La nuova concezione della famiglia si muove verso orizzonti più ampi.
Quanta confusione
Se si pensa alle decisioni della magistratura, si dovrebbe ritenere che esse siano il frutto di un pensiero organico ed armonico, tale da disciplinare in maniera coerente le diverse fattispecie, relative alla famiglia, primo nucleo sociale, alla base di qualsiasi società. Bene, la Corte di Appello di Venezia, con una decisione, da poco riformata dalla Suprema Corte, ha negato al marito il diritto a chiedere il risarcimento del danno da perdita di lavoro domestico, per il seguente esplicitato principio “ non rientra nell’ordine naturale delle cose che il lavoro domestico venga svolto da un uomo”.
Il principio, come detto, è stato recentemente rivisitato dai Giudici di legittimità, ma ciò non toglie la necessità di qualche riflessione, perché ci troviamo di fronte ad un mondo orientato verso il riconoscimento delle unioni omosessuali, in cui la differenza di genere non è più una scriminante, rispetto alla costituzione di un nucleo familiare, ed anche rispetto alla possibilità di diventare genitori. Non dovrebbero più esserci differenze tra uomo o donna all’interno di una famiglia, per compiti domestici, professionali o genitoriali.
A prescindere da qualsiasi considerazione sull’esistenza o meno di un “ordine naturale delle cose”, non è sindacabile il riparto delle competenze domestiche tra i coniugi: tale criterio fa parte, ovviamente, di scelte soggettive e di culture familiari, che non possono essere frutto di un diverso pensiero della magistratura.
Ci sono, inoltre, norme della nostra Carta Costituzionale e del nostro Codice Civile che impongono il sacrosanto principio della parità tra i coniugi, norme che devono sempre e comunque essere ricordate ed applicate. L’art. 144 del codice civile dispone che “ i coniugi sono tenuti di comune accordo a determinare l’indirizzo della vita famigliare”, quindi sono liberi di decidere chi fa cosa all’interno delle competenze familiari.
La nuova concezione della famiglia si muove verso orizzonti più ampi: nell’odierno sitema, a fronte dell’affermazione dei principi di eguaglianza e solidarietà familiare, è interesse dei singoli membri essere tutelati e a tale obiettivo è rivolta la stessa comunità familiare. Ciascun membro della famiglia è titolare di diritti fondamentali, il cui libero esercizio risulta influenzato dall’appartenenza ad un nucleo familiare, quali la libertà di movimento o la libertà di svolgere un’attività lavorativa, a fronte dell’obbligo di convivenza. Chi si interessa dei problemi della famiglia, deve rendere compatibile l’esercizio delle libertà fondamentali con i doveri familiari, perseguire, cioè, un “equilibrio delle liberta’”, e quindi individuare il limite oltre il quale l’esercizio delle libertà personali comporta una responsabilità verso il nucleo familiare.
Gli stessi problemi si ritrovano nelle più ampie relazioni sociali, laddove è necessario capire che le liberta’ individuali non devono comprimere le liberta’ altrui.
Dopo queste brevi riflessioni sulle nuove frontiere verso cui il modello famiglia si sta muovendo, la decisione del giudice veneziano appare ancora più desueta e non condivisibile. Non possiamo non augurarci che alcuni principi basilari di uguaglianza e di libertà degli individui e delle famiglie siano evidenziati e tutelati dalla Suprema Corte e recepiti in maniera conforme ed uniforme dai Giudici di merito e dalla stessa società civile.
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