“Pressed to time. The acceleration of life in digital capitalism”.
E’ un tema interessante perchè tocca trasversalmente diverse questioni: il rapporto tra donne e tecnologia, tra donne e lavoro, la qualità e la quantità del tempo libero, le relazioni tra I generi, le relazioni all’interno dei luoghi di lavoro.
Siamo in un’epoca nella quale il rapido e continuo progresso delle tecnologie è un tratto distintivo e inarrestabile. Le tecnologie di oggi sono più o meno rivoluzionarie di quelle del passato, sono “buone” o “cattive”? Tornare indietro non è una strada, forse riflettere e imparare a utilizzarle in maniera funzionale, positiva, supportante e non ostacolante si. Perché non diventino una trappola per il genere femminile ma una modalità attraverso le quali riuscire a ridurre la fame di tempo e migliorarne la qualità.
Quali significati, valori, forme assume il tempo delle donne e degli uomini in relazione alle nuove tecnologie? Tecnologia, società e cultura sono oggi strettamente intersecate e lo spirito dell’accelerazione informa lo spirito del tempo. Ci troviamo dunque all’interno di un tempo accelerato e di fronte a un grande paradosso, tra disponibilità di attività e fame di tempo, ed è un paradosso che colpisce le diseguaglianze, in primo luogo le donne, che in tutto il mondo hanno la minor quantità di tempo libero.
Nella realtà le ore effettivamente lavorate non sono maggiori oggi rispetto al passato, è la percezione che è cambiata: siamo sempre connessi, sempre raggiungibili. Viviamo in una comunicazione sincronizzata in un tempo sempre più desincronizzato. Le email in sé non accelerano il tempo, l’effetto è dato dalle norme e dai valori culturali ad esse associati. In Danimarca durante il we non si risponde alle mail di lavoro, se lavori a Google devi rispondere sempre, a qualunque ora, in qualunque giorno.
Il tempo è denaro, si dice, denaro che si può misurare in stock e flusso e come tale può essere accantonato. Il tempo è uguale per tutti, per tutti la giornata è fatta di 24 ore. In cosa consiste allora la diseguaglianza? Proprio nel fatto che può essere venduto (non necessariamente monetizzandolo) e acquistato. Questo rimanda ai rapporti di potere tra le persone, e le 24 ore assumono diversità soggettive molto forti in termini di diseguaglianza.
Risulta che lo status più elevato ora sia dunque quello di chi è sempre impegnato, non ha tempo per niente e per nessuno. E da qui il paradosso, la crescente insoddisfazione per la mancanza di tempo libero in un mondo nel quale le tecnologie servirebbero proprio a liberare tempo. Ma è proprio di fronte alle possibilità crescenti di sfruttare il nostro tempo che aumentano le aspettative.
Nella realtà i dati ci dicono che il tempo libero è aumentato rispetto al passato e questo è avvenuto sia per gli uomini che per le donne, lasciando immutato perciò il divario tra i generi. D’altra parte la percezione di essere sempre privi di tempo nasce in buona parte dal fatto che le tecnologie non fanno risparmiare tempo ma fanno “slittare” le attività. E il tempo che prima impiegavo a scrivere una lettera a mano e a impostarla ora lo dedico ad altro.