato da “Il libro Possibile” in collaborazione con la Grotte di Castellana Srl. Questa edizione di “Episodi” ha avuto un unico filo conduttore e posto l’attenzione sui principali temi affrontati ogni giorno dai media e dalla politica italiana e internazionale. Diritti delle donne, costruzione della pace e della convivenza, la solitudine ai tempi dei social network.
Dopo gli incontri con Galimberti, e Cacciari, ospite nel suggestivo palco naturale della Caverna della Grave, è stata il premio Nobel per la Pace, Shirin Ebadi per la prima volta in Puglia, per una conferenza sul tema “Il ruolo delle donne nella costruzione della pace”.
Nel 2003 Shirin Ebadi ha ricevuto il premio Nobel per la Pace (undicesima donna a ricevere un Nobel), dal 2009 è costretta a vivere in esilio e lontano dalla sua Teheran, ma anche da Londra continua a combattere per i diritti e l’emancipazione delle donne e, più in generale, per la libertà..
Le sue battaglie per i diritti delle donne, sono cominciati all’indomani del 1979 quando in Iran sono andati al potere gli ayatollah in quella che – dichiarava la Ebadi – è stata definita la rivoluzione islamica, ma nella realtà si è trattata solamente di una rivoluzione degli uomini contro le donne.
Shirin Ebadi, magistrato, da diversi anni si occupa della difesa dei diritti umani in Medio Oriente attraverso anche la fondazione “Defence of human rights centre”. Per il suo incessante operato, attuato anche attraverso la professione di avvocato, ha pagato un caro prezzo.
Continua a sostenere convintamente la tesi che ‘vinceranno i buoni’.
Se, nel corso della guerra in Afghanistan gli Stati Uniti e l’Europa, sottolineava con forza la Ebadi – invece che le bombe avessero lanciato libri e si fossero prodigati nel costruire scuole, oggi forse la situazione in Medio Oriente sarebbe migliore, perché la nascita dell’ISIS è anche frutto delle umiliazioni che il mondo islamico ha dovuto subire nel corso degli anni. Quindi l’unica soluzione al problema è il dialogo con quei popoli senza rifare gli errori del passato quando i governi europei e quello americano hanno preferito parlare o meglio trattare (vedi vendita di armi e approvvigionamento di petrolio) con i dittatori”.
Un giorno o l’altro, chissà, anche lei tornerà a Teheran. Della quale le manca tutto, «anche lo smog». Ma più ancora suo marito: «Ha 75 anni. La sua vita è lì. Quando il regime ha capito che non sarei tornata se l’è presa con lui. Lo hanno torturato. Lo hanno costretto ad andare in tv a lanciarmi le stesse accuse che mi lanciava il regime. Che non sono una brava iraniana. Che ho tradito. Anche mia sorella fu arrestata. Incarcerata. Torturata. Si ammalò, per le torture. Al punto che furono costretti a liberarla. Tutti i beni che avevo sono stati sequestrati. Tutti. Non ho più niente, nella mia patria. E mentre confiscavano mi facevano sapere: stattene zitta e ti restituiamo tutto. Non potevo cedere. Io amo mio marito. Amo mia sorella. Amavo le cose che mi sono state tolte. Amo il mio paese. Ma la mia idea di giustizia mi impone di non tacere. Non starò mai zitta. Mai. Le minacce quotidiane di morte ci sono. La paura c’è. Ma va vinta».”
“Sia in Oriente che in Occidente la donna è libera quando è autonoma economicamente e può decidere per se stessa”, sostiene la scrittrice iraniana. “La partecipazione del premio Nobel Ebadi – dichiara Rosella Santoro, direttrice artistica del festival de “Il libro possibile”, conferisce alla rassegna “Episodi” un respiro internazionale. L’intervento della scrittrice iraniana si inquadra in un percorso che vede la cultura pugliese attenta agli scenari globali e, in particolare, ai diritti umani e delle donne”.
Nell’anno 2000 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha emanato la risoluzione 1325, approvata all’unanimità, il cui tema è donne, pace e sicurezza (adottata il 31 ottobre 2001). Nelle intenzioni essa rappresenta una promessa importante alle donne di tutto il mondo: riafferma l’importanza del loro ruolo nella prevenzione e risoluzione dei conflitti e nei processi di costruzione della pace; sostiene l’importanza della loro piena partecipazione e uguale coinvolgimento negli sforzi di costruzione di un modello di sicurezza inclusivo. La risoluzione 1325 è espressione dell’impegno degli Stati a considerare l’impatto che la guerra ha sulle donne che vivono nelle zone di conflitto e post conflitto, riconoscendo loro un fondamentale ruolo nella mediazione a livello politico e militare, per la costruzione della pace nonché nella prevenzione e nel contrasto della violenza, in particolare quella in ragione dell’identità di genere. Le donne sono sistematicamente messe da parte nella creazione e sviluppo dei sistemi di sicurezza; continuano ad essere percepite come vittime, più che come attori del sistema pur essendo, nei fatti, sempre più spesso protagoniste ed attiviste. E’ da questo tema che è partito l’incontro-dibattito con Shirin Ebadi, ma è stata anche l’occasione per riflettere su quanto sta accadendo in Medio Oriente, in Africa e sul pericolo attuale chiamato Isis.
Chi ricopre ruoli importanti e nodali nella nostra società, chi ha avuto la fortuna di potersi liberamente arricchire di saperi ed esperienze, deve essere il primo a lottare affinché ogni persona sia rispettata.
Ogni persona, in qualunque luogo.
Ha introdotto l’incontro Rosella Santoro, direttrice artistica della rassegna e del festival de “Il libro possibile”, mentre ha dialogato con il premio Nobel l’editorialista del Corriere della Sera, giornalista del Sole 24 Ore e docente universitaria, Farian Sabahi , che con la Ebadi ha pubblicato tra gli altri il libro “Il mio esilio”. Per tutta la durata dell’incontro, ha campeggiato come sfondo l’immagine di Narges Mohammadi, amica e collaboratrice di Shirin Ebadi, attualmente in carcere in Iran, per le sue battaglie a favore delle donne, per la cui liberazione è in corso una mobilitazione mondiale.
Ogni religione considera le donne inferiori sia l’ Islam che la religione cristiana.
“Da bambina ero irrequieta. Direi ai genitori che hanno figlie irrequiete di non preoccuparsi, un giorno potrebbero diventare premi Nobel”
“Ho iniziato le mie battaglie quando da ragazza ho scoperto il significato di “giustizia”. Mio padre era un giudice ed io sono diventata giudice, finché son dovuta esiliare per non essere imprigionata, come le 50 donne che ora in Iran sono in carcere solo perché sono femministe”
Sabahi racconta che suo padre è di nascita iraniano, ma ha vissuto più in Italia che lì, ma viene considerato ancora uno straniero. Sua madre di nascita torinese, quando si è sposata con un iraniano è stata considerata straniera, finché una legge le ha consentito di ritornare ad essere italiana. Lei stessa, nata in Italia, anche nelle scuole dai coetanei era considerata una sporca straniera. Questo fa si che gli immigrati rafforzino la loro convinzione di appartenenza al proprio paese e si creino fondamentalismi.o addirittura cittadini italiani emarginati si uniscano a questi gruppi estremisti.