Un romanzo ambientato nel Salento, che con i suoi colori e la sua musica, diventa luogo dell’anima dei personaggi, anime inquiete in cerca di risposte, che la vita dà solo quando smetti di chiedere
I libri sono uomini o viaggi ? ……sono vita !!
Continua il tour di presentazioni in Puglia del nuovo romanzo di Maria Pia Romano dal titolo“Dimmi a che serve restare” (Il Grillo Editore), come la strofa di un bellissimo brano dei Negramaro ma anche martellante interrogativo esistenziale.
“Scrivere per esorcizzare la più grande paura: quella di perdere chi si ama”. Nasce così “ Dimmi a che serve restare “, l’ultimo libro di questa giovane scrittrice, adottata dal Salento.
Infatti è un romanzo ambientato nel Salento, che con i suoi colori e la sua musica, diventa luogo dell’anima dei personaggi, anime inquiete in cerca di risposte, che la vita dà solo quando smetti di chiedere
Una storia d’amore e di mare, il canto di un’assenza, che si snoda attraverso gli occhi di un figlio, di un padre, di due donne, dall’estate 2005 all’autunno 2015.
E’ stato presentato presso la Feltrinelli di Bari dove con Maria Pia Romano ha dialogato il giornalista Antonio Antonio V. Gelormini;.a questa presentazione sono seguite quelle a San Ferdinando di Puglia presentata da Marilena Patruno e poi a Ruvo nella Locanda di Ciacco.
“Dimmi a che serve restare” è il canto di un’assenza, visto che un uomo rivive attraverso chi lo ha amato: suo figlio, suo padre, le donne che hanno fatto parte della sua esistenza. Un racconto a più voci, punti di vista diversi che convergono tutti verso un unico nucleo. Dal dolore ci si salva in vari modi e il tempo è una grande medicina: da questa convinzione l’autrice è partita per narrare una storia che ne contiene altre ed indaga la complessità dell’animo di chi ama.
Estate 2005: due amici, uno neopatentato, l’altro in procinto di diventare maggiorenne, decidono di trascorrere una giornata in spiaggia e poi di andare al concerto dei Negramaro a Gallipoli. Adorano quella band e conoscono a memoria tutte le canzoni, ma per uno scherzo del destino non arriveranno mai a quel concerto.
Trascorrono gli anni: l’assenza diventa presenza nel racconto di chi ha amato. Un uomo rivive attraverso i sogni segreti di suo figlio, che si inventa un nome e degli amici immaginari per sfuggire alla paura; attraverso il ricordo del padre, che nel dialogo con il mare affonda le sue malinconie di genitore che vive il lutto più atroce; attraverso i pensieri della donna che lo ha amato per dieci anni, in punta di piedi, scegliendo di restare sullo sfondo.
“I libri sono uomini”, dice Tiziana – una dei protagonisti del romanzo di Maria Pia Romano – a cui Paolo aveva però ricordato, come aveva fatto anche a suo figlio Giovanni, che: “I libri sono dei piccoli viaggi”. Sarà anche per questo che, richiudendo il libro a fine lettura, ci si accorge che l’interrogativo – in realtà – si scioglie nell’imperativo, per esorcizzare la rassegnazione: “Dimmi a che serve restare”.
Maria Pia racconta che “ i concerti dei Negramaro, di cui i personaggi del libro sono fans: la loro musica è la colonna sonora di una storia che si sviluppa a salti, di estate in estate, dal 2005 ad oggi. Le interviste alla band, sono esperienze che ho vissuto io in prima persona. Per molti anni, da giornalista, mi sono occupata di musica emergente: i ragazzi di Copertino li ho visti approdare a Milano in Sugar e sono stata felice di scrivere del loro successo. Ad un certo punto, nel libro, racconto di una serata Milanese di presentazione dell’album “La finestra”, in cui io ero lì con Nicoletta Zagone, il loro Ufficio Stampa, ed in quell’occasione ho conosciuto anche Caterina Caselli. Era il 2007, lo ricordo con emozione. E l’ho fatto rivivere a Tiziana, una delle protagoniste. Che ne parla a modo suo, perché il personaggio vive la sua vita, che non è certo la mia. Anche il concerto del 13 agosto 2005 è vita vissuta, nella nostra Gallipoli. Il resto è fantasia o è bello dire che sia così, perché le storie che viaggiano sulle labbra di chi ama, amano restare vita segreta, più che diventare clamore ostentato.
La mia Gallipoli è luogo dell’anima e diventa specchio e riflesso della crescita dei personaggi, perché per certi versi “Dimmi a che serve restare” è anche un romanzo di formazione made in Salento. C’è un accenno alla Gallipoli del ’94, in cui si scendeva in spiaggia e si faceva l’amore fra le dune in maniera innocente; c’è il paradiso della movida dell’estate 2015, in cui si vede il sole andar giù nel mare e si solleva un bicchiere al cielo, tra migliaia di corpi che ballano e si accalcano. C’è il disagio giovanile che si vive tra le strade sporche e il caos di Baia Verde, nel tempo in cui da sedicenni si sogna la tenerezza dell’amore, e poi arriva un bacio insolente con la lingua che trancia il gusto di un’attesa. C’è il Salento di provincia, in cui le estati sono lente e le ombre lunghe, in cui si trova il tempo giusto per ascoltare il proprio respiro e lasciar scorrere. Non ci sono molti soldi, ma molti sogni. E si campa bene, tra fantasticherie e cicale, perché la vita vera a volte sa fare molto male, così in qualche modo ti devi pur salvare….”
Sono due i fili che tengono insieme gli ultimi romanzi di Maria Pia Romano con la vena poetica della stessa autrice: la forza della radice e la declinazione subliminale di un tema attraverso i vari aspetti che la quotidianità dell’esistere si preoccupa, di volta in volta, di assumere o di coinvolgere nelle emozioni provate e rivissute in ciascun personaggio immaginato.
Le opere della scrittrice: L’Amore di “Onde di follia” (Besa), l’Anello de “L’anello inutile” (Besa), L’Attesa de “La cura dell’attesa” (Lupo) e, da ultimo, l’Assenza in “Dimmi a che serve restare” (Il Grillo), sono tutte testimonianze tipiche dell’essere donna e manifestazioni coraggiose di affrontare le prove impervie che la vita ci riserva, col coraggio e la tenacia sfoderati in maniera decisa, per difendere con piglio meridiano e spirito femminile quanto di più caro ci possa stare vicino.
Elisabetta Tamma : E’ la prima volta che la presentazione di un libro mi ha lasciato una impressione così favorevole di chi lo ha scritto. E’ stata molto bella. Una personalità brillante, unita ad una capacità di esprimere concetti profondi e veri con una semplicità disarmante per chi immagina lo scrittore come una persona immersa in un mondo tutto suo. Non mi sbagliavo quando leggendo le tue parole nei vari stralci, segnalati da Caterina (Lombardi), avevo intuito la mano di una persona speciale. Bravissima! In bocca al lupo per tutto. Te lo meriti.
Maria Pia Romano è nata a Benevento nel 1976, è iscritta all’Albo dei giornalisti dal 2000. Collabora con testate regionali e nazionali e si occupa di comunicazione pubblica e comunicazione scientifica, uffici stampa e organizzazione di eventi.
Ha all’attivo quattro raccolte di poesie, Linfa (LiberArs, 1998), L’estraneo (Manni, 2005), Il funambolo sull’erba blu, (Besa 2008) e La settima stella (Besa 2008) e i romanzi Onde di Follia (Besa 2006), L’anello inutile (Besa 2011-2012-215), che ha ottenuto le Tre penne di Billy il Vizio di leggere, Rai 1, e finalista Premio Nabokov, e La cura dell’attesa (Lupo 2013), vincitore Premio Libriamola 2013, Premio Carver, Premio Il Tombolo Città di Cantù e Premio Città di Mesagne.
Ha ricevuto riconoscimenti in campo nazionale e internazionale per i suoi lavori. Le sue poesie sono inserite nel Museo della Poesia di Perla Cacciaguerra a Cesa. È stata tradotta da Amina Di Munno e Cassio Junqueira per il festival della letteratura italiana in Brasile del 2011.