L’inviolabilità della dignità umana non riguarda solo le aggressioni fisiche, ma anche quelle psicologiche.
Molte sono le fonti, anche internazionali, che affrontano il tema dei diritti civili, così la Carta europea dei diritti dell’uomo “ pone la persona al centro della sua azione”ed afferma che “la dignità umana è inviolabile”; i principi fondativi sono quelli della dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia, considerati come “valori indivisibili”.
L’inviolabilità della dignità umana non riguarda solo le aggressioni fisiche, c’è un’altra forma di violenza, altrettanto grave, che non è visibile ad occhio nudo, ma lascia tracce nella psiche delle donne che la subiscono, altrettanto profonde e a volte inguaribili: la violenza psicologica. Essa si manifesta con l’isolamento dalla famiglia di origine, dai parenti, dalle amiche, dal lavoro, con la soppressione di qualsiasi forma di indipendenza, anche di quella economica; le donne sono costrette a chiedere al marito i soldi per acquistare un paio di calze, per fare la spesa, salvo poi rendere il resto e fornire gli scontrini, al fine di poter controllare sino all’ultimo centesimo.
Il rapporto con il cibo sublima questa forma di violenza, tutto ciò che viene cucinato e preparato dalla donna è occasione di scontro, di offesa: la minestra è fredda, la pasta scotta, il sugo salato; la conclusione è l’offesa o gesti di intimidazione come piatti lanciati in aria o minacce alla persona.
La donna si annienta, perde la sua autonomia, la sua autostima si frantuma, non ha più volontà, al punto da subire senza reazioni, come se tutto ciò fosse la normalità. E mentre la violenza fisica costituisce qualcosa di tangibile contro cui lottare, la violenza psicologica si insinua, al punto da rendere la donna inerme, non fugge e non si mette in salvo.
Il Giudice di Latina ha condannato l’uomo al risarcimento dei danni a favore della donna, la quale, dopo essersi separata, ha convenuto in giudizio il coniuge per l’omessa informazione da parte sua, prima e nel corso del matrimonio, circa una diagnosi di gravissima infertilità, riscontrata prima del matrimonio.
La donna lamenta la lesione di diritti fondamentali della persona umana, quale quello alla maternità, tanto più se si tiene conto del lungo tempo trascorso nel tentativo di avere un figlio, della serie di accertamenti, anche invasivi, cui la donna si è sottoposta, igno-rando la patologia del marito.
Il Tribunale, correttamente, ha affermato che la violazione dei doveri matrimoniali, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali.
In linea con questa esigenza, il Tribunale di Latina ha stabilito che “la violazione dei doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio – tra cui anche l’obbligo di informazione di ogni circostanza inerente le proprie condizioni psicofisiche e di ogni situazione idonea a compromettere la comunione materiale e spirituale alla quale il matrimonio è rivolto – non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, ma, ove cagioni lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo ad un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali.”