Le poetesse arabe hanno svolto un ruolo fondamentale nella storia dei loro Paesi.
Dal 1949 al 1975 sono state ben novantacinque quelle che, tramite la loro poesia, hanno spezzato gli antichi canoni stilistici, hanno infranto le regole, hanno frantumato la tradizione ed esaltato la libertà: compiendo così una grande rivoluzione.
Una di loro, la siriana Maram Al-Masri è arrivata in Italia e ai piedi del Tempio diGiunone, nella splendida Valle dei Templi di Agrigento, sono riecheggiati i suoi versi.
La Siria per me / è una ferita sanguinante / è mia madre sul letto di morte / è la mia infanzia sgozzata / è incubo e speranza / è inquietudine e presa di coscienza. / La Siria per me / è un’orfana abbandonata. / E’ una donna violentata tutte le notti da un vecchio mostro / violata / imprigionata / costretta a sposarsi. / La Siria per me / è l’umanità afflitta / è una bella donna che canta l’inno della Libertà / ma le tagliano la gola. / E’ l’arcobaleno del popolo / che si staglierà dopo i fulmini / e le tempeste.
Maram nasce a Lattakia, una città di mare vicina all’isola di Cipro, e lì vive i suoi primi vent’anni. Essendo oppositrice del regime di Assad, nel 1982 è costretta a fuggire come profuga in Francia, a Parigi, dove tuttora risiede. Quella sua fuga la imprime in un suo verso: “Lì ho sepolto mio padre il giorno in cui ho deciso di partire con una sola valigia e la sua fotografia”.
A Lattakia, oggi presa di mira dall’ISIS, vivono ancora i suoi familiari.
Tra le sue raccolte di poesie ricordiamo “Anime scalze” e “Arriva Nuda la libertà” e Maram ci dice che le sue parole sono dedicate a tutte le profughe, alle donne sommerse, alle vittime di violenza, con “ i loro volti dai lividi celati… con i sogni rapiti e le parole azzittite, i sorrisi affaticati”.
Anche la sua è stata una vita tormentata e con la sua poesia ha tentato di sublimare tutto lo squallore che l’ha circondata cercando ogni giorno una briciola di bellezza e non abbandonando mai la speranza di un futuro migliore.
Oggi, per lo stato disgraziato in cui versa il suo popolo, Maram è pervasa da un grande dolore. I siriani sono stati decimati, oggi sono undici milioni, ieri erano venti milioni. Il problema non è solo il loro esodo ma soprattutto quello che succede a chi resta: fame, torture, prigione. Vivono senza medicine, con mezz’ora di elettricità al giorno. I siriani non stanno emigrando, stanno tentando di fuggire alla morte, attanagliati da una parte dallo spietato regime dittatoriale di Assad e dall’altra dall’ISIS”.
Maram dichiara: “Il mio è un Paese molto bello e a volte vorrei essere un uccello dalle grandi ali per sorvolare la mia nazione e vederla finalmente libera”.
La Siria storicamente è stata terra di accoglienza per altri popoli nei momenti bui della loro storia: curdi, armeni, libanesi vi hanno trovato un rifugio sicuro. Oggi invece il mondo arabo ha voltato le spalle, non concede visti, innalza muri e spesso, quando i profughi sono stati accolti, come in Serbia, non ci sono strutture ed organizzazioni adeguate. Ci dice Maram: “si poteva e si doveva intervenire prima e questo ritardo ha creato delle piaghe che non curate sono andate in cancrena”.
E le donne? “Sono la colonna portante della Siria e partecipano attimo per attimo alla rivoluzione. Tante giovani poetesse usano la poesia come forma per esprimere il loro diritto alla libertà”.
Oggi Maram è uscita dal suo dolore individuale ed è entrata nel dolore del suo popolo.
Le anime della sua raccolta “Anime scalze” ci riportano ai passi scalzi di interi popoli umiliati e soggiogati da violenza e crudeltà in cammino sulle strade di questo nostro mondo, alla ricerca di un angolo di pace.