Un nuovo modello di ospitalità innovativa che somiglia al B&B ma prende il nome di co-housing.
da tipitosti.it
Laureata in Scienze Filosofiche e, più precisamente in Filosofia del Diritto, intuisce di investire il suo futuro in un nuovo modello di ospitalità innovativa che somiglia al B&B ma prende il nome di co-housing, prevedendo lunghi soggiorni e quindi vere esperienze di vita. Lascia l’Emilia Romagna e si trasferisce in Calabria, sua regione di nascita per realizzare il suo sogno, una Home for Creativity, a Montalto Uffugo.
Roberta Caruso è nata a Cosenza il 19 maggio del 1990, consegue la laurea triennale in Filosofia all’Università la Sapienza di Roma e nel novembre 2014 quella magistrale presso l’Alma Mater di Bologna. Dopo aver terminato i suoi studi si trova di fronte ad un bivio: lamentarsi o rimboccarsi le maniche? Opta per la seconda strada e per farlo decide di ripartire dalle sue origini, dalla sua terra e soprattutto dalla sua casa. Roberta racconta che “l’idea di creare un’innovativa tipologia di ospitalità, quasi un co-housing e molto più di un Bed and breakfast, nasce traendo spunto dal moto di responsabilità che muove gran parte dei popoli in questo momento di transizione. E’ un fenomeno che prende forza dalla riscoperta della bellezza, dell’autenticità che ci circonda e degli stimoli che esse offrono per incrementare creatività e immaginazione. Montalto Uffugo è la mia città d’origine ed è lì che sono cresciuta e che la mia casa è cresciuta insieme a me”.
Ci puoi descrivere in cosa consiste esattamente li tuo progetto? Ti aiuta qualcuno?
Il mio progetto consiste nella costituzione di una rete neurale, come l’ho definita, una community. Perché la casa non è unicamente il simbolo della proprietà privata, e quindi di interessi personali ed esclusivi, ma deve essere recuperata come luogo di scambio e condivisione di esperienze e personalità, insomma di creatività partecipata. Gli Home manager, ovvero quei residenti solidali che sono gli abitanti di Home for Creativity, avranno modo di alloggiare in HforC a prezzi contenuti, lasciandovi il loro segno artistico, impiegando le loro competenze in agricoltura o in azioni di promozione culturale, usufruendo di spazi di co-working versatili e di un contatto costante con i prodotti della terra e della cucina locale. In breve, conducendo al suo interno, una vita piena, ricca di scambi e completamente sostenibile.
Quanto è stato faticoso investire in questa idea e quali le difficoltà che hai dovuto superare?
Fare impresa è molto faticoso. Richiede sicuramente lucidità e tenacia, oltre che metodo. Quello che però non si insegna e si impara sul campo è l’entusiasmo e quanto questo eserciti un potere contagioso nel riuscire a creare le condizioni e le relazioni umane giuste per poter superare insieme ogni tipo di difficoltà. Si lavora 26 ore al giorno e ci si prende una pausa solo per pensare, la sera, a quello che si è fatto durante la giornata e a quello che invece è sfuggito. Voglio precisare però che “fare impresa” forse è riduttivo per definire ciò che sto facendo. Alcuni mi chiedono: come mai una laureata in filosofia ha scelto di diventare imprenditrice? Ecco, forse è in questa domanda la risposta: prima del business ci deve essere il pensiero. Troppo spesso assistiamo ad iniziative mosse solo dallo scopo di intercettare agevolazioni o finanziamenti, ma quante di queste hanno davvero creato crescita autentica? La filosofia applicata al business è la strada giusta per ritornare a dare al pensiero l’immenso valore che gli spetta, ed è la sola strada per decostruire le categorie umane, sociali, metodologiche ed economiche ed edificarne delle nuove sulle fondamenta della storia. La filosofia possiede un potenziale pratico enorme.
C’è qualcuno che è stato fondamentale durante il tuo percorso di crescita professionale?
Sicuramente ringrazio i miei genitori che hanno scelto di supportarmi in questa intrapresa. Ringrazierei volentieri anche i tanti amici recentemente incontrati in California che sono stati i primi a conoscere il mio progetto. I loro sguardi così pieni di sincero affetto e di immenso apprezzamento nei confronti degli italiani e delle loro peculiarità umane mi hanno fatto venire voglia di tornare in Italia e di guardare al mio Paese con occhi nuovi, capaci di cogliere meglio l’unicità in cui siamo immersi, ma anche la necessità di superare i confini geo-politici che spesso diventano confini mentali. Ci sono originalità che vanno valorizzate e rispettate, ci sono comportamenti, tradizioni, tipicità che devono essere conosciute, “differenze” che devono essere spunto di riflessione, di scoperta gioiosa, di scambio, appunto. Ho scelto di godere del mio essere italiana e cittadina del mondo insieme e di farlo con la consapevolezza di chi ha visto l’Italia da lontano e se ne è innamorato perdutamente.
Di ostacoli Roberta ancora non parla, ma è convinta che ci saranno. E’ consapevole infatti, che dopo i messaggi di sostegno e le manifestazioni di apprezzamento l’ostacolo più grande da abbattere dopo queste prime fasi, sarà quello del pessimismo, della arrendevolezza e della scarsa propensione alla partecipazione. “Ma è proprio per questo che bisogna essere tosti”, ci fa sapere Roberta, “questa non è una terra da commiserare, piuttosto è una terra da amare perché è capace di dare piaceri inesplorati. Mia madre e mio padre sono stati da subito felici di rientrare in Calabria. Anche loro dopo gli studi a Roma hanno deciso di costruire la loro vita qui e siccome hanno dato prova di essere “tosti”, le loro ragioni, col tempo, si sono trasformate nelle mie. Di certo, quando li colgo ad osservare elettrizzati i cambiamenti che la nostra casa sta vivendo, il cuore mi si riempie di gioia, perché li vedo tornati ragazzi, pieni di grinta, di voglia di vivere e soprattutto di condividere”.
In che modo i calabresi hanno accolto il tuo nuovo modello di turismo sostenibile e condiviso?
Mi sono resa conto che l’interesse per il nuovo è forte, ma lo scetticismo è ancora tanto. Tuttavia, più mi guardo intorno e più mi accorgo che c’è una battaglia in atto contro questo mostro feroce che è l’individualismo, ci sono tanti guerrieri e si percepisce tanta voglia di diffondere una mentalità diversa.
Che tipo di clientela è presente nella vostra struttura condivisa e che tipo di servizi offrite?
L’home manager non è un cliente qualunque, altrimenti c’è l’albergo, o il semplice B&B. L’home manager fruisce di tutto ciò che è presente nella casa, che è uno splendido e panoramico casale di campagna, con ampie terrazze, giardino e piscina, ma è a sua volta fornitore di servizi, in forza della creatività, della partecipazione e dell’immaginazione che intende conferire al soggiorno. La formula di co-housing si nutre della condivisione totale e paritaria di tutto ciò che si trova nella casa e nell’ambiente che la circonda. Naturalmente una coabitazione regolamentata. Il nostro è un modello semplice in fondo. Si diventa tutti gestori responsabili di un luogo comune, fatto di confort, di spazi autonomi, di ambienti condivisi e paesaggio naturale. E naturalmente il social eating. Con la nostra associazione Collabori-Amo proponiamo eventi culturali ed enogastronomici in ogni periodo dell’anno. Sceglie di venire in HforC chi ha voglia di tranquillità ma anche chi vuole “usare” Home for Creativity per attivare nuove iniziative o diffondere ciò che ha già realizzato. Non mi rivolgo ad un preciso target professionale o anagrafico. L’Home manager ideale rispecchia un tipo umano, che si nutre del più grande catalizzatore di positività che esista e che è la relazione interpersonale accompagnata dalla curiosità.
Cosa ha di particolare la tua Home for Creativity?
Home for Creativity rispetta parametri diversi, che fondono la ricettività turistica con la formula del co-housing. Chi viene a soggiornare qui per un weekend o per un anno non fa una vacanza, una visita guidata o una piccola escursione in Calabria. In HforC fa un’esperienza di vita.
Ce ne sono altre di strutture simili in Italia? E all’estero?
Realtà simili si stanno diffondendo nel nord Italia e sono già affermate nel nord Europa, ma poche sono organizzate all’insegna della creatività.
Ti senti” tosta”?
Mi sento tostissima la maggior parte del tempo. Quando vado a letto la sera mi sento sfinita ma per la prima volta serena, quasi coccolata dall’immagine di una Italia che mi mancava da qualche tempo e che oggi sostiene costantemente le mie idee e la mia vitalità.
Che desideri hai per il futuro della tua attività lavorativa e un sogno in particolare?
Il mio sogno è di portare un po’ di mondo a casa mia e di vederlo andar via soddisfatto di aver vissuto un’esperienza unica nel suo genere. Il mio sogno continua ad essere quello di non lasciarmi schiacciare dal pensiero di vivere in un Paese marcio e sfinito. Il mio sogno è di affacciarmi dal balcone di casa e respirare, soddisfatta del mio piccolo luogo nel mondo e della fortuna di avere ondate intense di mondo che attraversano il mio luogo.