Ogni seminario di Officine, ha confermato che non poter fare a meno, nella formazione femminista, di provare a rendere realtà concreta il programma enunciato dall’affermazione ‘il personale è politico’.
di Monica Lanfranco*
Ovviamente è troppo facile scrivere che il seminario di Officine dei saperi femministi ad Altradimora su sessualità, desiderio, eros e mercato, tenutosi dal 4 al 6 settembre, mi ha lasciato dentro emozioni, regali, pensieri e immagini indimenticabili.
Alla domanda ‘come è andata’, che in questi giorni mi viene rivolta, la mia risposta è: bellissimo.
Il difficile è raccontare ciò che è successo, cosa si porta dentro di questi giorni, cosa di ciò che si è acquisito costituisce materiale nuovo da aggiungere al bagaglio quotidiano e agli attrezzi nel lavoro di cambiamento.
Ogni seminario di Officine, dal primo del 2009, ha confermato che non potrei fare a meno, nella formazione femminista, di provare a rendere realtà concreta il programma enunciato dall’affermazione ‘il personale è politico’.
Per questo pensare al menù dei giorni del seminario, preparare il cibo, i letti, l’accoglienza, il bucato successivo sono parte integrante del lavoro intellettuale, insieme alla scelta dei materiali da proporre, all’elaborazione della facilitazione, alla scelta di chi invitare per le introduzioni.
Allenata come sono da due decenni di preparazione del trimestrale Marea e dei conseguenti eventi collaterali (alcuni di carattere internazionale) che sono gemmati intorno alla rivista ho imparato che ciò che mi arricchisce nel lavoro intellettuale è il suo mescolarsi con la quotidianità e la concretezza dei bisogni primari, l’impasto di idee, scrittura con la materialità della vita: la mente e il corpo, insieme, che danno senso alla politica del femminismo.
Fare politica per me è di sicuro scrivere articoli, libri, la rivista e la radio, tenere seminari, partecipare a eventi e incontri ma non potrei fare solo accademia, giornalismo e formazione: senza l’attenzione al corpo, (il mio e quello altrui), alle emozioni, al tempo della cura sentirei di non essere coerente.
Quindi è importante che le persone che si accostano ad Altradimora, a Marea e a me possano ricordare che nel tempo della riflessione che si offre c’è anche quello del cibo, del sonno, della condivisione del gioco, di attività fisiche e delle emozioni. Quest’anno ci sono stati momenti di commozione come mai prima, e le donne e gli uomini presenti si sono permessi/e di piangere e di essere consolati/e, senza l’imbarazzo che la dimostrazione della propria emotività spesso comporta in pubblico.
Presto saranno disponibili immagini e interventi video dal seminario sui social e su radiodelledonne.org e quindi non mi dilungo qui sui contenuti dell’incontro.
Però spiego lo strano titolo che ho dato a questo articolo: Altradimora, Boston.
Felicita Magone, per la prima volta al seminario, ha raccontato di essere diventata femminista anche grazie alla lettura del famoso Noi e il nostro corpo, mitico e ineguagliato testo a cura del Boston Women’s Health Collective.
“Quando avevo 20 anni volevo andare a vivere a Boston, con le donne che scrissero quel testo. Volevo vivere quella dimensione collettiva, quel modo di essere femminista. Poi la mia vita ha preso un corso diverso, e fino ad oggi pensavo che oltre a non vivere a Boston non avrei sperimentato quella realtà che immaginavo. E invece, decenni dopo, ecco: qui ho trovato la mia Boston”.